Bob Shaw - Sfida al cielo

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Sfida al cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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— Dobbiamo sbrigarci — disse Glo. — Non possiamo rischiare di essere in ritardo nel giorno del nostro trionfo. — Con l’aiuto di Toller indossò la formale tunica grigia, stendendola bene sopra il busto di una canna che gli permetteva di stare in piedi da solo. Il suo corpo, una volta grassoccio, era diventato magro e aveva la pelle cadente, ma lui non aveva sostituito il suo guardaroba e accomodava gli abiti sopra il busto sperando di nascondere la portata della sua infermità. Era una delle umane debolezze che gli avevano meritato la simpatia di Toller.

— Vi porteremo lì in tempo — disse Toller rassicurante, chiedendosi se avrebbe dovuto preparare Glo per la possibile delusione che gli stava davanti.

Il viaggio verso il Gran Palazzo si svolse in silenzio, con Glo che annuiva ripetutamente a se stesso mentre provava il discorso che avrebbe fatto.

Era un giorno grigio di nebbia, la tristezza era accentuata dagli schermi anti-ptertha che chiudevano il cielo. Nelle strade dove era stato sufficiente tirare un tetto orizzontale di reti o tralicci, da grondaia a grondaia, il livello di illuminazione non si era ridotto di molto. Ma dove c’erano tetti e parapetti vicini di differenti altezze, era stato necessario erigere strutture pesanti e complicate, spesso rivestite in tessuto verniciato per prevenire correnti d’aria e infiltrazioni di polvere vagante, che in quelle costruzioni disegnate per un clima equatoriale, potevano facilmente penetrare da fessure di poco conto. Molti dei viali una volta splendenti nel cuore di RoAtabri erano ora immersi in un’oscurità cavernosa, e tutta l’architettura della città era ostruita, oscurata e soffocata dal mantello difensivo.

Il Ponte sul Bytran, il fiume principale che attraversava la capitale da nord a sud, era stato completamente ricoperto di tavole, che gli davano l’apparenza di un gigantesco deposito, e da lì una specie di galleria attraversava i fossati e portava al Gran Palazzo, ora sepolto sotto una fitta col tre di drappi. La prima intuizione di Toller, che la riunione sarebbe stata diversa da quella di due anni prima, gli fu confermata dalla mancanza di carrozze nel cortile principale. A parte pochi cocchi ufficiali, solo il leggero carro coperto di suo fratello, acquistato dopo la messa al bando dei veicoli trainati da blucorni, aspettava vicino all’entrata. Lain era solo vicino al carro, e aveva un sottile rotolo di carta sotto il braccio. Il suo viso allungato sembrava pallido e stanco sotto le ciocche di capelli neri. Toller saltò a terra e aiutò Glo a scendere dalla carrozza, sostenendo con discrezione tutto il suo peso finché lo vide sicuro sulle gambe.

— Non mi avevate detto che sarebbe stata un’udienza privata — disse Toller.

Glo gli diede uno sguardo di divertito disdegno, tornando ad essere per un attimo quello che era stato in passato. — Non puoi aspettarti che ti dica tutto, giovanotto; è importante per il Lord Filosofo essere riservato e… hmm… enigmatico, adesso e ancora. — Appoggiandosi pesantemente al braccio di Toller zoppicò verso l’arco intagliato dell’entrata, dove Lain li raggiunse.

Durante lo scambio di saluti Toller, che non vedeva suo fratello da quasi quaranta giorni, fu preoccupato dalla sua evidente debilitazione. Disse: — Lain, spero che tu non stia lavorando troppo.

Lain fece una smorfia obliqua.

— Lavorando troppo e dormendo troppo poco. Gesalla è di nuovo incinta e ha fastidi maggiori rispetto all’ultima volta.

— Mi dispiace. — Toller rimase sorpreso di sentire che, dopo l’aborto di quasi due anni prima, Gesalla fosse ancora determinata a diventare madre. Indicava un istinto materno che lui aveva difficoltà a conciliare con il resto del carattere di lei. A parte quel curioso e unico episodio che gli aveva fatto “sentire” Gesalla in modo così strano, al suo ritorno dalla disastrosa riunione del consiglio, l’aveva sempre vista come troppo asciutta, troppo ordinata, troppo affezionata alla sua autonomia personale perché le piacesse allevare bambini.

