Isaac Asimov - La Fine Dell'Eternita

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Lascia perdere , si era detto, mentalmente. Lascia stare le cose a questo punto. Lei viene con te. Ti sorride. Cosa vuoi di piu?

Ma non era riuscito a tacere.

«Tu pensi che gli Eterni vivano per sempre, vero?»

«Be', li chiamano tutti Eterni, e cosi tutti sono convinti che lo siano davvero.» Lei gli aveva rivolto un luminoso sorriso. «Ma non e vero, giusto?»

«Allora non lo pensi anche tu?»

«Dopo essere stata per un poco nell'Eternita, non l'ho piu pensato. La gente non parlava come se avesse dovuto vivere per sempre, e ho visto dei vecchi in giro.»

«Eppure mi hai detto che io avrei vissuto per sempre… quella notte.»

Lei si era avvicinata a lui, muovendosi sul sedile, continuando a sorridere:

«Ho pensato che poteva esserci sempre una possibilita.»

Harlan le aveva chiesto, senza riuscire a nascondere la tensione che lo aveva pervaso:

«Come puo diventare Eterno un semplice Temporale?»

Il sorriso era scomparso, sul volto di Noys, e per un istante Harlan aveva creduto di notare una traccia di rossore.

«Perche me lo chiedi?»

«Per saperlo.»

«E una sciocchezza. Preferirei non parlarne.» Aveva abbassato lo sguardo, osservandosi le dita affusolate e le unghie che nella luce soffusa del cronoscafo avevano riflesso soltanto un colore neutro, lattescente. Harlan aveva pensato, senza alcun motivo, a quelle unghie… unghie che durante una riunione serale, con l'aiuto di una lieve irradiazione ultravioletta, potevano brillare di un verde pastello o di un rosso cupo, a seconda della posizione delle mani. Una ragazza abile, come Noys, avrebbe potuto trarre una mezza dozzina di colori da quelle unghie, dando l'impressione che quei colori riflettessero il suo stato d'animo. L'azzurro come simbolo dell'innocenza, il giallo per l'allegria, il viola per il dolore, e il rosso per la passione.

«Perche hai fatto all'amore con me?» le aveva chiesto.

Lei aveva scosso il capo, e lo aveva guardato, pallida e seria in volto.

«Se proprio vuoi saperlo, l'ho fatto in parte per la teoria che dice come una ragazza possa diventare Eterna in questo modo. Non mi dispiacerebbe di vivere per sempre.»

«Credevo che tu non credessi a questa teoria. Me l'hai appena detto.»

«Infatti non ci credevo, ma come ti ho detto, non si puo mai essere sicuri. Non c'e niente di male a provare. Tanto piu che…»

L'aveva fissata duramente, con un volto oscurato dalla disapprovazione, cercando rifugio nella morale del suo Secolo natale, per sfuggire a quella delusione.

«Ebbene?»

«Tanto piu che desideravo farlo comunque.»

«Desideravi fare all'amore con me?»

«Si.»

«Perche proprio con me?»

«Perche mi piacevi. Perche mi sembravi cosi buffo.»

« Buffo?… »

«Be', strano, se preferisci questo termine. Ti sforzavi sempre di non guardarmi, e invece mi guardavi sempre. Cercavi di detestarmi, e capivo che mi desideravi. Credo di avere provato un po' di compassione per te.»

«Perche?» Il volto di Harlan era stato in fiamme.

«Perche dovevi soffrire tanto perche mi desideravi. E una cosa tanto semplice, invece. Devi solo chiederlo alla ragazza che desideri. E cosi facile essere amici. Perche soffrire?»

Harlan aveva annuito. La morale del 482°!

«Basta solo chiederlo alla ragazza,» aveva borbottato. «Cosi semplice. Non e necessario nient'altro.»

«La ragazza deve essere d'accordo, naturalmente. Ma se non e impegnata con un altro, generalmente e disposta. Perche no? Mi sembra cosi semplice.»

A questo punto, era stato Harlan ad abbassare lo sguardo. Naturalmente, era stato tutto cosi semplice. E non c'era stato niente di male. Non nel 482°. E chi avrebbe potuto saperlo meglio di lui, in tutta l'Eternita? Sarebbe stato uno stupido, un maledetto stupido, se in quel momento le avesse chiesto quali fossero state le sue precedenti relazioni. Sarebbe stato come domandare a una ragazza del suo Secolo natale quante volte avesse mangiato in presenza di un uomo, e come avesse osato farlo.

