Isaac Asimov - La Fine Dell'Eternita
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Naturalmente, nessun essere umano, nel Tempo, avrebbe mai potuto accorgersi dell'avvenuto Mutamento di Realta. La mente cambiava come la materia e solo gli Eterni potevano starsene fuori da questo continuo divenire, e osservare il Mutamento.
Il Sociologo Voy stava osservando la scena azzurrina del 2481°, la dove prima si era vista l'intensa attivita di uno spazioporto operoso. Non sollevo neppure lo sguardo, all'ingresso di Harlan. Si limito a borbottare qualcosa che avrebbe potuto essere un saluto.
L'astroporto aveva subito un violento cambiamento. L'ordine e la perfezione erano scomparsi; quei pochi edifici che si vedevano non erano le splendide, ardite creazioni che erano stati prima. C'era una vecchia astronave arrugginita, in disarmo, circondata da poche costruzioni cadenti. Non c'erano uomini. Tutto era immoto.
Harlan si concesse un breve sorriso, che gli curvo per un istante le labbra, e poi scomparve. Si, certo, era quello il M.R.O.: il Massimo Risultato Ottenibile. E si era verificato immediatamente. Il Mutamento non doveva necessariamente verificarsi nel preciso momento del Tocco del Tecnico. Se i calcoli che guidavano il Tocco era approssimativi, potevano trascorrere ore e perfino giorni prima che il Mutamento si verificasse (ore e giorni, naturalmente, di tempo fisiologico). Era soltanto quando tutte le possibilita di divergenza svanivano che il Mutamento aveva luogo: fino a quando esisteva anche una sola possibilita matematica di un'azione alternata, il Mutamento non si verificava.
Harlan era orgoglioso del fatto che quando era lui a calcolare il M.M.N., e quando era la sua mano a operare il Tocco, tutte le possibilita di divergenza svanivano istantaneamente, e il Mutamento aveva luogo nello stesso, preciso momento.
Voy disse, a bassa voce:
«Come era stato bello.»
Quella frase fu come una frustata per Harlan, parve diminuire la bellezza dell'operazione che lui aveva compiuto.
«Non sarei pentito neppure se estirpassi dalla Realta completamente il volo spaziale,» disse.
«No?» esclamo Voy.
«A che cosa serve? Non dura mai piu di un millennio o due. La gente si stanca. I coloni ritornano a casa, le colonie vengono abbandonate e si estinguono. E poi, dopo quattromila o cinquemila anni, o quarantamila o cinquantamila, tentano di nuovo, e falliscono di nuovo. Il volo spaziale e uno spreco di ingegno e di fatiche umane.»
Voy disse, asciutto:
«Siete un filosofo.»
Harlan arrossi. A che serve parlare a questa gente? penso. Irato, cambio bruscamente argomento:
«Che cosa mi dite del Progettista di Vita?»
«Cosa devo dirvi?»
«Volete mettervi in contatto con lui? Ormai dovrebbe avere qualche risultato.»
Il Sociologo lascio passare sul suo viso un'ombra di disapprovazione, come se avesse voluto rimproverarlo della sua impazienza, ma si limito a dire, freddamente:
«Venite con me. Andiamo a vedere.»
La targhetta sulla porta dell'ufficio diceva «Neron Feruque», un nome che colpi lo sguardo e la mente di Harlan per la sua vaga somiglianza con quelli di due sovrani dell'area del Mediterraneo ai tempi del Primitivo. (Le sue discussioni settimanali con Cooper avevano acuito il suo interesse per il Primitivo, rendendolo quasi febbrile).
L'uomo, pero, non aveva alcuna somiglianza con i due defunti monarchi, almeno dalle descrizioni che Harlan ricordava di avere letto. Era un tipo magro, quasi cadaverico, con la pelle tirata su un viso ossuto dal lungo naso. Aveva le dita sottili e i polsi nodosi. Accarezzava il suo piccolo Addizionatore come la Morte muove la bilancia sulla quale pesa le anime.
