Connie Willis - L'anno del contagio

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L'anno del contagio: краткое содержание, описание и аннотация

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Per la giovane Kivrin, che si prepare a studiare dal vivo una delle epoche più oscure della storia, regno della paura, della superstizione e di tremendi flagelli, viaggiare nel tempo è un'esperienza unica e affascinante, ma in fondo non troppo difficile: l'importante è prepararsi con cura e osservare scrupolosamente tutte le regole perché il suo improvviso arrivo nel XIV secolo risulti plausibile e, soprattutto, passi inosservato. Il resto è compito di una straordinaria tecnologia che rende possibile un simile trasferimento temporale. Tuttavia il suo viaggio nel Medioevo, dove l'esistenza quotidiana è un'avventura per la sopravvivenza e dove si sta scrivendo un nuovo libro dell'Apocalisse, sarà molto più che la realizzazione di un sogno.

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Colin però rimase cocciutamente fermo dove si trovava.

— Se è lei può anche dirmelo — insistette. — Posso sopportarlo.

Ma io non posso , pensò Dunworthy. Non posso sopportare di scoprire che è morta.

Si avviò per tornare verso la casa del castaldo appoggiandosi con una mano alla fredda parete di pietra della chiesa e chiedendosi come avrebbe fatto quando fosse giunto allo spiazzo del cortile.

Colin balzò al suo fianco, prendendolo per un braccio e scrutandolo con espressione ansiosa.

— Cosa succede? — chiese. — Sta avendo una ricaduta?

— Ho soltanto bisogno di un po' di riposo — replicò lui, e quasi senza averne l'intenzione aggiunse: — Kivrin indossava un vestito azzurro quando è venuta qui.

Quando è venuta. Quando si è distesa per terra e ha chiuso gli occhi, impotente e fiduciosa, ed è scomparsa per sempre in quella camera degli orrori.

Colin spalancò con una spinta la porta della baracca e aiutò Dunworthy ad entrare, sorreggendolo per un braccio con entrambe le mani. Lo stallone sollevò la testa da un sacco di avena.

— Non sono riuscito a trovare del fieno — spiegò Colin, — quindi gli ho dato l'avena. I cavalli la mangiano, vero?

— Sì — annuì Dunworthy, appoggiandosi contro alcuni sacchi, — ma non permettere che ne mangi troppa o si ingozzerà fino a scoppiare.

Colin si avvicinò a sacco e cominciò a trascinarlo fuori della portata dello stallone.

— Ha pensato che fosse Kivrin? — domandò.

— Ho visto il vestito azzurro — spiegò Dunworthy. — Il vestito di Kivrin era di quel colore.

Il sacco era troppo pesante per Colin e quando lui cercò di spostarlo tirando con entrambe le mani si lacerò lungo un lato lasciando sfuggire l'avena sulla paglia. Subito lo stallone si chinò a mangiarla avidamente.

— No, quello che volevo dire è che tutte quelle persone sono morte di peste, giusto? E lei era stata immunizzata, quindi non poteva prendere la peste. E di che altro sarebbe potuta morire?

Di questo , si disse Dunworthy. Nessuno poteva essere sopravvissuto a una cosa del genere, guardando bambini e neonati che morivano come animali e venivano ammucchiati nelle fosse per essere coperti di terra dopo essere stati trascinati fin là con una corda passata intorno al collo. Come poteva Kivrin essere sopravvissuta a tutto questo?

Colin era intanto riuscito a spingere il sacco fuori della portata dell'animale, lasciandolo cadere accanto ad un cofanetto prima di venire a piantarsi davanti a Dunworthy, con il respiro un po' affannoso.

— È certo di non avere una ricaduta? — domandò ancora una volta.

— Sì — ribadì lui, anche se stava cominciando a tremare.

— Forse è soltanto stanco — dichiarò Colin. — Riposi, io sarò di ritorno fra un momento.

Uscì, tirandosi dietro la porta della baracca. Lo stallone stava sbocconcellando l'avena che Colin aveva rovesciato per terra, mangiandola rumorosamente. Dunworthy si alzò in piedi, sorreggendosi alla rozza trave a cui era legato l'animale, e si avvicinò al cofanetto: i rinforzi di ottone si erano scuriti e il cuoio del coperchio aveva un piccolo buco, ma a parte questo era nuovo.

Si sedette accanto ad esso e aprì il coperchio: il castaldo lo aveva usato per riporvi i suoi attrezzi… dentro c'erano un rotolo di corda di cuoio e la testa arrugginita di un piccone. Il rivestimento di stoffa azzurra di cui Gilchrist aveva parlato nel pub era lacerato nel punto in cui la testa del piccone aveva sfregato contro di esso.

