Robert Silverberg - Gilgamesh

Здесь есть возможность читать онлайн «Robert Silverberg - Gilgamesh» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию без сокращений). В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Город: Roma, Год выпуска: 1988, ISBN: 1988, Издательство: Fanucci, Жанр: Фэнтези, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.

Gilgamesh: краткое содержание, описание и аннотация

Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «Gilgamesh»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.

Gilgamesh — читать онлайн бесплатно полную книгу (весь текст) целиком

Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «Gilgamesh», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.

Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

I trombettieri suonarono. Il grido di battaglia uscì da duecento gole: «Per Agga ed Enlil! Per Agga ed Enlil!»

Udii la mia voce, profonda e rauca, gridare quelle stesse parole, parole che non avrei mai immaginato di pronunciare un giorno: «Per Agga ed Enlil!»

E poi avanzammo nella pianura.

Il nome del mio auriga era Namhani. Era un uomo dalle spalle ampie e dal torace robusto, della città di Lagash, che era stato venduto a Kish da bambino. Non aveva conosciuto altre attività che la guerra: le cicatrici lo coprivano come decorazioni di battaglie, alcune di un rosso vivo, altre svanite da molto nella scurezza della sua pelle. Si girò verso di me a sorridermi, un momento prima della carica. Non aveva denti, solo quattro o cinque radici marce e ingiallite.

Agga mi aveva dato uno splendido carro: a quattro ruote, e non a due come di solito si fornisce ai principianti. Il figlio di Lugalbanda, mi disse, non poteva combattere in un carro inferiore a quello. Per tirarlo, il Re mi aveva messo a disposizione quattro asini, robusti e forti. Avevo aiutato io stesso Namhani ad attaccarli al carro: avevamo assicurato le cinghie intorno ai petti, avevamo sistemato i gioghi e i collari, e attaccato le redini agli anelli che erano infilati nella parte superiore dei musi.

Erano animali buoni, pazienti, intelligenti. A volte mi chiedevo come sarebbe stato andare in battaglia con un carro trainato da potenti cavalli dalle lunghe zampe, invece che dai nostri placidi asini: ma sognare di attaccare ad un carro i cavalli, quegli animali selvaggi e misteriosi delle montagne del nordest, è come sognare di imbrigliare una tromba d’aria.

Si dice che nelle terre aldilà di Elam si è trovato un sistema di addomesticare i cavalli e cavalcarli, ma penso che sia una bugia. Ogni tanto, in terre lontane, ho scorto cavalli neri volare simili a fantasmi sulle pianure spazzate dalle tempeste. Non vedo come si potrebbero addomesticare simili creature, sempre che fosse possibile catturarle.

Namhani afferrò le redini e si appoggiò alla pelle di leopardo che copriva l’intelaiatura del carro. Sentii il gemito dell’asse, lo scricchiolo delle ruote di legno. Poi gli asini presero il ritmo, trottarono ad un passo costante, e noi avanzammo a sobbalzi sul soffice terreno spugnoso verso la nera schiera di Elamiti che aspettava lungo l’orizzonte.

«Per Agga! Per Enlil!»

E io, gridando insieme agli altri, aggiunsi le mie grida di guerra: «Lugalbanda! Padre del Cielo! Inanna! Inanna! Inanna!»

Il mio era il quinto carro: un grande onore, perché il quarto davanti a me apparteneva al generale e a tre dei figli di Agga. Otto o nove carri mi seguivano. Dietro i rumorosi carri marciavano le colonne di fanti: per prima la fanteria pesante protetta da elmetti e pesanti mantelli di feltro nero, con le asce strette in mano, e poi i soldati semplici, tutti nudi, con le lance o le spade corte.

La mia unica arma era il giavellotto. Ne avevo una decina, lunghi e affusolati, di bella fattura, infilati nella faretra. Avevo con me anche un’ascia a testa doppia con la quale difendermi quando i giavellotti fossero finiti, una piccola spada, e uno schidione, piccolo e maneggevole, se mi fosse venuto a mancare tutto il resto.

Mentre ci avvicinavamo al nemico, rumoreggiando nel vento, udii una musica diversa da qualsiasi altra musica avessi mai sentito: una sola nota, penetrante e violenta, che cominciò debolmente ma poi crebbe fino a riempire l’aria.

Somigliava ai suoni acuti che emettono le donne quando piangono là morte del Dio Dumuzi alla festa del raccolto, ma questa non era un canto funebre. Era vivace, focoso, e gioioso, e da esso provenivano calore e luce.

Non avevo bisogno che qualcuno mi spiegasse che cosa significava quella musica: era la canzone della battaglia, che erompeva contemporaneamente da tutte le anime. Perché ci eravamo fusi in una sola creatura con una sola mente, tutti noi che attaccavamo gli Elamiti, e dal calore di quella fusione nasceva la canzone silenziosa che solo i guerrieri possono sentire.

