Isaac Asimov - La Fine Dell'Eternita
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«Ma e criminale,» aveva esclamato. «Chi sono gli Eterni, per fare una cosa simile?»
«E per il bene dell'umanita,» aveva detto Harlan. Naturalmente, aveva saputo che sarebbe stato impossibile farle capire esattamente questo. Il pensiero di un Temporale era strettamente legato al Tempo; Harlan lo aveva saputo fin dall'inizio.
«Davvero? Immagino che sia stato eliminato cosi il duplicatore di massa.»
«Ne possediamo ancora delle copie. Non preoccuparti di questo; l'abbiamo conservato.»
« Voi lo avete conservato. E noi, allora? Noi del 482° potremmo averlo, ora, e invece non lo abbiamo.»
«Non vi avrebbe portato niente di buono. Ascolta, cara, non eccitarti e ascolta.» Con un movimento quasi convulso (avrebbe dovuto imparare a toccarla in maniera naturale, e non in maniera tale da spaventarla) le aveva preso la mano, e l'aveva stretta con forza.
Per un momento, lei aveva cercato di liberarsi da quella stretta, poi si era rilassata, e aveva trovato perfino la forza di ripetere:
«Oh, va' avanti, sciocco, e smettila con quell'aria cosi solenne. Non sto dando la colpa a te personalmente!»
«Non devi dare la colpa a nessuno. Non esiste alcuna colpa. Noi facciamo quello che deve essere fatto. Quel duplicatore di massa e un caso classico. L'ho studiato a scuola. Quando si e in grado di duplicare una massa, si e anche in grado di duplicare un essere umano. Il problema che ne scaturisce e estremamente complesso.»
«Non spetta alla societa risolvere i propri problemi?»
«Si, ma noi abbiamo studiato quella societa nel corso del Tempo, ed essa non ha risolto il problema in modo soddisfacente. E ricorda sempre che un insuccesso di questo tipo non colpisce solo la societa di quel tempo, ma anche tutte le successive. In realta, il problema del duplicatore di massa non ha alcuna soluzione soddisfacente. E una di quelle cose che non possono essere permesse, come le guerre atomiche. Gli sviluppi non sono mai soddisfacenti.»
«Perche ne siete cosi sicuri?»
«Abbiamo le nostre macchine Calcolatrici, Noys; dei Computaplex infinitamente piu perfezionati di quelli esistenti nelle singole Realta. Queste macchine Calcolano le possibili Realta e il grado di opportunita di ciascuna, sommando migliaia e migliaia di possibili varianti.»
«Delle macchine!» aveva detto lei, in tono sprezzante.
Harlan aveva corrugato la fronte, poi aveva detto:
«Non fare cosi, adesso. Naturalmente tu reagisci a questa scoperta… e una reazione naturale per chi scopre che la vita non e solida come la si credeva. Tu, e il mondo nel quale hai vissuto, un anno fa non erano forse che una remota probabilita, ma cosa importa? Tu hai tutti i tuoi ricordi, e che importa se questi ricordi appartenevano a un mondo crepuscolare che un Mutamento ha reso possibile? Tu ricordi la tua infanzia e i tuoi genitori, vero?»
«Certo.»
«Quindi e esattamente come se l'avessi vissuta, no? Non e cosi? Voglio dire, indipendentemente dalla Realta?»
«Non lo so. Dovro pensarci. E se domani quel mondo ritornasse un fantasma, un'ombra, o come altrimenti lo vuoi chiamare?»
«Allora ci sarebbe una nuova Realta, e una nuova Noys occuperebbe quella Realta, con nuovi ricordi. Proprio come se non fosse accaduto niente… solo che il totale della felicita umana sarebbe stato nuovamente aumentato.»
«Qualcosa non mi piace, in questa soluzione. Non la trovo soddisfacente.»
«Inoltre,» si era affrettato ad aggiungere Harlan, «Ormai a te non accadra piu niente. Ci sara veramente una nuova Realta, ma tu ora sei nell'Eternita. Non sarai cambiata.»
«Ma non hai appena detto che sarebbe stato lo stesso? Perche prenderti tanti disturbi, se il risultato sarebbe uguale?»