Harlan fisso l'Addizionatore con occhi avidi. Era il cuore e il sangue di ogni Progetto di Vita, la pelle e le ossa, i muscoli e il tessuto connettivo e tutto il resto. Bastava inserire nell'apparecchio tutti i dati della storia di un individuo, e le equazioni del Mutamento di Realta; allora l'Addizionatore si metteva a borbottare, come se stesse ridacchiando perversamente tra se, per un periodo che poteva andare da un minuto a un intero giorno, e finalmente sputava dalla sua fessura le possibili vite parallele della persona esaminata, nella nuova Realta, con ogni possibilita elencata in esatto ordine di probabilita.
Il Sociologo Voy fece le presentazioni. Feruque, dopo avere fissato con visibile fastidio l'emblema del Tecnico, chino il capo, e non fece commenti.
Harlan domando:
«Il Progetto di Vita della donna e gia pronto?»
«No. Quando sara pronto, ve lo faro sapere.» Era uno di quelli che disprezzavano a tal punto i Tecnici da usare nei loro confronti dei modi palesemente villani.
«Non ve la prendete, Progettista.»
Feruque aveva delle sopracciglia bionde, cosi bionde da essere quasi invisibili. Aumentavano la sua rassomiglianza con un teschio. I suoi occhi parvero roteare in orbite vuote, ed egli disse:
«Eliminate le astronavi?»
Voy annui.
«Eliminate da un Secolo.»
Le labbra di Feruque si mossero, e formarono una parola.
Harlan incrocio le braccia e fisso duramente il Progettista di Vita, che alla fine abbasso lo sguardo, sconfitto.
Harlan penso: «Almeno lui sa che e anche colpa sua.»
Feruque si rivolse a Voy:
«Sentite, dato che siete qui, potete dirmi cosa accidenti devo fare per le richieste di siero anticancro? Non siamo l'unico Secolo dotato di anticancro. Perche siamo noi a ricevere tutte le richieste?»
«Tutti gli altri Secoli sono altrettanto affollati. Lo sapete.»
«E allora devono piantarla di mandarci le loro richieste.»
«E che ci possiamo fare, noi?»
«Calma. Lasciate che sia il Consiglio d'Ogniquando a decidere di rifiutarle.»
«Non ho alcun ascendente sul Consiglio.»
«Avete ascendente sul vecchio.»
Harlan ascolto quella conversazione senza alcun vero e proprio interesse. Per lo meno, gli serviva a tenere occupata la mente con problemi di scarsa importanza, a distrarlo dal gorgogliante Addizionatore che stava svolgendo il suo lavoro. Il «vecchio» doveva essere certamente il Calcolatore che dirigeva la Sezione.
«Ho gia parlato al vecchio,» disse il Sociologo. «E lui ha parlato al Consiglio.»
«Sciocchezze. Si e limitato a mandare un rapporto normale. E invece dovrebbe lottare: si tratta di una questione fondamentale.»
«Il Consiglio d'Ogniquando non e dell'umore piu adatto, in questi giorni, per decidere su problemi di questo tipo. Avete sentito anche voi quello che si dice in giro.»
«Oh, certo. Il Consiglio e impegnatissimo su qualcosa di enorme. Ogni volta che c'e da scaricare qualche responsabilita, arriva la voce, puntuale come un cronometro: il Consiglio e occupato su qualche progetto enorme.»
(Se Harlan ne avesse avuto il coraggio, a questo punto si sarebbe permesso un sorriso).
Feruque rimase pensieroso per qualche istante, poi esclamo:
«Il problema e che la gente non capisce che il siero anticancro non e qualcosa di simile alle semenze degli alberi o ai motori a energia. So benissimo che ogni seme d'erba deve essere esaminato e riesaminato per decidere sugli effetti che potra avere sulla Realta, ma l'anticancro comporta sempre una vita umana, e si tratta di un lavoro mille volte piu complicato.
«Non ne posso piu! Pensate a quante persone muoiono di cancro, ogni anno, in ogni Secolo che non possiede dei sieri anticancro di nessun tipo. E immaginate quanti sono i pazienti che desiderano morire. Cosi i governi Temporali di ogni Secolo continuano a inviare domande all'Eternita, per avere tante fiale di siero, per salvare tanti uomini la cui esistenza e essenziale per la loro civilta; e naturalmente allegano tutti i dati sugli individui da salvare.»
Voy si limito a un breve cenno di assenso.
«Lo so, lo so.»
Ma Feruque era troppo amareggiato per tacere.
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