Isaac Asimov - La Fine Dell'Eternita

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Isaac Asimov

La Fine Dell'Eternita

Capitolo Primo: Tecnico

Il cronoscafo non si mosse.

Harlan non si era aspettato che il cronoscafo si muovesse; non si era aspettato alcun tipo di movimento, ne in alto ne in basso, ne a destra ne a sinistra, ne avanti ne indietro. Tuttavia gli spazi tra le aste si erano sciolti in una oscurita grigia, solida al tatto eppure immateriale. E c'era un senso di movimento nel suo stomaco, un debole accenno di vertigine (psicosomatica?), piccoli elementi che gli dicevano come tutto cio che il cronoscafo conteneva, lui compreso, stesse filando in avanti nel tempo, attraverso l'Eternita.

Era salito a bordo nel 575° Secolo, la Sezione di residenza che gli era stata assegnata due anni prima. In quel periodo il 575° era stato il punto piu avanzato da lui raggiunto nell'Eternita, ma ora stava andando verso il 2456° Secolo.

In circostanze normali, la prospettiva gli avrebbe certamente dato un senso di smarrimento. Il suo Secolo natale era molto indietro, il 95°, per essere precisi. Il 95° era un Secolo rigidamente restrittivo per quanto riguardava l'energia atomica, vagamente rustico, portato a preferire il legno naturale come materiale da costruzione, esportatore di alcuni tipi di liquidi potabili distillati praticamente in ogni punto del Tempo; e grande importatore di semi di trifoglio. Benche Harlan non fosse piu ritornato nel 95°, da quando aveva iniziato l'addestramento speciale ed era diventato un Cucciolo, a quindici anni, esisteva sempre un senso di smarrimento e di nostalgia quando ci si allontanava ancor piu da «casa» lungo il corso del Tempo. Nel 2456° sarebbe stato a piu di duecentoquaranta millenni dal suo tempo natale, e si trattava di una distanza considerevole anche per un Eterno incallito.

In circostanze normali, sarebbe stato cosi…

Ma in quel momento Harlan non era in grado di pensare ad altro che ai suoi documenti che gli pesavano in tasca, e al suo piano che gli pesava sul cuore. Era un po' spaventato, un po' teso, e un po' confuso.

Furono le sue mani ad agire da sole, e a fermare il cronoscafo nel modo giusto e nel Secolo giusto.

Era strano che un Tecnico si sentisse teso o nervoso. Come aveva detto una volta l'Istruttore Yarrow?

«Sopra ogni altra cosa, un Tecnico deve essere privo di sentimenti. Il Mutamento di Realta che egli inizia puo influire sulla vita di cinquanta miliardi di persone, e influire cosi radicalmente su un milione di queste, da renderle praticamente nuovi individui. In queste condizioni, un atteggiamento emotivo e un chiaro svantaggio.»

Harlan scosse la testa, con un movimento quasi rabbioso, come se avesse voluto scacciare il ricordo della voce secca e precisa del suo Istruttore. A quei tempi non avrebbe mai immaginato di doversi trovare in quella posizione, ne di averne le capacita. Ma alla fine l'emozione lo aveva raggiunto. E non era per cinquanta miliardi di persone. In nome del Tempo, che cosa importava a lui di cinquanta miliardi di persone? Ce n'era una sola. Una sola persona.

Si rese conto che il cronoscafo era fermo, e, dopo un brevissimo indugio per riordinare i propri pensieri, riusci ad assumere la personalita fredda e distaccata che un Tecnico doveva avere, e usci. Il cronoscafo dal quale era uscito, naturalmente, non era lo stesso nel quale era entrato, nel senso che non era composto dagli stessi atomi. Harlan non si preoccupava di questi dettagli, non piu di quanto se ne sarebbe preoccupato qualunque altro Eterno: meditare sulla mistica del Viaggio nel Tempo, piuttosto che sul semplice fatto della sua esistenza , era il marchio del Cucciolo, del novizio dell'Eternita.

Indugio di nuovo alla sottilissima cortina di Non-Spazio e Non-Tempo che lo separava in un senso dall'Eternita, e nell'altro dal Tempo normale.

Quella sarebbe stata per lui una sezione di Eternita completamente nuova. Ne conosceva gli elementi, per sommi capi, perche aveva consultato il Manuale Temporale : tuttavia nulla poteva sostituire il contatto, l'aspetto concreto e reale, e percio Harlan si preparo a sostenere l'urto dell'adattamento.

