Lo portarono dentro. Una panca nella sala di attesa. Globi pubblicitari che galleggiavano in aria, lampeggiando il loro messaggio davanti alla sua faccia. Era intontito. Incapace perfino di pensare. Un flusso continuo di persone che gli passava accanto. Treni che arrivavano, partivano. Voci. Colori. Dopo un po’, gli tornarono le forze.
…Se cerchi di ritornare per farti ricondizionare, Macy, questo è quello che ti farò, e non soltanto una piccola stretta. Se sarà necessario ti bloccherò completamente il cuore. Posso farlo. So dove sono le connessioni nervose, adesso.
Ma in questo caso morirai anche tu , disse Macy.
…È vero. Se sarà necessario che io interrompa i processi vitali di questo corpo che condividiamo, moriremo entrambi. E allora? Non mi aspetto che tu ti suicidi per liberarti di me. Ma io sono perfettamente disposto a suicidarmi per impedire a te di liberarti di me, perché non ho altra scelta. Sono comunque un uomo morto, se metti piede dentro il Centro Riab. Perciò la mia è una minaccia definitiva. Stai lontano o peggio per te. Non sarebbe una cosa intelligente da parte tua vedere il mio bluff. Per amore di entrambi, non farlo.
Però mi aspettano per la terapia settimanale.
…Non andarci.
Fa parte della sentenza. Se non mi faccio vedere, ci sarà un mandato di cattura.
…Ce ne preoccuperemo quando verrà il momento. Nel frattempo, lascia perdere le sessioni terapeutiche.
Ma non possiamo condividere lo stesso corpo , protestò Macy. È folle. Non c’è posto per tutti e due.
…Non preoccuparti di questo. Troveremo una soluzione. Per il momento lo condividiamo, e sarà meglio che accetti l’idea. E adesso salta sul primo treno diretto in città. Portami lontano da quel fottuto Centro.
Di nuovo a casa, a metà mattina. La testa dolorante. Non il più piccolo segno di Hamlin lungo la via del ritorno. L’appartamento sembrava avesse subito una strana trasformazione durante le due ore di assenza: in precedenza era un luogo neutro, del tutto privo di connotazioni emotive; adesso una cella aliena e sinistra, stretta e repellente.
Il nuovo carattere oscuro dell’appartamento lo lasciò stupefatto. Le sue misteriose risonanze autunnali. Le ombre, dove prima non c’erano state ombre. Niente era veramente cambiato in esso. Lissa non aveva spostato i mobili né pitturato le pareti di un colore diverso. E tuttavia. Tuttavia, come appariva spaventoso adesso! Quanto si sentiva fuori posto in esso. La camera da letto a forma di L, il soffitto basso, il letto stretto contro una parete sottile; i lampadari antiquati appesi al soffitto, la tinta di un verde bilioso, stampe a buon mercato di Picasso, macchiate, una finestra stretta che mostrava macchie di luce solare e due striminziti alberi dall’altra parte della strada… che spettacolo tetro, squallido, deprimente! Davvero della gente viveva in posti come quello? Un bagno minuscolo con piastrelle rosa. Neanche una doccia ultrasonica, solo vasca lavandino e water arcaici. Una microscopica cucina-sala da pranzo, con tavolo, frigorifero, schermo telefonico, unità di smaltimento, forno, tutto incastrato. Almeno c’era un piccolo pulitore a ultrasuoni per i piatti sporchi. Un salottino, con un divano in plastica rossa, qualche libro, cassette, una video unità.
Una prigione per l’anima. Il nostro secolo impoverito: questo è quanto di meglio possiamo permetterci per gli esseri umani, dopo tante orge di spreco e distruzione. Durante le ultime due settimane quell’appartamento era stato il suo rifugio, il suo porto, il suo eremitaggio; se pensava a esso (cosa di cui dubitava), lo faceva con un certo affetto. Perché adesso lo disgustava? Dopo un momento, credette di capire. La sensibilità di Hamlin adesso si sovrapponeva alla sua. Le sofisticate percezioni dello scultore che filtravano al livello di Macy, nella mente divisa fra i due. Il disprezzo di Hamlin dell’appartamento condizionava la visione di Macy. Per Hamlin le proporzioni erano sbagliate, l’ambientazione squallida, la tessitura psicologica ripugnante, i colori orrendi. Macy ebbe un brivido. Visualizzò Hamlin come una specie di ascesso nel suo cervello, una pustola, inaccessibile e distruttiva.