Colin rientrò trasportando un secchio.

— Le ho portato un po' d'acqua… sono andato a prenderla al ruscello — annunciò, posando il secchio e frugandosi in tasca per poi tirare fuori una bottiglietta. — Ho soltanto dieci aspirine, quindi non si può permettere una ricaduta troppo seria. Le ho rubate al Signor Finch. Ho rubato anche della sintamicina — continuò, facendosi cadere in mano due pastiglie, — ma ho avuto paura che non fosse stata ancora inventata, mentre ho pensato che dovessero avere l'aspirina.

Porse le due pastiglie a Dunworthy e gli avvicinò il secchio.

— Dovrà usare le mani per bere, perché ho ritenuto che le ciotole e le altre cose della gente di qui fossero probabilmente impregnate dei germi della peste.

Dunworthy inghiottì le aspirine e prelevò con le mani dell'acqua dal secchio per mandarle giù.

— Colin… — cominciò.

— Non penso che questo sia il villaggio giusto — lo prevenne il ragazzo, portando il secchio vicino allo stallone. — Sono entrato nella chiesa e la sola tomba che c'è là è quella di una dama. Siamo ancora troppo ad est — continuò, tirando fuori di tasca la mappa e il localizzatore. — Secondo me ci troviamo qui — precisò, indicando un punto sulla mappa di Montoya, — quindi se torniamo indietro per quell'altra strada e tagliamo verso est…

— Torneremo al sito — tagliò corto Dunworthy, alzandosi con cautela per non toccare la parete.

— Perché? Badri ha detto che avevamo a disposizione almeno un giorno e abbiamo controllato un solo villaggio. Ci sono un mucchio di villaggi qui intorno, e lei potrebbe essere in uno qualsiasi di essi.

Dunworthy slegò lo stallone.

— Potrei prendere il cavallo e andare a cercarla — suggerì Colin. — Potrei cavalcare in fretta e controllare tutti i villaggi per poi tornare ad avvertirla non appena l'avessi trovata, oppure potremmo suddividere i villaggi e controllarne metà per uno, stabilendo che chi dei due la trova faccia un segnale di qualche tipo… per esempio accendere un fuoco o qualcosa del genere, in modo che l'altro lo veda e lo raggiunga.

— È morta, Colin. Non la troveremo.

— Non lo dica! — esclamò Colin, con voce che suonò acuta e infantile. — Lei non è morta! Ha avuto la vaccinazione.

— Quello è il cofanetto che ha portato con sé — spiegò Dunworthy, indicando l'oggetto.

— E allora? — ritorse Colin. — Ci possono essere un sacco di cofanetti come quello, oppure è possibile che lei sia fuggita quando è giunta la peste. Non possiamo tornare indietro e lasciarla qui! Che farei se fossi io ad essermi perso e continuassi ad aspettare che qualcuno mi venisse a prendere senza che arrivasse nessuno?

Il naso stava cominciando a colargli.

— Colin — affermò Dunworthy, sentendosi impotente. — Certe volte si fa tutto il possibile e tuttavia non si riesce a salvare una persona.

— Come con la prozia Mary — precisò il ragazzo, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. — Ma non è sempre così.

Invece lo è , pensò Dunworthy.

— No, non sempre — convenne ad alta voce.

— A volte è possibile salvare una persona — insistette il ragazzo, cocciutamente.

— D'accordo — si arrese Dunworthy, tornando a legare lo stallone. — Andremo a cercarla, ma prima dammi altre due aspirine e lasciami riposare un poco in attesa che facciano effetto. Poi andremo a cercarla.

— Apocalittico! — esclamò Colin, afferrando il secchio e sottraendolo allo stallone che aveva ricominciato a bere. — Vado a prendere altra acqua.

Uscì di corsa e Dunworthy si riadagiò a sedere contro la parete.

— Per favore — mormorò. — Per favore, permettici di trovarla.

La porta si aprì lentamente e Colin apparve sulla soglia, delineato contro la luce dell'esterno.

— La sente? — chiese. — Ascolti.

Era un suono debole, soffocato dalle pareti della capanna, e c'erano lunghe pause fra i rintocchi… ma lui li sentì lo stesso con chiarezza. Si alzò e uscì fuori.

— Vengono da quella direzione — disse Colin, indicando verso sudovest.

— Prendi lo stallone — ordinò Dunworthy.

— È certo che sia Kivrin? Quella è la direzione sbagliata.

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