Robert Heinlein - La Luna è una severa maestra

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La Luna è una severa maestra: краткое содержание, описание и аннотация

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I Terrestri non sono capaci di scendere una rampa. Muoversi sulla Luna non è camminare, non correre, non è volare. È una specie di danza controllata, con i piedi che sfiorano appena il suolo per mantenere l’equilibrio. Un Lunare di tre anni lo fa istintivamente e scende saltellando dalle scale in caduta guidata, toccando terra ogni qualche metro.

Ma un Terrestre alla sua prima esperienza si trova invariabilmente a camminare per aria. Si agita, gira su se stesso, perde l’equilibrio e finisce per terra, illeso ma furibondo. I nostri nemici, invece, finirono per terra morti: era proprio sulle rampe che li avevamo fermati.

Quelli che vidi io avevano superato in qualche modo il primo scoglio ed erano riusciti a scendere vivi tre rampe. Ma di questi, solo pochi fucilieri appostati in cima alle rampe riuscirono a fare fuoco: i compagni che scendevano erano troppo occupati a tenersi in piedi, appoggiati alle loro armi, per cercare di raggiungere il livello inferiore.

I Lunari glielo impedirono. Uomini, donne e molti bambini li raggiunsero e li uccisero con ogni mezzo, addirittura con le mani o con le baionette degli stessi invasori. E poi, in quel punto, non ero il solo armato. C’erano anche due uomini di Finn che, appostati sul terrazzo di Bon Marche, fecero fuoco sui fucilieri in cima alla rampa. Nessuno aveva dato loro ordini e nessuno li guidava. Finn non aveva avuto modo di controllare la sua disordinata milizia, semiaddestrata. La battaglia infuriava e loro combattevano.

Ecco la ragione prima della nostra vittoria: combattevamo.

I Lunari non avevano mai visto una vera invasione. Ma dovunque facessero irruzione soldati terrestri, i Lunari accorsero come globuli bianchi… e combatterono. Nessuno gliel’aveva detto. La nostra debole organizzazione si sfaldò sotto l’attacco a sorpresa. Ma noi tutti, Lunari, ci battemmo come tigri e gli invasori morirono. Nessun Terrestre riuscì a scendere al di sotto del livello sei. Pare che nella Bottom Alley, all’ultimo livello, gli abitanti non si siano nemmeno accorti dell’invasione.

Anche gli invasori si batterono con coraggio. Queste truppe non solo erano truppe d’assalto, rotte a ogni astuzia, le migliori forze di pace che le Nazioni Federate avessero a disposizione, ma erano state sottoposte a indottrinamento e infine drogate. Scopo dell’indottrinamento era quello di far capire che l’unica loro speranza di tornare sulla Terra era di conquistare e pacificare le grotte. In caso di successo era stato promesso loro il ritorno immediato e l’esonero da ogni altro incarico sulla Luna. Ma si trattava di vincere o di morire, perché le navi, in caso di sconfitta, non sarebbero potute ripartire, dato che dovevano venir rifornite di massa reattiva, cosa impossibile a farsi senza aver conquistato la Luna (il che era vero).

Poi li avevano riempiti di stimolanti, di droghe che eliminano la paura e che avrebbero dato a un topo il coraggio di sputare negli occhi di un gatto; combatterono con grande entusiasmo, e senza paura… Morirono tutti.

A Tycho Under e a Churchill i Terrestri usarono il gas, e le perdite dalla nostra parte furono maggiori. Rimasero in piedi solo i Lunari che erano riusciti a mettersi in tempo le tute a pressione. Comunque, sia pure in un tempo maggiore, l’esito della lotta fu identico. Per fortuna non erano gas mortali, dato che l’Ente non aveva intenzione di sterminarci: voleva solo impartirci una lezione, ristabilire il potere e farci tornare al lavoro.

La ragione del lungo ritardo e dell’apparente indecisione delle Nazioni Federate era sorta dalla necessità di un attacco a sorpresa. L’attacco era stato deciso subito dopo il nostro embargo (così ci riferirono gli ufficiali catturati); utilizzarono l’intervallo di tempo per meglio preparare l’invasione: una lunga orbita ellittica per le astronavi, poi inversione di rotta e raduno dal lato opposto della Luna. Per questo Mike non era riuscito a vederli in tempo: da quella parte è cieco. Continuava a scandagliare il cielo con i radar balistici, ma non c’è radar capace di vedere al di sotto della linea dell’orizzonte.

