— Greenwich — disse la voce del computer, e il convoglio si arrestò dolcemente sul suo cuscino di aria compressa.
Il Centro Riab si trovava nella parte nord della città, nella vecchia zona residenziale, che grazie a ispirati e disperati piani regolatori era riuscita a resistere ai ghiacciai stritolanti del sovrappopolamento che avevano devastato la maggior parte dei sobborghi. Parecchie operazioni di ricostruzione e restauro erano state eseguite sul Centro stesso. L’edificio principale, una costruzione grigia in pseudo stile Tudor, alta tre piani, con soffitti a nervature in gotico-agenzia di cambio e vetrate piombate, era stato a metà del ventesimo secolo la residenza privata di qualche barone-brigante, uno speculatore in titoli petroliferi. Alla fine lo speculatore si era autospeculato ed era finito in bancarotta; la grande casa era stata trasformata nel quartier generale di un culto terapeutico che faceva molto affidamento sulla nudità permanente, e in quest’epoca erano state edificate le cinque cupole geodesiche in plastica che formavano un pentacolo gigante intorno all’edificio principale, per servire da solaria invernali. Liti interne e cause legali avevano distrutto il culto nel giro di cinque anni, e il posto era diventato una scuola secondaria di avanguardia, dove i rampolli dell’aristocrazia del Connecticut seguivano corsi in ginnastica copulatoria, traumi di polarità, e relatività sociale. I vari edifici annessi, provvisti di molti aggeggi elettronici, furono aggiunti durante questo periodo. La scuola era naufragata prima di arrivare all’ultima classe, e la contea, assumendo il possesso della proprietà per tasse arretrate, l’aveva rapidamente trasformata nel primo Centro Riab della metà occidentale dello stato, al fine di ottenere i fondi federali disponibili; il governo nazionale, ansioso di lanciare in fretta il programma Riab, era piuttosto prodigo delle sue magre risorse, allora.
Mentre uno percorreva il viale lungo un chilometro che conduceva all’edificio principale, poteva osservare le varie stratificazioni architettoniche che scandivano il passato del Centro, e se era dotato di immaginazione, poteva raffigurarsi il vecchio speculatore che faceva telefonate dal bordo della piscina, i fanatici salutisti che si arrostivano nei solaria, i giovani studenti che fornicavano in maniera elaborata sui prati, tutto quanto insieme, mentre attraverso i giardini alberati si aggiravano i candidati di oggi alla riabilitazione della personalità, sorridendo con aria assente alle voci negli auricolari che mormoravano il loro passato.
Macy non vide alcuna di queste cose, quel giorno, neppure il viale. Poiché, mentre sbucava dalla stazione del tubo al centro di Greenwich e si guardava intorno alla ricerca di un autotaxi che lo portasse al Centro, provò una sensazione molto simile a quella di un’accetta che gli piombasse fra le spalle, e cadde in avanti, intontito e annaspante, sul marciapiede. Per qualche minuto giacque semicosciente sulle eleganti piastrelle blu e bianche all’ingresso della stazione. Riprendendosi, riuscì ad alzarsi a quattro zampe, come un velocista ubriaco in attesa del colpo di pistola. Più di questo non poté fare. Alzarsi in piedi era al di là delle sue possibilità. Arrossato e sudato, aspettò che gli tornassero le forze, sperando che qualcuno lo aiutasse.
Nessuno lo fece. I pendolari aprirono diligentemente i loro ranghi passandogli a fianco. Come un masso in un torrente. Nessuno offre aiuto a un masso. Forse ci sono un sacco di epilettici a Greenwich. Non farti incastrare da uno di quelli. Maledetti scocciatori, fanno un sacco di smorfie, si mordono la lingua: come fa uno ad arrivare in tempo al lavoro, se si ferma ogni mattina ad aiutarli?
Macy ascoltò il tempo che batteva nel suo cervello. Un minuto, due, tre. Cosa era successo? Era la seconda volta nelle ultime diciotto ore che era stato randellato dall’interno. Hamlin?
…Puoi scommetterci il culo.
Cosa mi hai fatto?
