Fera ci pensò solo un attimo, poi uscì con la sua prevedibile volgarità. — Io vorrei che voi aveste cinque anni di meno, Vostra Grazia; il solo salire le scale sarebbe abbastanza per finire mio marito.
Glo fece un nitrito di gratitudine.
— In questo caso, lo faremo proprio qui — disse Toller. Si fece avanti, mise le braccia intorno a Fera e la strinse a sé, simulando un amplesso con apparente serietà. C’era una chiara intenzione di stuzzicare Glo in quello che lui e Fera stavano facendo, ma il genere di rapporto costruito dai tre era improntato a uno schietto cameratismo fitto di amichevoli buffonate. Dopo alcuni secondi di sfregamenti, comunque, Toller sentì Fera muoversi contro di lui con segni d’intenzioni meno scherzose.
— Puoi ancora usare la tua vecchia stanza da letto? — sussurrò premendogli le labbra all’orecchio. — Sto cominciando a sentirmi come… — Smise di parlare, e anche se rimase tra le sua braccia Toller intuì che qualcuno era entrato nella stanza.
Si voltò e vide Gesalla Maraquine che lo guardava con freddo disdegno, la familiare espressione che sua cognata sembrava riservare solo a lui. Il suo vestito scuro, leggero, accentuava la sua magrezza. Era la prima volta che si incontravano dopo quasi due anni e lui fu colpito dal fatto che, come Fera, anche lei non era cambiata in modo significativo. I disturbi della sua seconda gravidanza, che le avevano impedito di prender parte al pasto della piccola notte, avevano soffuso i suoi delicati lineamenti di una dignità quasi divina, che in qualche modo lo fece sentire estraneo a tutto quello che era importante nella vita.
— Buon dopogiorno, Gesalla — le disse. — Vedo che non hai perso la tua abilità di materializzarti esattamente nel momento sbagliato. — Fera scivolò via da lui. Toller sorrise e guardò Glo, aspettandosi il suo appoggio morale, ma il vecchio indulgeva nel suo tradimento scherzoso fissando con insistenza il suo libro, facendo finta di essere così concentrato da non essersi nemmeno accorto di quello che Toller e Fera stavano facendo.
Gli occhi grigi di Gesalla considerarono brevemente Toller mentre decideva se fosse o meno degno di una risposta, poi rivolse la sua attenzione a Lord Glo. — Vostra Grazia, lo scudiero del principe Chakkel è arrivato. Comunica che i principi Chakkel e Leddravohr stanno salendo la collina.
— Grazie, mia cara. — Glo chiuse il libro e aspettò che Gesalla avesse lasciato la stanza prima di rivelare le rovine dei suoi denti inferiori. — Ho pensato che non foste… hmm.. spaventati da lei.
Toller era indignato. — Spaventato? Perché dovrei essere spaventato?
— Huh! — Fera era tornata al suo posto vicino alla finestra. — Cosa c’era di sbagliato?
— Di cosa stai parlando?
— Hai detto che lei è entrata nel momento sbagliato. Cosa c’era di sbagliato?
Toller la stava fissando, esasperato e muto, quando Glo gli tirò la manica per indicare che voleva alzarsi in piedi. Dall’ingresso venivano rumori di passi e il suono di una voce maschile. Toller aiutò Glo ad alzarsi e allacciò le stecche del suo busto di canna. Entrarono insieme in sala, con Toller che reggeva molto del peso del Lord senza darlo a vedere. Lo scudiero aveva circa quarant’anni, la pelle grassa e labbra rossastre prominenti, e stava arringando Lain e Gesalla. Aveva i calzoni e la tunica grigio scuro frivolmente decorati con file di minuscole perline di cristallo e portava la stretta spada da duellante.
— Sono Canrell Zotiern, e rappresento il principe Chakkel — annunciò con un’imperiosità che si sarebbe meglio adattata al suo padrone. — Lord Glo e i membri della famiglia Maraquine, nessun altro, staranno qui in fila di fronte alla porta e aspetteranno l’arrivo del principe.
