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Arkadij Strugackij: Lo scarabeo nel formicaio

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Arkadij Strugackij Lo scarabeo nel formicaio

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Entrambi i rapporti erano scritti in stile “archivista” e, a mio parere, avevano forti affinità con i temi scolastici del tipo «come ho passato le vacanze dal nonno». Scrivere rapporti così è un piacere, ma leggerli è un tormento. Gli psicologi (seduti nel loro quartier generale) pretendono che i rapporti contengano non solo dati obiettivi sugli avvenimenti e i fatti, ma anche sensazioni soggettive, impressioni personali e il flusso della coscienza dell’autore. Secondo loro, lo stile del rapporto (“archivista”, “generale”, “artista”) non lo sceglie l’autore, ma gli viene imposto, viene regolato da misteriose considerazioni psicologiche. In verità, si tratta di menzogna, una menzogna imperdonabile, e di statistica, ma non dobbiamo dimenticare anche la psicologia!

Non sono uno psicologo, per lo meno non di professione, ma pensai che forse mi sarebbe riuscito di tirar fuori da questi rapporti qualcosa di utile sulla psicologia di Lev Abalkin.

Continuando a dare un’occhiata al contenuto della cartella, avevo intanto scoperto dei documenti assai simili, pressoché uguali e per me assolutamente incomprensibili: dei fogli azzurri di carta spessa con la rifilatura verde e con inciso nell’angolo in alto a sinistra un emblema, raffigurante qualcosa di mezzo fra un drago cinese ed uno pterodattilo. Su ciascuno di questi fogli, con la calligrafia ampia che già conoscevo, c’era scritto, a volte con la stilografica, a volte con il pennarello, e una volta chissà perché con la matita a elettrodi da laboratorio: «Tristan 777». In basso c’era la data e questa firma senza senso. Per quanto si potesse giudicare dalle date, questi fogli erano stati inseriti nella cartella dall’anno 60, approssimativamente una volta ogni tre mesi, per cui costituivano circa un terzo della cartella.

E ancora ventidue pagine occupava la corrispondenza intrattenuta da Abalkin con i suoi capi. Questa corrispondenza mi portò a fare alcune riflessioni.

Nell’ottobre dell’anno 63 Abalkin inviò al COMCON-1 una lettera in cui esprimeva, seppur timidamente, le sue perplessità per non essere stato consultato a proposito dell’operazione “Testone nel Cosmo”, nonostante che l’operazione avesse avuto successo e promettesse ricche prospettive.

Non si sa che cosa gli venisse risposto, ma nel novembre di quello stesso anno, Abalkin inoltrò a Komov una disperata richiesta di riprendere l’operazione “Testone nel Cosmo” e contemporaneamente un’aspra lettera al COMCON, in cui protestava contro il suo, di Abalkin, invio ai corsi di riqualificazione. (Facciamo notare che tutto questo avveniva stranamente in forma scritta e non secondo la prassi usuale.)

Come risulta chiaro dagli avvenimenti successivi, questa corrispondenza non produsse alcun effetto, e Abalkin fu mandato a lavorare su Higanda. Tre anni dopo, nel novembre del 66, scrisse di nuovo al COMCON da Pandora e chiese di essere inviato su Sarakš, in modo da continuare il suo lavoro con i Testoni. Questa volta la sua richiesta venne accolta, ma solo in parte: lo mandano sì su Sarakš, ma non al Serpente Azzurro, bensì ad Honti, come militante clandestino degli unionisti.

Durante i corsi di aggiornamento nel febbraio e nell’agosto del 67 scrive due volte al COMCON (a Bader, e poi addirittura a Gorbovskij), facendo notare quanto fosse inutile usarlo come residente, essendo lui un buon specialista di Testoni. Il tono delle sue missive diventa sempre più brusco; la lettera a Gorbovskij non saprei definirla in altro modo che offensiva. Sarebbe interessante sapere cosa rispose quel tesoro di Leonid Andreevič a questa esplosione di ira e di sprezzante indignazione.

E ancora da residente a Honti, nell’ottobre del 67, Abalkin manda a Komov la sua ultima lettera: un piano dettagliato di incremento dei contatti con i Testoni, che comprende lo scambio di regolari delegazioni, l’impiego dei Testoni nei lavori di zoopsicologia effettuati sulla Terra, eccetera, eccetera. Non mi sono mai occupato in modo particolare di questo settore, ma ho l’impressione che questo piano ora sia accettato e realizzato. E se è così, allora la situazione è paradossale: il piano viene realizzato, e il suo iniziatore ciondola ora ad Honti ora nell’Impero Insulare.

