Hal Clement - Strisciava sulla sabbia
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Per avere quindici anni scarsi, Robert Kinnaird aveva un cervello assai obiettivo.
Alla fine, con suo immenso sollievo, dalla curva comparve la jeep. Il ragazzo aspettò che scomparisse di nuovo, poi tornò alla sua piramide e tolse di tasca la scatola di fiammiferi. E allora rispose all’ultima domanda che il Cacciatore gli aveva fatto. «Vedrai, Cacciatore, non sarà difficile attirare mio padre verso l’incendio, perché io andrò a mettermi dentro la baracca.» Dicendo le ultime parole Bob tolse un fiammifero dalla scatola. A questo punto si aspettò di perdere l’uso degli arti. Se il Cacciatore non era l’individuo che aveva sostenuto di essere, non avrebbe permesso a Bob di accendere quel fiammifero. Per estrema cautela il ragazzo non si era mai messo in modo che l’ospite potesse vedere la finestra che si apriva nella parete posteriore della baracca, quindi avrebbe dovuto sentirsi veramente in trappola. Il ragionamento di Bob faceva acqua da diversi punti, e non teneva affatto conto della rapidità di riflessi che un delinquente come quello che gli era stato descritto doveva necessariamente possedere. Forse con maggior tempo a disposizione se ne sarebbe reso conto anche lui, ma non aveva avuto tempo.
Comunque poté accendere il fiammifero.
Si chinò e sfiorò con la fiamma la grossa pozza d’olio. Il fiammifero si spense.
Con mani tremanti, la jeep poteva comparire dall’angolo a ogni istante, ne accese un altro, e questa volta toccò il terreno in un punto dove l’olio aveva lasciato solo una debole traccia. Questa volta il combustibile prese fuoco con una spettacolare esplosione di fiamme, e un istante più tardi tutta la piramide bruciava.
Bob s’infilò nella baracca prima che le fiamme raggiungessero la pozza tra le latte e la porta, e si tirò indietro per sfuggire al calore soffocante, sbirciando la strada da una fessura.
Spero che tu sappia quello che fai , disse il Cacciatore. Se per caso ti mancherà il fiato sarò io quello che dovrà tener fuori il fumo dai tuoi polmoni! Dopo di che non interferì più con la vista del ragazzo.
Bob sentì la jeep prima ancora di vederla. Evidentemente il signor Kinnaird aveva notato il fumo e aveva premuto l’acceleratore. Sulla macchina non c’erano estintori capaci di aver ragione di un fuoco di quelle proporzioni e Bob si rese conto, mentre la macchina stava per superare la baracca, che l’intenzione del padre era di tornare su al cantiere per chiedere aiuto. A questo comunque c’era rimedio.
«Papà!» gridò con quanto fiato aveva. Non aggiunse altro. Se suo padre avesse concluso che lui era in pericolo, per Bob andava benissimo, però non voleva dire una bugia. Il ragazzo era sicuro che sentendo la sua voce venire, apparentemente, da dietro quell’inferno di fiamme, il signor Kinnaird avrebbe fermato la macchina e sarebbe corso a salvare il figlio. Bob sottovalutava la prontezza di riflessi e le risorse del padre. Lo stesso fece qualcun altro.
Appena sentita la voce di Bob, il signor Kinnaird sterzò di colpo a sinistra. Immediatamente Bob e il Cacciatore ne intuirono le intenzioni: voleva infilarsi per la porta con la macchina, che avrebbe offerto per qualche secondo un riparo sufficiente a lui e al figlio, e appena Bob fosse saltato a bordo, si sarebbe portato fuori da quell’inferno innestando la retromarcia. Un progetto semplice e ottimo. E aveva tutte le probabilità di riuscire, nel qual caso Bob e l’ospite avrebbero dovuto escogitare qualcos’altro, e studiare parecchie spiegazioni particolareggiate.
Fortunatamente, dal loro punto di vista almeno, un fattore estraneo s’incaricò di modificare la situazione. L’ospite del signor Kinnaird capì le sue intenzioni altrettanto rapidamente degli altri due spettatori, ma non trovò entusiasmante l’idea di andarsi a ficcare in mezzo a un falò, con il pericolo, magari, che da un momento all’altro la baracca crollasse sulla testa del signor Kinnaird e sulla sua.