…Solo una piccola contrazione del sistema nervoso autonomo. Sono seduto proprio qui e lo sto guardando. Un ammasso di fili e cordoni, il più fottuto casino che tu ti possa immaginare. L’ho appena toccato ed è andato in tilt.
Un’altra fitta di dolore fra le scapole.
Basta , disse Macy. Gesù, perché lo fai?
…Autoconservazione. Come hai detto tu prima, l’autoconservazione deve avere la precedenza sull’altruismo, giusto?
Riesci a sentire tutti i miei pensieri?
… Quanto basta. Quanto basta per sapere quando sono minacciato.
Minacciato?
…Sicuro. Dove stavi andando quando ti ho buttato a terra?
Al Centro Riab , ammise Macy.
…Esatto. E cosa avevi intenzione di fare, lì?
La mia terapia settimanale.
…Col cazzo. Avevi intenzione di dire ai dottori che ero tornato in vita.
E se anche fosse così?
…Non fare l’ingenuo. Volevi farmi cancellare di nuovo, vero? Vero, Macy?
Be’…
…Ammettilo!
Macy, accovacciato sulle piastrelle lucide, cercò di chiamare aiuto. Dalla bocca gli uscì un miagolio flebile. I pendolari continuarono a passargli accanto. Una flottiglia di ventiquattrore e terminali portatili. Per favore. Per favore. Aiutatemi.
Hamlin ancora:
…Ammettilo!
Lasciami stare.
Macy avvertì un’improvvisa esplosione di dolore dietro lo sterno. Come se una mano gli si fosse stretta attorno al cuore, per un attimo, con forza tremenda. Facendo impazzire le valvole, vuotando i ventricoli, bloccando l’aorta.
…Sto imparando a muovermi da queste parti, amico. Oggi so fare un sacco di cose che ieri non mi immaginavo neppure. Per esempio farti solletico al cuore. Non è una sensazione fantastica? E adesso prova a dirmi perché avevi tanta fretta di arrivare al Centro Riab, e sarà meglio che sia la risposta giusta.
Per farti obliterare di nuovo , confessò miseramente Macy.
…Sì. Sì. La sporca verità, alla fine! Meditavi il mio assassinio, vero? Io non ho mai ucciso nessuno in vita mia, sai, mi sono preso solo qualche libertà con il mio uccello, e tuttavia lo stato ha ritenuto opportuno condannarmi a morte…
Alla riabilitazione , disse Macy.
…A morte, replicò brutalmente Hamlin, dandogli uno strattone al tricipite destro per sottolineare il concetto. Mi hanno ammazzato e hanno messo qualcun altro nel mio corpo, solo che io sono tornato in vita, e tu volevi farmi uccidere di nuovo. Non è necessario dibattere molto sul significato della questione. Alzati, Macy.
Macy verificò con cautela le proprie forze, e scoprì che le gambe adesso lo reggevano. Si alzò molto lentamente, sentendosi incredibilmente fragile. Qualche passo barcollante. Le ginocchia che tremavano. La pelle sudata. Un senso di arsura alla gola.
…Adesso amico dobbiamo parlarci chiaro. Oggi non andrai al Centro Riab. Non ci andrai mai più, perché il Centro è un posto pericoloso per me, e perciò per tenertene lontano devo renderlo un posto pericoloso anche per te. Permetti che ti dia un assaggio di quello che ti succederà se ti avvicini di nuovo a meno di cinque chilometri dal Centro Riab. Solo un piccolo assaggio.
Ancora la mano che si stringeva intorno al suo cuore. Una stretta selvaggia. Fece cadere Macy un’altra volta. A poco a poco la stretta interiore si allentò, ma lo lasciò in preda alla nausea e alla debolezza, e un tuono terribile riverberava entro il suo petto. La guancia sulle piastrelle, scalciò in una frenesia di dolore. Questa volta la sua angoscia fu troppo visibile per venire ignorata, e venne afferrato dai passanti e rimesso in piedi.
— Sta bene? Un attacco?
— Per favore… vorrei sedermi…
— Ha bisogno di un dottore?
— Solo uno spasmo al petto… Mi è capitato altre volte…
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