Lissa era ancora a letto. Questo lo disturbò. L’etica protestante: dormire fino a tardi equivale a ripudiare la vita.
Ma non era addormentata. Si stirò pigramente, si sedette, strofinandosi gli occhi con le nocche. Uno sbadiglio. — Tutto a posto? — chiese.
— No.
— Cosa è successo?
Le raccontò dell’episodio alla stazione di Greenwich. Lui che si contorceva sulle piastrelle blu e bianche dell’atrio, con il fuoco nel petto. Hamlin che allegramente pizzicava l’arpa del suo sistema nervoso autonomo. Lissa ascoltò con occhi spalancati, la faccia seria, e alla fine disse: — Cosa intendi fare?
— Non ne ho la più pallida idea.
— Ma è spaventoso. Averlo dentro di te come un parassita. Un granchio nascosto nella testa. Come un cancro al cervello. Senti, forse se io chiamassi il Centro Riab…
Una contrazione di avvertimento da parte di Hamlin, in profondità.
— No — disse Macy.
— Potrei raccontare loro cosa è successo. Forse è già capitato altre volte. Forse conoscono qualche sistema per affrontarlo.
— Nell’istante in cui provassero a fare qualcosa — disse lui — Hamlin bloccherebbe il mio cuore. Lo so.
— Forse c’è qualche medicina che può stordirlo… Potrei fartela bere, in qualche maniera…
— Lui ci sta ascoltando, Lissa. Non credi che sia costantemente in guardia? Forse non ha neanche bisogno di dormire. Non possiamo correre rischi.
— Ma come fai ad andare avanti con qualcun altro dentro la tua testa, che cerca di prendere il controllo?
Macy ci pensò. — Cosa ti fa credere che stia cercando di prendere il controllo?
— Non è evidente? Rivuole indietro il suo corpo. Cercherà di tagliarti fuori, un blocco di nervi alla volta, finché di te non resterà niente. Ti butterà fuori, e così tornerà a essere Nat Hamlin.
— Ha detto che voleva solo condividere il corpo con me — mormorò Macy.
— E credi che gli basterà? Perché dovrebbe?
— Ma Nat Hamlin è un criminale. Legalmente non esiste neppure più. Se cercasse di tornare in vita…
— Oh, continuerebbe a usare l’identità di Macy — disse Lissa. — Solo che ricomincerebbe a scolpire, in un altro paese magari. Cercherebbe i suoi vecchi amici. Sarebbe il vecchio Hamlin, solo che il suo passaporto direbbe Macy, e… — Si arrestò. — Cercherebbe i suoi vecchi amici — ripeté. Parve esaminare l’idea da vari punti di vista. — Vecchi amici come me.
— Sì. Tu. — In un tono che lui stesso trovò spiacevole, ma che Macy trovò impossibile cambiare, disse: — Potrebbe perfino sposarti. Come aveva intenzione di fare una volta.
— Sua moglie è ancora viva, ne sono sicura.
— Quel matrimonio è stato legalmente dissolto quando è stato condannato alla riabilitazione — disse Macy. — È una cosa automatica. Tagliano tutti i legami. Ufficialmente non sarebbe Hamlin, anche se prendesse il controllo di questo corpo. Sarebbe Macy, e Macy è scapolo. Proprio così, Lissa. — Quella nota di crudeltà nella sua voce, ancora. — Finalmente potresti essere sua moglie. Quello che hai sempre desiderato.
Lei scosse la testa. — Non lo voglio più.
— Hai detto che l’amavi.
— Una volta l’amavo. Ma ti ho detto che è tutto finito adesso. Le cose che ha fatto. I crimini. Gli stupri.
— La prima volta che ci siamo incontrati — disse pesantemente Macy — quando ancora insistevi a chiamarmi Nat, hai detto chiaro e tondo che mi amavi ancora. Il vecchio io. Lui. L’hai ripetuto due o tre volte. Che ti mancava tanto. Che ti rifiutavi di credere che ci fosse qualcun altro nel suo corpo.
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