Le aveva detto invece, in tono umile:

«E adesso che cosa pensi di me?»

«Che sei molto carino,» aveva detto, dolcemente. «E che se ti lasciassi un po' andare… perche non sorridi?»

«Non c'e niente da sorridere, Noys.»

« Ti prego! Voglio vedere se le tue labbra sono capaci di piegarsi… se le tue guance rispondono come dovrebbero. Non ti ho mai visto sorridere. Ti prego!» Aveva posato gli indici sugli angoli della bocca di Harlan, e gli aveva tirato le labbra. Lui aveva sollevato di scatto il capo, per la sorpresa, e non aveva potuto fare a meno di sorridere.

«Visto? Neanche una ruga nelle guance. Sei quasi bello. Con un po' di esercizio… rimanendo davanti allo specchio, e imparando a sorridere, e ad avere l'espressione giusta negli occhi… scommetto che riusciresti ad essere veramente bello.»

Ma il sorriso, che era gia stato fragile, era svanito del tutto.

Noys aveva detto:

«Siamo veramente nei guai, vero?»

«Si, Noys. Guai grossi.»

«Per quello che abbiamo fatto? Tu e io, quella sera?»

«Non e esattamente questo il motivo.»

«E stata colpa mia, lo sai. Se vuoi, lo dichiarero a tutti.»

«Non fare mai una cosa simile!» aveva esclamato Harlan, con veemenza. «Non pensare di essere colpevole. Non hai fatto niente, niente , di male. E un'altra cosa…»

Noys aveva osservato il temporometro, con espressione inquieta.

«Dove siamo? Non riesco nemmeno a vedere i numeri.»

« Quando e il termine piu esatto,» l'aveva corretta Harlan, facendo rallentare il cronoscafo, in modo che i numeri dei Secoli fossero visibili.

I meravigliosi occhi di Noys si erano spalancati. «E giusto? »

Harlan aveva dato una breve occhiata all'indicatore. Il 72.000°.

«Sono sicuro che e giusto.»

«Ma dove stiamo andando?»

« Quando , come ti ho gia detto, e il termine giusto da usare. Andiamo avanti, il piu lontano possibile,» le aveva detto, con calma. «Molto lontano. Dove non potranno trovarti.»

E in silenzio avevano osservato i numeri cambiare sull'indicatore. Silenziosamente, Harlan aveva continuato a ripetersi che la ragazza doveva essere innocente, che le accuse di Finge erano state dettate solo dalla collera e dalla gelosia. Lei era stata sincera nel rivelargli che quella esposta da Finge era stata solo una parte della verita, e che l'altra parte era stata dovuta a un'attrazione personale.

E poi aveva sollevato lo sguardo, perche Noys aveva cambiato posizione. Si era alzata, era venuta nella parte occupata da Harlan e, con un gesto risoluto, aveva fermato il cronoscafo, abbassando la leva con la mano, e provocando una brusca decelerazione temporale.

Harlan aveva deglutito, e aveva chiuso gli occhi, per vincere l'ondata di nausea. Poi aveva detto:

«Che cosa succede?»

La ragazza era stata pallidissima, e per un momento non aveva risposto. Poi aveva ritrovato la voce:

«Non voglio andare piu avanti. Il numero e gia cosi alto!…»

Il temporometro aveva indicato il 111.394°. Harlan aveva annuito:

«Penso che basti cosi.» Poi le aveva teso la mano:

«Vieni, Noys. Questa sara la tua casa, per un po' di tempo.»

Avevano percorso i corridoi silenziosi come bambini, tenendosi per mano. Le luci erano state accese, nei corridoi, e per illuminare le stanze buie era stato sufficiente un tocco della mano. L'aria era stata fresca e pulita, aveva indicato l'esistenza di un sistema di ventilazione in funzione.

Noys aveva bisbigliato:

«Non c'e nessuno, qui?»

«Nessuno,» aveva risposto Harlan. Aveva cercato di dirlo con voce sicura e tranquilla. Avrebbe voluto dissipare l'incantesimo che era stato prodotto in lui dalla consapevolezza di trovarsi in uno dei Secoli Nascosti, ma la sua voce era uscita in un rauco bisbiglio, malgrado tutta la sua determinazione.

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