Robert Silverberg - Gilgamesh
Здесь есть возможность читать онлайн «Robert Silverberg - Gilgamesh» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию без сокращений). В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Город: Roma, Год выпуска: 1988, ISBN: 1988, Издательство: Fanucci, Жанр: Фэнтези, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.
- Название:Gilgamesh
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1988
- Город:Roma
- ISBN:8-8347-0051-1
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
-
Избранное:Добавить в избранное
- Отзывы:
-
Ваша оценка:
- 60
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Gilgamesh: краткое содержание, описание и аннотация
Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «Gilgamesh»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.
Gilgamesh — читать онлайн бесплатно полную книгу (весь текст) целиком
Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «Gilgamesh», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.
Интервал:
Закладка:
Non se l’aspettavano da me, proprio perché io non ero un uomo normale. Mi avevano considerato sempre un essere aldilà di sentimenti umani quali il dolore: un Dio che vivesse tra loro, o qualcosa di simile. Probabilmente avevo fatto molto per rafforzare quest’immagine, ma ora i miei occhi erano orlati di rosso, la faccia era pallida e gonfia. Non riuscivano a capire quella mia dimostrazione di umanità. Gilgamesh il Re, Gilgamesh il Dio, sì, era vero, ma io ero anche Gilgamesh l’uomo. Avevo sofferto enormemente nello splendido isolamento del mio potere, sebbene nessuno di quelli che mi circondavano si fosse accorto che soffrivo. Poi avevo trovato un amico, e ora quell’amico mi era stato rapito dai Demoni. Per questo motivo piangevo. Che cosa si aspettavano che facessi?
Dissi: «Piango per il mio amico Enkidu. Era l’ascia al mio fianco, la spada alla mia vita, lo scudo che mi proteggeva. Era mio fratello. La perdita è grande. Il dolore mi trafigge.»
«Tutta Uruk piange tuo fratello,» mi risposero. «I guerrieri piangono. La gente per le strade piange. Gli aratori e i mietitori piangono, Gilgamesh.»
Ma le loro parole non significavano nulla per me. Era la vecchia storia: mi dicevano quello che credevano volessi sentire.
«Lo seppellirono come spetta a un Re,» dissi, in modo che capissero chi era stato Enkidu.
Trasalirono nel sentire queste mie parole, pensando forse che avessi in mente di mandare tutti i miei servi, e perfino qualcuno degli anziani, nella tomba a tenere compagnia a Enkidu. Ma non pensavo a niente di simile. Comprendevo la morte meglio di quel giorno in cui i servi di Lugalbanda erano scesi sottoterra nella tomba del Re. Non vedevo nessuna utilità nel far piangere altri fratelli, mogli e figli, per amore di Enkidu. Perciò dissi loro di limitarsi a preparare una cerimonia di grande splendore.
Chiamai i migliori artigiani della città, i ramai, gli orafi, i tagliatori di gemme. Ordinai loro di fare una statua del mio amico: il corpo d’oro, il petto di lapislazzuli. Feci scavare ai becchini un fosso nella radura che era accanto alla Piattaforma Bianca e ordinai di rivestirne le pareti con mattoni di terracotta. Raccolsi tutte le armi di Enkidu e le pelli degli animali che aveva ucciso, perché fossero sepolte con lui. Preparai un tesoro da mettergli accanto, coppe e anelli, calici di alabastro, gemme e così via.
Mi recai in ogni Tempio e chiesi formalmente all’Alto Sacerdote di prendere parte alla cerimonia di sepoltura di Enkidu. L’unico Tempio in cui non andai fu quello che avevo fatto costruire per la Dea. In effetti, era privilegio e dovere di Inanna essere presente al funerale dei grandi uomini di Uruk, ma io non la volevo. La ritenevo responsabile della morte di Enkidu. Ero certo che lo avesse ucciso con le sue maledizioni, accecata dalla rabbia contro di me, che avevo oscurato il suo potere nella città. Non la volevo al funerale dell’amico che mi aveva tolto. Non le volevo dare la possibilità di godere della ferita che mi aveva inflitto. Resti pure nascosta nel suo Tempio, pensai, nessuno oltre le sue ancelle l’aveva più vista dal giorno dell’uccisione del Toro del Cielo. Preferivo che fosse così.
Ma lei non preferiva che fosse così. Il giorno del funerale guidai il corteo dal palazzo alla tomba, piangendo per tutto il cammino. Mi fermai accanto ai Sacerdoti e a mia madre per compiere i sacrifici del bue e delle capre e versare le libagioni di latte e miele.
Il cacciatore Ku-ninda era come me, e anche la Prostituta Santa Abisimti. Conoscevano Enkidu da più tempo di me, e lo piangevano con il mio stesso dolore profondo. Gli occhi di Abisimti erano rossi di pianto, le sue vesti lacere. Ku-ninda, rigido e silenzioso, stava con i pugni chiusi e le labbra serrate, trattenendo il violento dolore. Entrambi mi aiutavano a eseguire i riti.
