Bob Shaw - Sfida al cielo

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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— Usanza! — Lo sguardo insoddisfatto di Fera vagò per la stanza prima di posarsi su Toller. — Momento sbagliato!

Lui le voltò la schiena, non volendo trovarsi di fronte il mistero della psiche femminile, e andò a mettersi, vicino a una finestra. “L’uomo che ho ucciso meritava di essere ucciso”, disse a se stesso, “quindi non devo pensarci più”. Tornò a pensare al misterioso comportamento di Leddravohr. Glo aveva assolutamente ragione; il principe non aveva fatto un gesto di benevolenza quando lo aveva nominato soldato così sommariamente. Indubbiamente lui sperava che Toller fosse ucciso in battaglia, ma perché non aveva vagliato la possibilità di prendersi la rivincita di persona? Avrebbe potuto mettersi dalla parte di Chakkel per la morte dello scudiero e così avrebbe chiuso la faccenda. Leddravohr era capacissimo di progettare la rovina dei suoi oppositori in modo da trarne la massima soddisfazione, ma forse agli occhi del principe questo sarebbe stato attribuire importanza a un oscuro membro di una famiglia di filosofi.

Il pensiero delle sue origini ricordò a Toller lo stupefacente fatto che ora era nell’esercito, e quella consapevolezza lo colpì quasi con più forza dell’inattesa comunicazione di Leddravohr. Era un’ironia che l’ambizione che aveva cullato per tanta parte della sua vita si realizzasse in una maniera così bizzarra proprio quando lui stava cominciando a rinunciarvi. Cosa gli sarebbe successo dopo che si fosse presentato alla Caserma Mithold, quella mattina? Era sconcertante scoprire che non aveva nessuna idea del suo futuro, che dopo la notte in arrivo lo schema della sua vita si disfaceva in riflessioni frammentarie… Leddravohr… l’esercito… Chamteth… il volo di migrazione… Sopramondo… l’ignoto turbinare nell’ignoto…

Un leggero russare dietro di lui gli disse che Glo si era addormentato. Lasciò a Fera il compito di assicurarsi che stesse comodo e continuò a guardare fuori della finestra. Gli schermi anti-ptertha offuscavano la veduta di Sopramondo, ma poteva vedere la progressione del cono d’ombra sul grande disco. Quando fosse arrivato a metà strada, dividendo il pianeta gemello in due emisferi di uguale misura ma di diversa lucentezza, il sole sarebbe riapparso all’orizzonte.

Poco prima che questo avvenisse il principe Chakkel lasciò la lunga riunione e partì per la sua residenza a Palazzo Tannofern, che si trovava a oriente del Gran Palazzo. Adesso che le strade principali di Ro-Atabri erano praticamente gallerie, avrebbe potuto trattenersi più a lungo alla Casa Quadrata, ma Chakkel era famoso per la sua devozione alla moglie e ai figli. Dopo che lui e il suo seguito ebbero lasciato la casa, il cortile cadde in un silenzio assoluto, ricordando a tutti che Leddravohr era arrivato da solo. Il principe soldato era noto per la sua abitudine di viaggiare sempre senza scorta, in parte, si diceva, a causa della sua impazienza con gli attendenti, ma soprattutto perché disdegnava di affidare a un pugno dì guardie la propria sicurezza. Era convinto che la sua reputazione e la sua spada fossero tutta la protezione di cui aveva bisogno in qualunque parte dell’impero.

Toller aveva sperato che Leddravohr se ne sarebbe andato subito dopo Chakkel, ma le ore passarono l’una dopo l’altra senza che la riunione accennasse a finire. Leddravohr sembrava deciso ad assorbire tutte le cognizioni aeronautiche esistenti nel più breve tempo possibile.

L’orologio a muro di vetrolegno segnava l’ora decima quando un servitore arrivò con piatti di cibi semplici, principalmente torte di pesce e pane. Ci fu anche una nota di scusa da parte di Gesalla, che stava troppo male per adempiere ai suoi doveri di ospite. Fera si aspettava un lauto banchetto e rimase molto delusa quando Glo le spiegò che non poteva essere servito nessun pasto formale fino a che Leddravohr non avesse deciso di andare a tavola. Lei mangiò tutto quel che poteva con una sola mano, poi si lasciò cadere su una sedia in un angolo e fece finta di dormire. Glo un po’ cercava di leggere nella scarsa luce delle lampade a muro, un po’ rimaneva a fissare cupamente nel vuoto. Toller aveva l’impressione che la stima che aveva di sé fosse stata irreparabilmente scossa dalla maligna crudeltà di Leddravohr.

