— Quante navi direste?
Lain fece un pallido sorriso. — Mille dovrebbero bastare, Maestà.
— Mille! — Un suono scricchiolante uscì dal busto di canna di Glo quando questi fece un inutile tentativo per alzarsi, e quando parlò di nuovo una nota addolorata si era infiltrata nella sua voce.
— Sono l’unico, qui, a non sapere di cosa si sta parlando?
Il Re fece un gesto per calmarlo. — Non c’è nessuna cospirazione, Lord Glo. È semplicemente che il vostro capo scienziato sembra avere la capacità di leggere nel pensiero. Mi piacerebbe sapere come ha fatto a indovinare quello che avevo in mente.
Lain si fissò le mani e parlò quasi distrattamente, come se stesse riflettendo a voce alta. — Per più di duecento giorni non sono riuscito a ottenere nessuna statistica sulla produzione agricola o sulle vittime dei ptertha. La spiegazione ufficiale era che gli amministratori provinciali erano troppo oberati di lavoro per preparare i loro rilievi, e ho cercato di persuadermi che fosse davvero così. Ma gli indizi erano già lì, Maestà. In un certo senso è un sollievo vedere confermate le mie peggiori paure. Il solo modo di superare una crisi è affrontarla.
— Sono d’accordo con voi — disse Prad — ma ero preoccupato di evitare un panico generale, da qui la segretezza. Dovevo essere certo.
— Certo? — La grande testa di Glo si volgeva da una parte all’altra. — Certo? Certo?
— Sì, Lord Glo — disse il Re gravemente. — Dovevo essere certo che il nostro mondo si stava avviando alla fine.
Nel sentire quella calma dichiarazione, Toller fu travolto da un’unica, violenta ondata di emozione. Qualunque fossero state le sue paure, svanirono immediatamente di fronte alla curiosità e a un senso schiacciante, egoistico e esultante di privilegio. I più grandi avvenimenti della storia stavano nascendo davanti a lui, solo per lui. Per la prima volta nella sua vita, era innamorato del futuro.
— … come se i ptertha fossero incoraggiati dal successo degli ultimi due anni, alla maniera di un guerriero che vede che il suo avversario si sta indebolendo — stava dicendo il Re. — Il loro numero sta aumentando, e chi può dire che le loro emissioni non diventeranno anche più letali? È accaduto una volta, e può accadere di nuovo.
“Noi a Ro-Atabri siamo stati relativamente fortunati finora, ma in tutto l’impero la gente sta morendo dell’insidiosa nuova forma di pterthacosi, nonostante i nostri sforzi di respingere i globi. E i neonati, dai quali dipende il nostro futuro, sono i più vulnerabili. Ci troviamo di fronte alla prospettiva di una continua diminuzione della popolazione, destinata a ridursi fino a una pietosa manciata di uomini e donne sterili già condannati, non fosse altro che per lo spettro della carestia. Le regioni agricole non sono più in grado di produrre cibo nelle quantità necessarie al sostentamento delle nostre città, anche con le popolazioni urbane così drasticamente decimate.
Il Re si fermò per rivolgere al suo uditorio un piccolo sorriso. — Ci sono tra noi alcuni che sostengono che c’è ancora spazio per la speranza, che il fato può ancora placarsi e rivoltarsi contro i ptertha, ma Kolcorron non è diventata grande fidando supinamente nella fortuna. Questo tipo di comportamento è estraneo al nostro carattere nazionale. Quando siamo forzati a cedere terreno in una battaglia, ci ritiriamo in un rifugio sicuro dove possiamo raccogliere le nostre forze e la nostra determinazione per risollevarci di nuovo e sbaragliare i nemici.
“Nella circostanza attuale, come si conviene a un conflitto definitivo, c’è un rifugio estremo, e il suo nome è Sopramondo”.
- È mio decreto reale che ci prepariamo a ritirarci su Sopra mondo, non per rannicchiarci lontano dal nostro nemico, ma per crescere di nuovo numerosi e potenti, per avere il tempo di escogitare i mezzi adeguati per distruggere i ptertha nella loro odiosa interezza, e infine, indipendentemente dal tempo che occorrerà, ritornare al nostro pianeta natale, Mondo, come un esercito glorioso e invincibile che trionfalmente reclamerà tutto quello che è suo per natura e per diritto.
