— Non sapevo cosa fare, così sono rimasto seduto lì, e la Signora Gaddson, questa persona davvero necrotica , è venuta e ha cominciato a leggermi dei pezzi della Bibbia che dicevano che quella era la volontà di Dio. Odio la Signora Gaddson — dichiarò con violenza improvvisa. — È lei quella che meritava di prendere l'influenza.
Le loro voci cominciarono a risuonare con sopratoni che echeggiavano contro e intorno agli alberi, per cui lui non avrebbe dovuto essere in grado di capire quello che dicevano, ma stranamente le parole erano sempre più limpide e distinte nell'aria fredda, tanto che pensò dovesse essere possibile sentirle fino ad Oxford, a settecento anni di distanza.
Di colpo pensò che Mary non era morta, che qui, in questo terribile secolo che era peggio di un livello dieci, lei non era ancora morta, e gli parve che quella fosse una benedizione superiore a qualsiasi elargizione avesse il diritto di aspettarsi.
— Ed è stato allora che abbiamo sentito la campana — disse Colin. — Il Signor Dunworthy ha detto che eri tu che stavi chiedendo aiuto.
— Ero io — replicò Kivrin. — Così non va bene, finirà per cadere.
D'un tratto Dunworthy si rese conto che i due erano smontati di nuovo ed erano fermi accanto all'asino, che Kivrin stava tenendo per le briglie.
— La dobbiamo mettere sul cavallo — affermò Kivrin, afferrandolo per la vita, — altrimenti finirà per cadere dall'asino. Avanti, scenda, l'aiuterò io.
Dovettero aiutarlo tutti e due, Kivrin circondandogli la vita in un modo che lui comprese dovette farle dolere le costole e Colin reggendolo in piedi quasi di peso.
— Se soltanto potessi sedermi per un momento — disse Dunworthy, che stava battendo i denti.
— Non c'è tempo — rispose Colin, ma lo aiutarono a raggiungere il lato del sentiero e lo misero a sedere contro una roccia.
Kivrin infilò una mano sotto la propria casacca e tirò fuori tre aspirine.
— Avanti, prenda queste — disse, porgendogliele sul palmo aperto della mano.
— Quelle erano per te. Le tue costole…
Lei lo guardò con fermezza, senza sorridere.
— Io starò bene — ribatté, e andò a legare lo stallone ai cespugli.
— Vuole un po' d'acqua? — chiese Colin. — Potrei accendere il fuoco e fondere un po' di neve.
— Va bene così — affermò Dunworthy, mettendosi le aspirine in bocca e inghiottendole.
Kivrin stava regolando le staffe del cavallo, fissando le cinghie di cuoio con mano esperta, e dopo averle annodate tornò da Dunworthy per aiutarlo ad alzarsi.
— Pronto? — chiese, mettendogli la mano sotto il braccio.
— Sì — rispose lui, e cercò di alzarsi in piedi.
— Farlo sedere è stato un errore — sentenziò Colin. — Adesso non riusciremo più a rimetterlo a cavallo.
Invece ce la fecero, sistemandogli il piede nella staffa e le mani intorno al pomo e issandolo su, e alla fine Dunworthy fui perfino in grado di aiutarli un poco, offrendo una mano in modo che Colin potesse salire in sella davanti a lui.
Aveva smesso di tremare, ma non era certo se questo fosse un buon segno o meno, e quando si rimisero in marcia, con Kivrin che li precedeva sobbalzando sul mulo e Colin che stava già ricominciando a parlare, lui si appoggiò contro la schiena del ragazzo e chiuse gli occhi.
— Così ho deciso che quando finirò le scuole verrò ad Oxford per diventare uno storico come te — stava dicendo. — Però non voglio andare nel periodo della Morte Nera, ma in quello delle Crociate.
Dunworthy ascoltò con gli occhi chiusi, appoggiato al ragazzo. Si stava facendo buio, erano nel medioevo, nei boschi, due malati e un ragazzo, mentre Badri, un altro malato, stava cercando di tenere la rete aperta e poteva avere lui stesso un'altra ricaduta. Nonostante questo non riuscì a provare né panico né preoccupazione. Colin aveva il localizzatore e Kivrin sapeva dove si trovava il sito. Sarebbe andato tutto bene.