Così ci avevano colto di sorpresa, senza tute a pressione e senza armi. Senza che noi lo sospettassimo, alle diciannove, ora di Greenwich, le forze di assalto delle Nazioni Federate erano sbarcate sulla Luna.

Ma per quanto i soldati invasori fossero stati sconfitti e uccisi fino all’ultimo uomo, c’erano ancora sei navi sulla superficie e l’ammiraglia che incrociava nel nostro cielo.

Finita la battaglia di Bon Marché mi ripresi e andai in cerca di un telefono. Non sapevo niente di Hong Kong e temevo per Prof. A Johnson City e Novylen avevano vinto. L’astronave scesa su Novylen si era rovesciata nell’atterrare, causando numerose vittime fra gli invasori, e i ragazzi di Finn si erano ormai impossessati della nave danneggiata. A Churchill e Tycho Under si continuava a combattere. Nelle altre grotte, tutto tranquillo. Mike aveva bloccato la Metropolitana e aveva interrotto ogni comunicazione telefonica ufficiale. Nella zona superiore di Churchill c’era una riduzione di pressione atmosferica e il guasto non era ancora stato riparato. Finn era rientrato alla base ed era raggiungibile per telefono.

Gli comunicai il punto di atterraggio dell’astronave di Luna City e gli diedi appuntamento alla porta stagna numero tredici.

Anche Finn si era trovato nelle mie stesse condizioni, colto di sorpresa, ma per lo meno lui indossava la tuta a pressione. Non era riuscito a mettersi in contatto con i corpi d’artiglieria per tutta la durata della battaglia e anche lui si era trovato a combattere isolato come me, nel massacro che c’era stato alla Vecchia Cattedrale. Stava cominciando ora a raggiungere i suoi uomini, e un ufficiale lo sostituiva al quartier generale di Bon Marché. Era riuscito a mettersi in contatto con il vicecomandante di Novylen, ma era preoccupato per la situazione a Hong Kong Luna… — Mannie, devo mandare degli uomini laggiù con la Metropolitana?

Gli dissi di aspettare. Gli invasori non potevano servirsi della Metropolitana per sferrare un nuovo attacco, nel caso che avessero vinto a Hong Kong, perché le fonti di energia per farla funzionare erano nelle nostre mani; d’altra parte, dubitavo molto che l’astronave atterrata a Hong Kong fosse in grado di sollevarsi e di attaccarci dall’alto. — Occupiamoci invece di questa astronave — dissi.

Uscimmo dalla porta tredici, attraversammo le gallerie coltivate di un mio vicino che non voleva credere che eravamo stati invasi, e dalla sua porta di superficie spiammo la posizione dell’astronave, immobile a circa un chilometro di distanza. Aprimmo cautamente la porta stagna e salimmo in superficie, protetti dalle rocce. Spingendoci avanti il più possibile senza essere scoperti, osservammo attentamente la zona con i binocoli degli elmetti e tornammo indietro a consultarci.

— Penso che i miei uomini ce la faranno — mi assicurò Finn.

— In che modo?

— Se te lo dico, troverai subito mille ragioni per cui il mio piano potrebbe non funzionare. Perciò, perché non mi lasci agire a modo mio?

Conosco molti eserciti in cui non si ordina al Comandante di stare zitto. La parola d’ordine è disciplina. Ma noi eravamo dilettanti. Finn mi permise di seguirlo… disarmato.

Impiegò un’ora a organizzare il piano e due minuti a metterlo in esecuzione. Dispose una dozzina di uomini intorno all’astronave, nascosti dietro le porte di superficie delle fattorie. Anche Finn prese posizione, e quando fu sicuro che tutti gli uomini erano ai loro posti, lanciò un bengala.

Nell’istante in cui il bengala colpiva la nave, tutti fecero fuoco contemporaneamente, ciascuno su un’antenna radio o su un radar prefissati. Finn finì la sua riserva di energia, la sostituì con una carica e cominciò a dirigere il raggio laser contro lo scafo: non contro il portello, contro lo scafo. Improvvisamente il suo bersaglio, un piccolo cerchio di metallo arroventato, fu colpito da altri due uomini, poi da tre, poi da quattro. Tutti miravano alla medesima lastra d’acciaio che all’improvviso si sciolse lasciando uscire con un sibilo l’aria dall’astronave.

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