Robert Jordan - La corona di spade

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La corona di spade: краткое содержание, описание и аннотация

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Il buco si trasformò d’un tratto in una linea verticale color argento che divise in due i senza fratelli. Parti dei loro corpi, braccia e gambe, ricaddero sul pendio. Il tronco di un uomo ricadde quasi davanti ai piedi di Maeric.

Mentre stava fissando l’area in cui si era materializzato il buco, fece di nuovo pressione sul punto rosso della scatola. Sapeva che era inutile, ma... Darin, il figlio più grande, era uno dei Cani di Pietra che aspettavano nella retroguardia. Sarebbero stati gli ultimi a passare. Suraile, la figlia più grande, era rimasta con il Cane di Pietra, per il quale stava considerando di rinunciare alla lancia.

Maeric guardò Dyrele negli occhi verdi e meravigliosi, come il giorno che aveva deposto la corona di fiori nuziale ai suoi piedi. Minacciandolo di tagliargli la gola se non l’avesse accettata. «Non possiamo aspettare» disse sottovoce Maeric. «L’abitante delle terre bagnate ha detto tre giorni, ma forse si sbaglia.» Fece di nuovo pressione sul punto rosso. Dyrele annuì con calma; sperava che non avrebbero pianto uno nelle braccia dell’altra, una volta rimasti soli.

Dal pendio discese una Fanciulla che, affannata, si abbassò velocemente il velo. «Maeric» disse Naeise, senza aspettare che si voltasse. «Ho visto delle lance a est, a solo pochi chilometri da qui, che correvano dritte verso di noi. Credo che siano dei Reyn. Almeno sette od ottomila.» Maeric vide altri algai’d’siswai correre verso di lui. Un giovane Fratello dell’Aquila, Cairdin, si fermò bruscamente e iniziò a parlare non appena Maeric lo vide. «Ti vedo, Maeric. Ho visto delle lance a meno di otto chilometri a nord e anche dei cavalli degli abitanti delle terre bagnate. Forse diecimila per ogni gruppo. Non credo che qualcuno di noi abbia oltrepassato là cresta, ma alcune delle lance si sono voltate nella nostra direzione.»

Maeric già lo sapeva, prima ancora che il brizzolato Cercatore d’Acqua di nome Laerad aprisse bocca. «Lance in arrivo da una collina a circa cinque-sei chilometri da qui, a sud. Ottomila o forse più. Alcuni di loro hanno visto uno dei miei.» Laerad era parco nel parlare e non avrebbe mai detto se uno dei suoi era stato avvistato, poteva essere uno qualsiasi dei ragazzi e Maeric sapeva che non c’era tempo da sprecare con parole inutili. «Hamal!» gridò. Non aveva tempo di usare le formalità con il fabbro.

Il grosso uomo aveva capito che c’era qualcosa che non andava; risalì il pendio, muovendosi più in fretta di quando aveva preso in mano il martello. Maeric gli consegnò il cubo di pietra. «Devi premere il punto rosso e continuare a premerlo, qualsiasi cosa succeda, indipendentemente da quanto ci vorrà per far riaprire il buco. E la sola via d’uscita che abbiamo.» Hamal annuì, ma Maeric non attese che l’uomo rispondesse affermativamente. Hamal avrebbe capito. Maeric toccò la guancia di Dyrele senza curarsi di quante persone lo guardassero. «Ombra del mio cuore, devi prepararti all’eventualità di dover indossare il bianco.» La mano della donna si diresse verso il pugnale che aveva dietro la cintura — era stata una Fanciulla prima di deporre la corona di fiori nuziale ai suoi piedi — ma Maeric scosse il capo. «Devi vivere, moglie, padrona di casa, per tenere insieme ciò che rimane.» La donna annuì premendo una mano sulla guancia del marito. Maeric era stupefatto. In pubblico, Dyrele era sempre stata molto riservata.

Maeric sollevò il proprio velo e alzò una lancia sopra la testa. «Moshaine!» gridò. «Oggi danzeremo!»

Gli altri lo seguirono per il pendio, uomini e Fanciulle, circa mille unità contando anche i senza fratelli. Forse potevano essere suddivisi in gruppi di sette. Su per il pendio e verso occidente; era la direzione dove si trovavano i nemici più vicini, in gruppi sparuti. Forse avrebbero guadagnato abbastanza tempo, anche se non ci credeva davvero. Si chiese se Sevanna fosse al corrente di tutto questo. Il mondo era diventato molto strano da quando era arrivato Rand al’Thor. Alcune cose non potevano cambiare, e ridendo si mise a cantare.