Manovro i controlli, un'operazione semplicissima per passare nell'Eternita (e complicatissima per passare nel Tempo, un tipo di passaggio che era relativamente meno frequente). Attraverso la cortina, e si trovo abbagliato. Istintivamente, sollevo le mani per proteggersi gli occhi.

C'era solo un uomo davanti a lui. Dapprima Harlan riusci a distinguerlo confusamente.

L'uomo disse:

«Io sono il Sociologo Kantor Voy. Immagino che voi siate il Tecnico Harlan.»

Harlan annui, e disse:

«Padre Tempo! Non si puo regolare questa specie di decorazione?»

Voy si guardo intorno, e disse, in tono accondiscendente:

«Alludete alle pellicole molecolari?»

«E a che altro?» rispose Harlan. Il Manuale ne parlava, ma non accennava a una simile folle orgia di riflessi luminosi.

Harlan sapeva che la sua irritazione era del tutto ragionevole. Il 2456° Secolo era orientato sulla materia, come la maggior parte dei Secoli, e cosi lui aveva il diritto di aspettarsi fin dall'inizio una base di compatibilita. Non vi avrebbe trovato la totale confusione (totale per chiunque fosse nato in un Secolo orientato sulla materia) dei vortici di energia del 300°, o della dinamica dei campi del 600°. Nel 2456°, la materia veniva usata per tutti gli scopi, dalla costruzione di pareti a quella di chiodi; e questo era un vantaggio per la maggior parte degli Eterni.

Naturalmente, c'era materia e materia. Il nativo di un Secolo orientato sull'energia questo non lo avrebbe forse capito, perche per lui tutte le cose materiali sarebbero apparse variazioni minori di un tema grossolano, pesante e barbarico. Per un individuo orientato sulla materia, come Harlan, c'erano invece delle distinzioni: legno, metalli (suddivisi a loro volta in leggeri e pesanti), plastica, silicati, cemento, cuoio, e cosi via.

Ma chi poteva pensare a una materia composta esclusivamente di specchi?

Fu quella la sua prima impressione del 2456°. Ogni superficie rifletteva la luce e scintillava di luce. Ovunque si aveva un'impressione di completa levigatezza: l'effetto di una pellicola molecolare. E nell'infinita ripetizione del riflesso di se stesso, del Sociologo Voy, di tutto quello che poteva vedere, nei particolari o nella totalita, con tutte le angolazioni, c'era una spaventosa confusione. Un senso di confusione allucinante, che dava le vertigini.

«Sono dolente,» disse Voy. «Ma questo e l'uso del Secolo, e la Sezione assegnata a esso trova che e una buona norma adottare gli usi locali, quando e possibile. Vi abituerete, col passar del tempo.»

Voy s'incammino rapidamente sui piedi in movimento di un altro Voy, che se ne stava capovolto nel pavimento, e si muoveva in perfetta sincronia con lui. Tocco un sottilissimo indicatore, e il filo di luce che divideva la scala a spirale discese fino alla base.

I riflessi scomparvero; le luci si attenuarono. Harlan si senti di nuovo a suo agio.

«Seguitemi, per favore,» disse Voy.

Harlan lo segui lungo corridoi deserti che fino a pochi istanti prima dovevano essere stati un ribollire di luci e riflessi, su una breve scala, in un'anticamera, e finalmente in un ufficio.

In quel breve tragitto non si era visto alcun essere umano. Harlan era abituato a questo, lo dava per scontato, e sarebbe rimasto sorpreso, e forse scosso, se avesse colto l'immagine di una figura umana in movimento. Senza dubbio, si era diffusa la voce dell'arrivo di un Tecnico. Lo stesso Voy manteneva le distanze, e quando, casualmente, la mano di Harlan aveva sfiorato la manica del Sociologo, Voy si era scostato, trasalendo visibilmente.

Harlan provava una certa sorpresa nell'accorgersi dell'amarezza che tutto questo gli procurava. Aveva pensato che la corazza che era riuscito a far crescere intorno al suo cuore fosse piu robusta, piu resistente alle sollecitazioni dei sentimenti. E se sbagliava, se quella corazza era diventata troppo sottile, poteva esserci un solo motivo.

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