Harlan aveva detto, con un improvviso ardore:
«Perche io ti voglio come sei. Esattamente come sei. Non voglio che tu cambi, in nessun modo…»
Per un momento era stato sul punto di rivelarle la verita… di dirle che senza il vantaggio della superstizione sugli Eterni e sulla vita eterna, lei non avrebbe mai iniziato una relazione con lui.
Noys lo aveva fissato, con espressione seria:
«Dovro rimanere qui per sempre, allora? Mi sembra cosi… solitario.»
«No, no. Non pensarci,» le aveva detto, stringendole le mani con forza. «Io cerchero di scoprire quello che tu sarai nella nuova Realta del 482°, e tu farai ritorno nel tuo Secolo travestita, naturalmente in senso figurato. Mi occupero io di tutto. Chiedero che la nostra relazione divenga ufficiale, e faro in modo che tu rimanga inalterata, attraverso tutti i futuri Mutamenti di Realta. Io sono un Tecnico dei migliori, e conosco bene i Mutamenti.» Poi aveva aggiunto, a denti stretti, «E conosco certe altre cose importanti, altrettanto bene…» poi si era interrotto.
«Tutto questo e consentito?» aveva domandato Noys. «Voglio dire, e possibile condurre delle persone nell'Eternita, e impedire che esse vengano cambiate? Da quello che mi hai detto, non mi sembra… giusto.»
Per un momento Harlan si era sentito minuscolo e tremante nell'immenso vuoto delle migliaia di Secoli che lo avevano circondato, avanti e indietro nel Tempo. Per un momento, si era sentito tagliato fuori perfino dall'Eternita, sua unica casa e la sua unica fede, doppiamente escluso dal Tempo e dall'Eternita; e gli era parso che solo la donna per la quale egli aveva sfidato il suo mondo, e abbandonato ogni cosa, fosse rimasta al suo fianco.
Le aveva risposto, e nella sua voce c'era stata una profonda, intensa sincerita:
«No, si tratta di un delitto. E uno dei delitti piu grave, e ne provo molta vergogna. Ma lo rifarei, se fosse necessario, anche mille volte.»
«Per me, Andrew? Per me?»
Non aveva alzato lo sguardo. Non l'aveva guardata negli occhi.
«No, Noys. Per me. Non posso sopportare neppure l'idea di perderti.»
«E se ci prendessero…?» aveva domandato lei.
Harlan aveva conosciuto la risposta, anche per quella domanda. Aveva conosciuto la risposta da quel momento di rivelazione improvvisa, nel letto del 492°, con Noys addormentata al suo fianco. Ma non aveva osato pensare alla folla verita, neppure in quel momento.
«Non ho paura di nessuno,» le aveva detto. «So come proteggermi: ne ho i mezzi. Loro non immaginano neppure quello che so!»
Capitolo Nono: Interludio
Quello che era seguito era stato un periodo idilliaco… Harlan se ne era reso conto piu tardi, ripensando a quelle fisiosettimane nelle quali erano avvenute centinaia di cose, che si erano confuse cosi inestricabilmente nel suo ricordo da dargli l'impressione che quel periodo fosse durato assai piu di quanto fosse durato in realta. Cio che aveva caratterizzato il periodo, naturalmente, era stato il tempo che aveva potuto trascorrere in compagnia di Noys… lunghe ore che avevano illuminato quei giorni, e che avevano gettato nell'ombra tutte le altre cose.
Prima Fase: era ritornato nel 482°, e lentamente aveva preparato i suoi effetti personali: abiti e libri-film e, soprattutto, i suoi amatissimi volumi del Primitivo, dei quali aveva seguito personalmente il trasporto nei suoi alloggi permanenti, nel 575°.
Finge era stato al suo fianco, quando Harlan aveva affidato l'ultimo dei volumi agli uomini della Manutenzione che lo avevano portato a bordo del cronoscafo di trasporto.
Finge aveva detto, scegliendo le parole con cura:
«Vedo che ci lasciate.»
Il suo sorriso era stato apparentemente cordiale, ma Harlan aveva notato l'espressione degli occhi. Il Calcolatore aveva tenuto le mani intrecciate dietro la schiena.
Harlan non aveva guardato il suo superiore, limitandosi a borbottare:
«Si, signore.»
«Riferiro al Calcolatore Anziano Twissell il modo piu che soddisfacente in cui avete eseguito i vostri compiti di Osservatore nel 482°.»
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