Lava le lance mentre sorge il sole.

Lava le lance, mentre il sole tramonta.

Lava le lance. Chi ha paura di morire?

Lava le lance, nessuno che conosca!

I Moshaine andarono incontro alla morte cantando.

Graendal guardò il passaggio chiudersi alle spalle dell’ultimo Shaido Jumai con espressione corrucciata. I Jumai con un gran numero di Sapienti. A differenza delle altre, Sammael non si era solo limitato a legare questa tessitura affinché prima o poi si dissolvesse. O meglio, dedusse che l’aveva mantenuta aperta fino a quando non erano tutti passati. La chiusura, proprio dopo che il piede dell’ultimo uomo vestito di marrone e grigio fosse passato, era stata troppo casuale. Sammael rise e lasciò cadere in terra la sacca, che conteneva ancora alcune di quelle inutili scatole di pietra. Graendal aveva gettato la sua, ormai vuota, da parecchio tempo. Il sole era basso dietro le montagne a occidente, una semisfera rossa.

«Uno di questi giorni» osservò secca la donna, «esagererai con la tua furbizia a tuo danno. Una scatola per ‘sciocchi’ Sammael? E se uno di loro avesse capito?»

«Nessuno lo ha fatto» rispose semplicemente l’uomo, continuando a sfregarsi le mani e fissando il punto dove si era aperto il passaggio. O forse qualcosa oltre di esso. Ancora manteneva la Maschera degli specchi, che lo faceva sembrare più alto. Lei, la sua l’aveva lasciata cadere non appena si era chiusa quell’apertura.

«Be’, di sicuro sei riuscito a farli cadere preda del panico.» Erano ancora circondati dalle prove. Alcune tende che non erano state smontate, coperte, pentole, una bambola di pezza, ogni tipo di oggetto giaceva ancora nel punto in cui era caduto. «Dove li hai mandati? Suppongo da qualche parte davanti all’esercito di al’Thor?»

«Alcuni» rispose con fare assente il Reietto. «Un buon numero.» Lo sguardo perso si dissolse all’istante, come anche la sua maschera. La cicatrice che gli attraversava il volto sembrava particolarmente livida. «Abbastanza da creare noie, in particolar modo alle Sapienti che possono incanalare, ma non tanti da scatenare sospetti nei miei confronti. Il resto li ho sparpagliati fra Illian e il Ghealdan. Come e perché? Forse è colpa di al’Thor, per motivi personali, ma io di sicuro non avrei sprecato la maggior parte di quegli uomini se fosse stata opera mia, ti pare?» Sammael rise di nuovo, orgoglioso della propria arguzia.

Graendal sistemò il corpetto dell’abito per nascondere un sussulto. Competere in quel modo era senz’altro sciocco — se lo era detto diecimila volte senza mai seguire il proprio consiglio — e adesso aveva la sensazione che il vestito le sarebbe caduto di dosso da un momento all’altro. Cosa che non aveva nulla a che fare con la sua sorpresa. Sammael non sapeva che Sevanna aveva portato con sé tutte le donne in grado di incanalare. Era finalmente giunto il momento di abbandonarlo? Se si fosse rimessa alla clemenza di Demandred...

Sammael le disse qualcosa, come se le avesse letto nel pensiero. «Sei legata a me con la stessa fermezza di una cintura, Graendal.» Si aprì un passaggio che rivelò le stanze di Sammael a Illian. «La verità non ha più importanza, se mai ne ha avuta. Trionferai o crollerai con me. Il Sommo Signore ricompensa il successo, e non è interessato a come viene ottenuto.»

«Come vuoi tu» rispose Graendal. Demandred non aveva pietà e Semirhage... «Trionferò o crollerò con te.» Forse sarebbe ancora riuscita a progettare qualcosa. Il Sommo Signore ricompensava il successo e lei non sarebbe stata trascinata in basso se Sammael avesse fallito. Graendal aprì un passaggio sul suo palazzo nell’Arad Doman, sulla lunga stanza nel cui perimetro correva una fila di colonne. «Ma cosa farai se al’Thor venisse a cercarti di persona? Cosa farai?»

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