La jeep era a una ventina di metri dalla parete di fiamme. Uomo e simbionte ne sentivano già il calore. Non c’era forza che potesse permettere al simbionte di costringere l’ospite a girare il volante della jeep e filare nella direzione opposta. E non c’era nemmeno il modo di fargli fermare la macchina, ma nella tensione del momento la creatura non lo capì. Comunque fece quello che gli parve meglio.
Il signor Kinnaird staccò una mano dal volante e se la passò sugli occhi, e il gesto disse ai due spettatori nascosti nella baracca quello che stava succedendo meglio di qualsiasi spiegazione. Ma il signor Kinnaird non aveva bisogno degli occhi per immaginarsi il figlio intrappolato in un inferno di fiamme, e la jeep non sterzò né rallentò. Resosi immediatamente conto che velare la vista non bastava, il simbionte passò ad altro, e a una decina di metri dalla baracca il signor Kinnaird si afflosciò sul volante.
Sfortunatamente per il suo ospite la jeep aveva ancora la marcia ingranata, cosa di cui si sarebbe accorto chiunque non fosse cieco alle faccende terrestri, e la macchina continuò la sua corsa deviando leggermente sulla sinistra. E finì contro la parete della baracca, a una dozzina di metri dalla porta. Il signor Kinnaird non si ruppe l’osso del collo solo perché nel momento in cui era stato colto dalla paralisi il suo piede era scivolato via dall’acceleratore. Le cose erano successe un po’ troppo in fretta per Bob, che preso di sorpresa dalla piega imprevista degli avvenimenti fu sul punto di perdere la testa.
Per complicare le cose una delle latte che Bob aveva collocato piene sulla piramide scelse quel momento per rotolare giù, e il liquido si sparse fino alla jeep prendendo fuoco. Allora il ragazzo si ricordò delle finestre posteriori. Girò su se stesso e corse alla più vicina urlando nel dialetto dell’isola: «Non ti preoccupare! C’è una finestra!» e sempre con in mano l’altra latta di olio sbucò all’esterno passando dalla stretta apertura. Aggirò rapidamente la baracca e quello che vide gli fece pensare di riadottare il progetto iniziale.
Il fuoco non aveva ancora raggiunto la jeep per quanto si stesse avvicinando in fretta, ma non furono le fiamme ad attirare l’attenzione di Bob.
Suo padre stava ancora ripiegato sul volante e accanto a lui, protetto dalla vampa del fuoco dal suo corpo, c’era qualcos’altro. Il Cacciatore non aveva mai permesso che Bob lo vedesse, ma il ragazzo non ebbe alcun dubbio sulla natura della massa gelatinosa che fluiva dalla manica della camicia dell’uomo paralizzato. Bob si riparò immediatamente dietro l’angolo della baracca, per quanto non avesse notato nessun occhio, e poi si sporse a sbirciare con cautela.
La creatura aliena emise un sottile tentacolo che raggiunse l’orlo del sedile e cominciò a scendere lungo il fianco della jeep, fino a toccare il suolo, e da quel momento la massa già a terra prese a ingrossare, mentre quella sul sedile diminuiva. Bob si preparò a entrare in azione.
Ci volle un minuto prima che tutta la creatura fosse ammucchiata sul terreno.
Nell’istante in cui l’alieno ruppe il contatto con la jeep, Bob scattò. Il Cacciatore si aspettava che il ragazzo versasse sulla creatura il contenuto della latta. Invece Bob degnò appena di un’occhiata l’extraterrestre, saltò sulla jeep, spinse da un lato il corpo del padre e messosi al posto di guida fece arretrare la macchina di una trentina di metri. Poi, e soltanto allora, si dedicò alla missione del Cacciatore.
Durante questa manovra il fuggitivo aveva potuto percorrere poca strada e aveva per lo più cercato di mettersi al riparo dal calore delle fiamme.
Adesso vide avvicinarsi Bob, e raccolto il proprio corpo in una massa sferica cominciò ad allungare diversi tentacoli in direzione dell’essere umano. La sua prima idea probabilmente era stata quella di servirsene almeno per allontanarsi da quella zona pericolosa. Poi dovette sentire la presenza del Cacciatore e per un attimo tentò di riprendere la fuga, ma resosi subito conto della sua velocità limitata tornò a raggrupparsi a forma di palla e Bob, ricordando quello che gli aveva detto il Cacciatore, comprese che la creatura cercava scampo sottoterra.
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