Anche se non fossero riusciti a trovare il sito e fossero rimasti intrappolati lì per sempre, anche se Kivrin non lo avesse perdonato, adesso sarebbe andato tutto bene. Kivrin li avrebbe condotti in Scozia, dove la peste non era mai arrivata, e Colin avrebbe tirato fuori ami da pesca e una padella per friggere dal suo sacco dei trucchi e avrebbero pescato trote e salmoni. Forse avrebbero perfino trovato Basingame.
— Ho guardato i combattimenti con la spada nei video e so come guidare un cavallo — aggiunse Colin, poi di colpo gridò: — Fermo!
Nel dare quel comando tirò con decisione le redini indietro e verso l'alto e lo stallone si arrestò con il naso contro la coda dell'asino, che si era bloccato di colpo. Adesso erano sulla sommità di una collinetta in fondo alla quale c'erano una pozzanghera ghiacciata e una fila di salici.
— Spronalo — disse Colin, ma Kivrin stava già smontando di sella.
— Non andrà oltre, lo ha già fatto in precedenza — replicò. — Lui mi ha visto apparire. Credevo che si trattasse di Gawyn, ma era Roche — aggiunse, togliendo la briglia all'asino che immediatamente si diede alla fuga lungo lo stretto sentiero, nella direzione da cui era venuto.
— Vuoi montare? — domandò Colin, scivolando giù di sella.
— Mi fa più male montare e smontare che camminare — rifiutò lei, scuotendo il capo.
Il suo sguardo era fisso sulla collina successiva, coperta solo per metà di alberi e con la cima candida di neve. Doveva aver smesso di nevicare, anche se Dunworthy non se ne era reso conto, e adesso le nubi si stavano aprendo, rivelando un cielo di un pallido color lavanda.
— Credeva che fossi Santa Caterina — spiegò Kivrin. — Mi ha vista apparire, come lei temeva potesse succedere, ma ha creduto che fossi stata mandata da Dio per aiutarli nella loro ora del bisogno.
— E lo hai fatto, giusto? — ribatté Colin, dando un goffo colpo alle redini che indusse lo stallone ad avviarsi giù per il pendio, con Kivrin che camminava accanto ad esso. — Avresti dovuto vedere il disastro in quell'altro posto dove siamo stati. C'erano corpi dapertutto, e non credo che qualcuno li abbia aiutati — aggiunse, poi porse le redini a Kivrin. — Vado a vedere se la rete è aperta — gridò, mettendosi a correre. — Badri doveva aprirla ogni due ore.
E scomparve nel boschetto.
Kivrin fece fermare lo stallone in fondo alla discesa e aiutò Dunworthy a smontare.
— Sarà meglio togliergli sella e briglie — suggerì questi. — Quando lo abbiamo trovato era impigliato in un cespuglio.
Fra tutti e due riuscirono a slacciare il sottopancia e a togliere la sella, poi Kivrin sfilò anche le briglie e si protese ad accarezzare la testa dell'animale.
– Se la caverà — garantì Dunworthy.
– Forse — ribatté lei.
Colin sbucò dai salici in mezzo a una pioggia di neve.
– La rete non è aperta — annunciò.
– Si aprirà presto — replicò Dunworthy.
– Porteremo il cavallo con noi? — chiese Colin. — Pensavo che a uno storico non fosse permesso portare nulla nel futuro ma sarebbe grandioso se potessimo prenderlo. Potrei usarlo quando andrò alle Crociate. — E riattraversò con decisione il boschetto, spruzzando neve da tutte le parti. — Andiamo, gente, la rete si potrebbe aprire da un momento all'altro.
Kivrin annuì ed assestò una pacca sul fianco dello stallone, che si allontanò di qualche passo e si fermò, fissandoli con espressione interrogativa.
– Andiamo — ripeté Colin, da un punto imprecisato del boschetto, ma Kivrin non si mosse.
Si premette invece una mano contro il fianco.
– Kivrin — cominciò Dunworthy, avvicinandosi per aiutarla.
– Sto bene — disse lei, ritraendosi, e si aprì un varco nel groviglio di rami del boschetto.
Sotto gli alberi era già il crepuscolo e la fetta di cielo visibile fra i neri rami della quercia era di un azzurro lavanda. Colin stava trascinando un tronco caduto nel centro della radura.
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