Nello stèsso momento sentii l’aura del Dio su di me: quel ronzio monotono all’interno, quel bagliore dorato, quel senso di grande stranezza, che mi dicevano che Lugalbanda si muoveva dentro di me. Mi irrigidii ed ebbi l’impressione di essere una roccia sommersa in un fiume scuro che si muoveva rapidamente, ma non ebbi paura. Forse smisi per un istante di essere cosciente. Ma poi ritornai lucido, lucido come sono sempre stato in tutta la mia vita. Al galoppo irrompemmo nella schiera degli Elamiti.

Gli Elamiti non hanno carri. Hanno dalla loro il grande numero di soldati, la impenetrabilità degli scudi, e l’impenetrabilità dell’animo che qualcuno potrebbe definire stupidità, ma che io ritengo autentico coraggio. Erano in fila davanti a noi, quegli uomini dalle barbe folte, dagli occhi scuri come un mese senza luna, vestiti di giustacuori di pelle grigia, che brandivano spaventose lance dalla larga impugnatura. Non avevano volto: solo occhi e peli. Namhani lanciò un ruggito e guidò il mio carro nella mischia.

«Enlil!», gridammo. «Agga!» E io: «Inanna! Inanna!».

La Dea guerriera ci precedette, abbattendoli come birilli. Caddero tra le urla davanti agli zoccoli dei quattro asini, e il carro si alzò e ricadde come una nave che si affaticasse su acque pesanti mentre le ruote passavano sui corpi dei caduti.

Namhani brandiva una grande ascia dalla lunga impugnatura, con l’incastro ad angolo acuto, colpendo con essa ogni lanciere elamita che si avvicinava a noi. Io afferrai un giavellotto per ogni mano e presi la mira. Lugalbanda mi aveva detto molte volte che il compito dell’avanguardia è distruggere lo spirito del nemico, in modo che gli altri carri da battaglia e la fanteria retrostante possano avanzare con maggiore facilità. E il modo migliore di raggiungere questo scopo, mi diceva, è scegliere gli uomini migliori dei nemici, gli ufficiali e gli Eroi, e ucciderli per primi.

Mi guardai intorno. Vidi solo caos, un tumulto di forme che si affollavano e di spade che ondeggiavano. Poi trovai il mio uomo. Quando i miei occhi lo illuminarono, la canzone della battaglia divenne più forte e più calda nelle mie orecchie, e la luce dello spirito di Lugalbanda si accese come la fiamma blu che divampa quando si versa il vino di datteri su un falò.

Quello. Eccolo. Uccidilo e tutto sarà facile.

Anche lui mi vide. Era un condottiero di montagna, con i capelli simili a pelliccia nera, e uno scudo su cui era dipinta la faccia di un Demone, gialla con fiammeggianti occhi rossi. Anche lui capiva l’importanza di uccidere per primo l’Eroe, e penso che mi avesse ritenuto un Eroe, sebbene non fossi affatto degno di una simile lode. Gli occhi gli lampeggiarono: alzò la lancia.

Io levai il braccio destro e lanciai il giavellotto senza esitare. La Dea acuì la mia mira: la punta lo penetrò alla gola, nel piccolo spazio al di sotto della barba e al di sopra dell’orlo dello scudo. Sputò sangue dalla bocca e roteò violentemente gli occhi. Lasciò cadere la lancia e precipitò all’indietro, scalciando furiosamente.

Un grande grido, simile al sospiro di un animale enorme, si alzò dagli uomini che l’attorniavano. Parecchi si chinarono a trascinarlo in un luogo sicuro. Questo aprì un varco nelle file degli Elamiti attraverso cui Namhani guidò immediatamente il carro.

Lanciai un secondo giavellotto con la mano sinistra, e il lancio fu perfetto quanto il primo. Un altro guerriero di alta statura cadde a terra. Poi entrammo nel cuore delle forze del nemico, con altri quattro o cinque carri che ci affiancavano. Vidi gli uomini di Kish guardarmi e indicarmi e, sebbene non sentissi che cosa stessero dicendo, mi indirizzavano i segni che si fanno agli Dei, come se vedessero un manto divino sovrastarmi.

Читать дальше
Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

Похожие книги на «Gilgamesh»

Представляем Вашему вниманию похожие книги на «Gilgamesh» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.


Robert Silverberg - Gilgamesh the King
Robert Silverberg
Robert Silverberg - He aquí el camino
Robert Silverberg
Robert Silverberg - Rządy terroru
Robert Silverberg
Robert Silverberg - Poznając smoka
Robert Silverberg
Robert Silverberg - The Old Man
Robert Silverberg
Robert Silverberg - The Nature of the Place
Robert Silverberg
Robert Silverberg - The Reality Trip
Robert Silverberg
Robert Silverberg - The Songs of Summer
Robert Silverberg
Robert Silverberg - Gilgamesh in the Outback
Robert Silverberg
Robert Silverberg - Gilgamesh el rey
Robert Silverberg
Отзывы о книге «Gilgamesh»

Обсуждение, отзывы о книге «Gilgamesh» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.

x