— A proposito, ti manda i suoi saluti — aggiunse Lain.

Toller sorrise apertamente per sottolineare la sua incredulità, poi i tre uomini si avviarono all’interno del palazzo. Glo li guidò attraverso i corridoi in cui si svolgeva un’attività ora silenziosa verso una porta in vetrolegno molto lontana dal settore amministrativo. Gli ostiari dalla nera armatura erano segno che il Re era già dentro. Toller sentì il corpo di Glo raddrizzarsi con fatica mentre il Lord si sforzava di assumere un atteggiamento eretto, e lui cercò di mascherare l’aiuto che gli dava mentre entravano nella sala delle udienze.

La sala era esagonale, piuttosto piccola, illuminata da un’unica finestra, e il solo mobilio era dato da un tavolo esagonale con sei sedie. Re Prad era già seduto di fronte alla finestra e vicino a lui c’erano i principi Leddravohr e Chakkel, tutti informalmente vestiti con comodi abiti di seta. L’unico segno che distingueva il Re era un grande gioiello blu appeso al collo con una catena di vetro. Toller, che in quella occasione aveva un forte desiderio di passare inosservato, per il bene di suo fratello e di Lord Glo, evitò di guardare in direzione di Leddravohr. Tenne gli occhi bassi finché Prad fece segno a Glo e a Lain di sedersi, poi mise tutta la sua attenzione nell’accompagnare il Lord Filosofo fino a una sedia, cercando di fare scricchiolare il suo busto il meno possibile.

— Chiedo scusa per questo ritardo, Maestà — disse Glo in lingua colta quando si fu finalmente messo comodo. — Desiderate che il mio attendente si ritiri?

Prad scosse la testa. — Può rimanere per il vostro conforto, Lord Glo. Non mi ha fatto piacere la gravità della vostra indisposizione.

— Una certa recalcitranza degli… hmm… arti, questo è tutto — rispose stoicamente Glo.

— Cionondimeno, vi sono grato dello sforzo che avete fatto per essere qui. Come potete vedere, vi sto esonerando da ogni formalità in modo che possiamo avere uno scambio di idee senza impacci di protocollo. Le circostanze del nostro ultimo incontro potevano difficilmente lasciar spazio alla libera discussione, non trovate?

Toller, che si era messo dietro alla sedia di Glo, era sorpreso dai toni amabili e ragionevoli del Re. A quanto sembrava, il suo pessimismo era stato ingiustificato, e a Glo sarebbe stata risparmiata una nuova umiliazione. Guardò direttamente attraverso il tavolo per la prima volta e vide che l’espressione di Prad era rassicurante quanto poteva esserlo con quei lineamenti dominati dal suo occhio bianco marmo. Automaticamente il suo sguardo scivolò verso Leddravohr e con uno shock quasi fisico si accorse che gli occhi del principe non lo avevano mai abbandonato, colmi di una malevolenza e di un disprezzo inconfondibili.

“Sono una persona diversa”, si disse Toller cercando di controllare il provocatorio irrigidirsi del suo corpo. “Glo e Lain non verranno in alcun modo danneggiati dall’essere con me”.

Abbassò la testa, ma non prima di aver visto balenare sul viso del principe un sorriso maligno, una specie di spasmo, automatico e veloce come un serpente, del labbro superiore. Toller non riusciva a decidere una linea di azione o di inazione. Sembrava che tutto quello che si diceva su Leddravohr fosse vero, che avesse un’eccellente memoria per le facce e una ancora migliore per gli insulti. La difficoltà immediata per Toller stava nel fatto che, per quanto fosse deciso a non incrociare quello sguardo ostile, non poteva certo rimanere a testa bassa per tutto l’antigiorno. Poteva trovare un pretesto per lasciare la stanza, forse qualcosa a che fare con…?

— Voglio parlare del volo verso Sopramondo — disse il Re, e le sue parole furono come l’esplosione di una bomba che scacciò ogni altra cosa dalla mente di Toller. — Affermate, nella vostra veste ufficiale di Lord Filosofo, che possa essere fattibile?

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