Il discorso del Re, enfatizzato dal formalismo della lingua colta, aveva trascinato Toller aprendo nuove prospettive nella sua mente, e fu con una certa sorpresa che si accorse che non veniva risposta alcuna né da suo fratello né da Lord Glo. Quest’ultimo era tanto immobile che sarebbe potuto essere morto, e Lain continuava a fissarsi le mani mentre rigirava l’anello di brakka al sesto dito. Toller si chiese con una certa pena se Lain stava pensando a Gesalla e al bambino che sarebbe nato in tempi tanto turbolenti.
Prad mise fine al silenzio scegliendo stranamente, a parere di Toller, di rivolgersi a Lain. — Ebbene, grande matematico? Avete un’altra dimostrazione di lettura del pensiero da offrirci?
Lain alzò la testa e guardò il Re con aria grave. — Maestà, anche se le nostre armate fossero al massimo della loro potenza, non dovremmo andare contro Chamteth.
— Sono offeso per le implicazioni di questo commento — interruppe sgarbatamente il principe Leddravohr. — Io esigo che…
— La tua promessa, Leddravohr! — Il Re si voltò irosamente verso suo figlio. — Vorrei ricordarti la promessa che mi hai fatto. Sii paziente! Sta per venire il tuo momento.
Leddravohr alzò entrambe le mani in un gesto di rassegnazione mentre si risistemava nella sua sedia, e ora il suo sguardo minaccioso era fisso su Lain. Lo spasmo di allarme che Toller sentì per suo fratello fu quasi cancellato dal silenzioso clamore della propria reazione alla menzione di Chamteth. Perché era stato così lento a capire che una flotta di migrazione interplanetaria, se mai fosse. stata costruita, avrebbe richiesto cristalli di energia in tale quantità che ci sarebbe stato un modo solo di sopperire ai suoi bisogni? Se i piani imponenti del Re includevano anche andare in guerra contro gli sconosciuti e lontani Chamtethani, allora il futuro prossimo sarebbe stato ancor più movimentato di quanto Toller avesse potuto immaginare.
Chamteth era un Paese così immenso che poteva essere ugualmente raggiunto sia da est che da ovest viaggiando nella Terra dei Lunghi Giorni, quell’emisfero del pianeta che non era sfiorato dall’ombra di Sopramondo e dove non c’era la piccola notte a segnare nel cielo l’avanzata del sole. Nel lontano passato vari sovrani ambiziosi avevano tentato di esplorare l’interno di Chamteth, ma con risultati così poco convincenti, così disastrosi, che era stato cancellato di fatto dalla coscienza nazionale. Esisteva, ma, come per Sopramondo, la sua esistenza non aveva nessuna rilevanza per gli affari quotidiani dell’impero.
“Finora”, pensò Toller, sforzandosi di ricostruire la sua immagine dell’universo, “Chamteth e Sopramondo sono collegati… connessi… prendere l’una è prendere l’altro”.
— La guerra contro Chamteth è diventata inevitabile — disse il Re. — Alcuni sono dell’opinione che sia sempre stata inevitabile. Cosa ne dite, Lord Glo?
— Maestà, io… — Glo si schiarì la gola e si sedette più dritto. — Maestà, mi sono sempre considerato un pensatore creativo, ma ammetto onestamente che la grandezza e la portata della vostra visione mi hanno tolto…hmm… il fiato. Quando in origine ho proposto di volare su Sopramondo pensavo a un nucleo di pionieri, seguiti dal graduale insediamento di una piccola colonia. Non avevo immaginato la migrazione su scala totale che voi state contemplando, ma posso assicurarvi che sono all’altezza delle responsabilità che questo implica. La progettazione di una nave adatta e la preparazione di tutto il necessario… — Glo smise di parlare quando vide che Prad stava scuotendo la testa.
— Mio caro Lord Glo, non siete un uomo sano — disse il Re, — e sarei meno che leale verso di voi se vi permettessi di sprecare ciò che rimane della vostra forza in un compito di tale portata.
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