Proprio quando stavamo per arrivare al punto della cerimonia in cui viene versata acqua fredda per rinfrescare il morto nel suo cammino verso la Casa della Polvere e delle Tenebre, tutti si agitarono alle mie spalle. Mi girai e vidi Inanna circondata da un gruppetto delle sue Sacerdotesse.
Sembrava più la Regina degli Inferi che la Regina del Cielo. La faccia era dipinta di un bianco spettrale, le palpebre e le labbra erano annerite di kajahl. Indossava una tunica scura e rigida che le cadeva diritta dalle spalle alle caviglie. Il suo unico ornamento era una daga di pietra verde e levigata che pendeva sul suo seno da una cordicella di paglia intrecciata, legata intorno al collo. Le sue Sacerdotesse erano abbigliate nello stesso modo.
La cerimonia si interruppe. Calò un silenzio pesante.
Mi guardò con gelido odio e disse: «Un funerale, Gilgamesh, senza chiedere il consenso della Dea?»
«Oggi faccio come mi pare. Era mio amico.»
«Ma Inanna comanda ancora, nonostante tutto.»
I miei occhi guardarono con fermezza nei suoi. Ricambiai l’odio con l’odio, il gelo con il gelo. Con voce chiara e misurata dissi: «Seppellirò il mio amico senza l’aiuto di Inanna. Ritorna al tuo Tempio.»
«Io parlo ad Uruk a nome della Dea.»
«E io sono il Re di Uruk. Parlo a nome degli Dei.» Alzai un braccio e feci un ampio gesto. «Guarda, i Sacerdoti di An e di Enlil sono qui, e ci sono i Sacerdoti di Enki e di Utu. Gli Dei hanno dato la loro benedizione alla sepoltura di Enkidu. Se la Dea oggi è assente, beh, credo che non importi molto.»
Mi guardò con uno sguardo torvo e per un lungo momento non parlò, non respirò nemmeno. Sembrava gonfiarsi, e pensai che sarebbe esplosa. L’ira dipinta sul suo volto era terrorizzante.
Poi disse: «Attento, Gilgamesh! La tua sfida oltrepassa ogni limite. Hai visto già che cosa può fare la mia maledizione: non vorrei maledire anche il Re di Uruk. Ma se dovrò, lo farò, Gilgamesh: se dovrò, lo farò.»
In tono basso e gelido, replicai: «Anche tu sta’ attenta, Sacerdotessa! La tua maledizione può essere pericolosa, ma può esserlo anche la mia spada. Ti avverto, allontanati immediatamente, altrimenti farò una libagione allo spirito di Enkidu con il tuo sangue. Ti avverto: davanti a tutti, Inanna, ti squarcerò il ventre.»
Fu un momento spaventoso. Nessuno si era mai rivolto alla Sacerdotessa della Dea in quel modo. Fui trascinato da un’eccitazione che somigliava all’ubriachezza. Avevo le vertigini. Il respiro mi si accelerò: il cuore mi martellava contro la cassa toracica.
Inanna mi guardò.
«Sei pazzo?»
Misi la mano sull’elsa della spada.
«Se dovrò, lo farò, Inanna. Se dovrò, lo farò. Vattene subito.»
Penso che l’avrei uccisa davanti a tutta Uruk, se mi avesse sfidato in quel momento: ma anche lei lo aveva capito. Mi lanciò un ultimo sguardo adirato, simile allo sguardo gelido e fiammeggiante di un serpente i cui occhi emanino veleno. Ma non caddi, non cedetti, e ricambiai lo sguardo, fuoco con fuoco, gelo con gelo. Infine si girò, e se ne ritornò con le sue donne al Tempio.
Quando fu scomparsa dalla vista, rilassai le braccia e sospirai, perché ero teso come un arco. Quando mi fui calmato, mi girai verso il Sacerdote che reggeva ancora la brocca d’acqua e dissi: «Su, continuiamo.»
Mi porse l’acqua, la versai nella tomba, e dissi le parole. Dopodiché mi tolsi la fascia che portavo intorno alla fronte, mi strappai gli abiti di dosso, ruppi i miei braccialetti e la collana. Il corpo mi doleva in venti punti diversi, sentivo una forte pressione contro gli occhi, una pesantezza nel petto, e la mano che avevo alla gola si serrò fino a togliermi il respiro. Era la fine del rito: ora il viaggio di Enkidu nelle tenebre era completato e io non avevo nessun modo di sfuggire al mio lutto. Enkidu se n’era andato: ero solo. Il dolore si alzò dentro di me come lo zampillo di una fontana e mi inondò. Mi gettai a terra e piansi per Enkidu un’ultima volta. Poi tutto fu finito. Mi calmai, mi fermai. Dopo un istante mi alzai, senza dire nulla a nessuno. Con le mie stesse mani chiusi la tomba con i mattoni. Gli altri Sacerdoti la coprirono con la terra.
Читать дальшеИнтервал:
Закладка:
Похожие книги на «Gilgamesh»
Представляем Вашему вниманию похожие книги на «Gilgamesh» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.
Обсуждение, отзывы о книге «Gilgamesh» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.