Nel complesso questa corrispondenza mi lasciò un’impressione penosa. Va bene, non sono uno specialista di Testoni, mi è difficile giudicare, è probabile che il piano di Abalkin sia banalissimo, e usare parole altisonanti come “iniziatore” non ha senso. Ma il problema non è questo, o perlomeno, non solo questo! Il ragazzo è chiaramente uno zoopsicologo nato. «Attitudini professionali: zoopsicologia, teatro, etnolinguistica… Indicazioni professionali: zoopsicologia, xenologia teorica…». E ciò nonostante fanno del ragazzo un Progressore. Non discuto, esiste un’intera classe di Progressori per i quali la zoopsicologia sia il pane quotidiano. Per esempio quelli che lavorano con i leonidiani o con gli stessi Testoni. Ma no, al ragazzo tocca lavorare con gli umanoidi, fare il residente, il combattente, nonostante che per cinque anni gridi a tutto il COMCON: «Che state facendo di me?». E poi si meravigliano che abbia l’esaurimento nervoso!

Certo, il Progressore è un tipo di professione per cui è indispensabile una disciplina ferrea, oserei dire militare. Il Progressore è costretto, sempre e comunque, a fare non quello che vuole lui, ma quello che gli ordina il COMCON. Per questo è un Progressore. E probabilmente il residente Abalkin è molto più prezioso per il COMCON dello zoopsicologo Abalkin. Tuttavia in questa storia si è in un certo qual modo passata la misura, e non sarebbe male parlarne con Gorbovskij o con Komov… E qualsiasi cosa abbia combinato questo Abalkin (ed è chiaro che qualcosa ha combinato), io sono dalla sua parte.

Comunque tutto questo, evidentemente, non ha niente a che fare con il mio compito.

Notai ancora che mancavano tre pagine numerate dopo il primo rapporto di Abalkin, due pagine dopo il secondo, e due pagine dopo l’ultima lettera di Abalkin a Komov. Decisi di non attribuirvi un significato.

1° giugno dell’anno 78. Quasi tutto sui possibili legami di Lev Abalkin

Compilai un elenco preliminare dei possibili legami di Lev Abalkin sulla Terra, e risultò che in questo elenco avevo in tutto diciassette nomi. Concretamente mi interessavano solo sei persone, e le elencai in ordine decrescente, secondo le probabilità (a parer mio, ovviamente) che Lev Abalkin le andasse a trovare. Questo era l’elenco:

l’insegnante Sergej Pavlovič Fedoseev

la madre Stella Vladimirovna Abalkina

il padre Vjačeslav Borisovič Ziurupa

l’istruttore Ernst-Julij Gorn

il medico osservatore della scuola dei Progressori Romuald Crasescu

il medico osservatore della scuola-internato Jadwiga Michailovna Lekanova.

Nel secondo gruppo rimasero Kornej Jašmaa, il Testone Ščekn, Jakob Vanderchuze e ancora cinque persone, dei Progressori. Per quanto riguardava persone come Gorbovskij, Bader, Komov, le aggiunsi più che altro pro forma. Rivolgersi a loro era infatti impossibile, perché non avrebbero bevuto nessuna storiella, e di raccontar loro la verità io non avevo il diritto, anche se essi stessi si fossero rivolti a me per questa faccenda.

In dieci minuti l’informatore mi diede le seguenti, poco consolanti informazioni.

I genitori di Lev Abalkin non esistevano, per lo meno non nel senso corrente della parola. Probabilmente non esistevano in assoluto. Più di quaranta anni prima Stella Vladimirovna e Vjačeslav Borisovič avevano fatto parte del gruppo Jormala, sull’astronave Tenebre, e avevano compiuto un’immersione al Buco Nero EN 200056. Non c’erano stati contatti con loro, e non ce ne potevano essere, considerate le conoscenze di allora. Lev Abalkin, a quanto pare, era il loro figlio postumo. Ovviamente, il termine “postumo” in questo contesto non è del tutto esatto: è infatti possibile che i suoi genitori siano vivi e che vivranno ancora milioni di anni secondo la nostra cronologia, ma dal punto di vista di un terrestre è la stessa cosa che se fossero morti. Non avevano figli, e prima di lasciare per sempre il nostro universo depositarono all’Istituto della vita un’ovocellula materna fecondata dal seme paterno, come hanno fatto prima di loro e dopo di loro molte coppie in una situazione simile. Quando fu chiaro che l’immersione era riuscita e che non sarebbero più tornati, la cellula venne attivata e Lev Abalkin venne alla luce: figlio postumo di genitori vivi. Perlomeno ora mi era chiaro perché nel foglio n. 1 i genitori di Abalkin non venissero nemmeno menzionati.

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