Toller, stupito dall’arroganza di Zotiern, aiutò Glo a raggiungere il punto indicato vicino a Lain e Gesalla. Lo fissò aspettando che reagisse con un’adeguata reprimenda, ma il vecchio sembrava troppo preoccupato dei faticosi meccanismi del camminare per aver notato qualunque altra cosa. Molti servi della casa guardavano silenziosamente dalla porta che dava sulle cucine. Oltre l’arcata dell’ingresso principale i soldati a cavallo della guardia personale di Chakkel ostruivano il flusso di luce che entrava nella sala. Toller si accorse che lo scudiero lo stava guardando.
— Tu! Il servo personale! — gridò Zotiern. — Sei sordo? Torna ai tuoi alloggi.
Il mio attendente personale è un Maraquine, e rimane con me — disse Glo fermamente.
Toller sentì lo scambio di parole come attraverso una tumultuosa distanza. Quel martellare nella testa era qualcosa che non provava da lungo tempo, e fu sbigottito di scoprire che la sua presunta immunità alle provocazioni si dimostrava illusoria. “Sono una persona diversa”, si disse, mentre un fremito nervoso percorreva le sue sopracciglia. “Io sono una persona diversa”.
— E ho un avvertimento per voi — continuò Glo, parlando in Kolcorriano colto e lasciando venir fuori qualcosa della sua vecchia autorità. — I poteri eccezionali che il Re ha conferito a Leddravohr e Chakkel non si estendono, come voi sembrate pensare, ai loro lacchè. Non tollererò alcun’altra violazione del protocollo da parte vostra.
— Mille scuse, Vostra Grazia — disse Zotiern, falso e imperturbabile consultando una lista che aveva tirato fuori dalla tasca. — Ah, sì: Toller Maraquine… e una consorte di home Fera — si pavoneggiò più vicino a Toller. — Visto che si sta parlando di protocollo, Toller Maraquine, dov’è questa vostra consorte? Non sapete che tutti i membri femminili della famiglia dovrebbero essere presenti?
— Mia moglie è a portata di mano — disse Toller freddamente. — La farò… — Si interruppe quando Fera, che doveva essere rimasta in ascolto, apparve sulla porta della sala. Muovendosi timidamente con un contegno insolito, andò verso Toller.
— Sì, riesco a capire perché volevate tenere questa qui nascosta — disse Zotiern. — Devo fare un’ispezione più accurata in nome del principe.
Mentre Fera gli passava vicino lui la fermò afferrandole una ciocca di capelli. Il tamburellio nel cervello di Toller sprofondò nel silenzio. Tese la mano sinistra e colpì Zotiern sulla spalla, mandandolo ruzzoloni. Lo scudiero cadde di lato, atterrando sulle mani e sulle ginocchia, e immediatamente scattò in piedi di nuovo. La sua mano destra corse alla spada e Toller sapeva che quando avesse completamente riguadagnato l’equilibrio sarebbe stata sguainata. Spinto dall’istinto, dalla rabbia e dalla paura, Toller si lanciò sul suo avversario e lo colpì sul lato del collo con tutta la forza del braccio. Zotiern rotolò via, con le braccia e le gambe che frustavano l’aria come le lame di una bacchetta da ptertha, crollò al suolo e scivolò per varie iarde sul pavimento levigato. Si fermò sdraiato sulla schiena, immobile, la testa piegata ad angolo sopra una spalla. Gesalla diede un grido chiaro, acuto.
— Cosa sta succedendo qui? — L’urlo proveniva dal principe Chakkel, che aveva appena oltrepassato la soglia seguito da vicino da quattro della sua guardia. Procedette a grandi passi verso Zotiern, si piegò brevemente su di lui, il cranio quasi calvo che brillava, e alzò gli occhi verso Toller, che era congelato in posizione di combattimento.
— Voi! Di nuovo! — L’espressione cupa di Chakkel divenne ancora più scura. — Cosa vuol dire questo?
— Lui ha insultato Lord Glo — rispose Toller, affrontando direttamente lo sguardo del principe. — Ha anche insultato me e molestato mia moglie.
— È vero — dichiarò Glo. — Il comportamento del vostro uomo è stato del tutto senza scu…
— Silenzio! Ne ho abbastanza di questo stupido villano rifatto — Chakkel agitò il braccio, facendo segno alle sue guardie di avvicinarsi a Toller. Uccidetelo!
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