Era quasi l’ora undicesima quando Lain entrò nella stanza. Disse: — Per favore, tornate nell’ingresso, Vostra Grazia.

Glo alzò la testa con uno scatto. — Così il principe ha finalmente deciso di andarsene.

— No. — Lain sembrava leggermente disorientato. — Credo che il principe stia per farmi l’onore di passare la notte sotto il mio tetto. Dobbiamo presentarci subito. Anche tu e tua moglie, Toller.

Toller, che non riusciva a spiegarsi l’insolita decisione di Leddravohr, aiutò Glo a mettersi in piedi e a lasciare la stanza. In tempi e circostanze normali sarebbe stato un grande onore, da parte di un reale, dormire nella Casa Quadrata, soprattutto perché il Gran Palazzo era molto vicino, ma in questo caso era difficile interpretare l’atteggiamento di Leddravohr come un gesto di benevolenza. Gesalla stava già aspettando ai piedi della scala, tenendosi ben eretta nonostante la sua evidente debolezza. Gli altri si misero in fila vicino a lei, con Glo al centro fiancheggiato da Lain e Toller, e aspettarono che Leddravohr arrivasse.

Passarono vari minuti prima che il principe apparisse in cima alla scala. Stava mangiando una coscia di pollo arrosto, e protrasse la scortesia continuando a rosicchiare l’osso in silenzio finché non lo ebbe spolpato tutto. Toller cominciò ad avere cupe premonizioni. Leddravohr gettò l’osso per terra, si pulì le labbra con il dorso della mano e lentamente scese le scale. Portava ancora la spada, un’altra inciviltà, e il suo viso liscio non mostrava alcun segno di stanchezza.

— Bene, Lord Glo, sembra che vi abbia tenuto qui tutto il giorno inutilmente. — Il tono di Leddravohr diceva chiaramente che non si stava scusando, — Ho imparato quasi tutto quello di cui avevo bisogno e per il resto ce la farò in mattinata. Molte altre faccende richiedono la mia attenzione, così, per evitare di perdere tempo andando avanti e indietro dal palazzo, stanotte dormirò qui. Vi terrete a disposizione per l’ora sesta. Posso stare certo che potrete muovervi per quell’ora?

— Sarò qui all’ora sesta, principe— disse Glo.

Buono a sapersi — replicò Leddravohr, giovialmente sarcastico. Passeggiò davanti ai suoi ospiti schierati, si fermò di fronte a Toller e Fera, e indirizzò loro un sorriso lampeggiante che non aveva niente a che vedere con l’allegria. Toller lo guardò più duramente possibile, mentre il suo presagio si tramutava nella certezza che quella giornata cominciata male stava per finire ancora peggio. Leddravohr spense il suo sorriso, tornò alla scala e cominciò a salire. Toller stava cominciando a dubitare della fondatezza dei suoi timori quando il principe si fermò sul terzo gradino.

— Cosa mi succede? — disse come riflettendo, dando la schiena al gruppo attento. — Il mio cervello è stanco, ma il mio corpo ha bisogno di scaricare energie. Vediamo: devo prendermi una donna, o no?

Toller, conoscendo già la risposta a quella domanda retorica, avvicinò la bocca all’orecchio di Fera. — È colpa mia — sussurrò.

— Leddravohr sa odiare più di quanto pensavo. Vuole usarti come un’arma contro di me, e non c’è niente che possiamo fare. Dovrai andare necessariamente con lui.

— Vedremo — disse Fera, mantenendo la sua compostezza.

Leddravohr tamburellò con le dite sulla ringhiera prolungando l’attesa, poi si voltò verso la sala.

— Tu — disse indicando Gesalla.

— Vieni con me.

— Ma…! — Toller fece un passo in avanti, rompendo la riga, il corpo simile a una colonna pulsante di sangue. Fissò Gesalla quasi con risentimento mentre lei toccava la mano di Lain e si avviava verso la scala con uno strano movimento ondeggiante, quasi fosse in trance e non comprendesse realmente quello che stava succedendo. Il suo bel viso era quasi luminescente nel suo pallore. Leddravohr la precedette e i due si persero nell’incerta penombra del piano superiore.

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