Robert Silverberg - Il secondo viaggio

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Il secondo viaggio: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel mondo del prossimo futuro immaginato da Silverberg in questo romanzo, i criminali incalliti non vengono più condannati alla prigione ma mandati in particolari Centri di Riabilitazione, dove subiscono un trattamento di droghe che cancella come una spugna la loro personalità, lasciando un corpo con una mente vuota come quella di uno “zombie”. Su questa mente pulita come una lavagna, i terapisti del Centro di Riabilitazione costruiscono, con un paziente lavoro di anni, una nuova identità: una persona “fittizia”, dotata di un passato inventato ma dalle caratteristiche morali più salde di quelle della vecchia personalità. Paul Macy è una di queste persone “ricostruite”: il suo corpo apparteneva prima a Nat Hamlin, il più grande psico-scultore del mondo, un uomo di indubbio talento ma totalmente schiavo dei suoi istinti sessuali, al punto di diventare un inveterato stupratore nei sobborghi di New York.
Per i “ricostruiti” l’inserimento nella società non è facile, ma per Paul Macy le difficoltà si presentano fin dall’inizio quasi insormontabili: l’imbarazzo dato dalla notorietà di cui godeva la vecchia identità del suo corpo, il brusco incontro con Lissa, una ragazza telepatica con cui Hamlin aveva avuto una tempestosa relazione e soprattutto una serie di incubi ricorrenti in cui compare sempre la figura di Hamlin metteranno a dura prova la stabilità di Macy. E presto quello che appariva solo un incubo si trasformerà in realtà: la personalità di Hamlin non è stata affatto annullata ed ora torna all’attacco della mente di Macy con demoniaca violenza e con la precisa volontà di riprendersi il suo corpo.

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Era la prima volta, da quando era diventato Paul Macy, che andava a letto con una donna.

Oh, certo, gli avevano fornito una serie di ricordi. Probabilmente era stato Gomez a incaricarsi della programmazione, quel piccolo satiro. Che sognava per lui scopate fantasma. Un adeguato curriculum eterosessuale, senza dimenticare una piccola innocente omofilia giovanile. Eccolo con Jeanie Grossman, nella villetta sul monte Rainier. Sedicenni entrambi, le piccole tette fredde e dure nelle sue mani. I lunghi capelli neri di Jeanie tutti spettinati, le cosce strette strette contro la sua mano indagatrice. Oh no, no, Paul, non farlo, ti prego, non farlo, diceva, poi cominciava a respirare raucamente e a mormorare: Cerca di essere gentile, tesoro; proprio come dicono in quegli stupidi romanzi rosa da cui probabilmente Gomez aveva rubato la scena. Cerca di essere gentile con me, Paul, è la prima volta. Sopra di lei e dentro di lei, wham bang. Colpi rapidi, frenetici. È la prima volta anche per me. Ma non glielo dice. Jeanie Grossman che ansima nel suo orgasmo inaugurale, con la massa bianca del monte Rainier che sbircia da sopra la sua spalla. Ma naturalmente non era accaduto. Non a lui. A Gomez forse, molto tempo prima; forse Gomez aveva programmato la propria vita sessuale in tutte i suoi lavori di ricostruzione, per mancanza di immaginazione. Povera Jeanie, chiunque tu sia. Un centinaio di uomini diversi crede di avere avuto la tua verginità.

E c’era molto altro nel curriculum di Macy. La donna sposata, non più giovane, passata la trentina, che gli si era gettata addosso con improvvisa ferocia, quando aveva diciassette anni e vendeva enciclopedie, d’estate. Seduto accanto a lei sul divano, con tutte le sue carte sparse intorno, mentre diceva: Questo è un servizio esclusivo, la nostra presentazione visiva a tre dimensioni, e abbiamo la scelta fra sei rilegature in meravigliosi colori decorativi, e forse le può interessare il nostro nuovissimo sistema videotape, e mentre lui blatera, lei spazza via i depliant dal suo grembo e si tuffa sulla cerniera, e poi l’incredibile, devastante sensazione delle sue labbra che gli avvolgono l’uccello.

Il buon vecchio Gomez. E l’infermiera a Gstaad, che l’aveva sedotto mentre era ingessato. E la ragazza tedesca grassottella, che gli faceva usare l’ingresso di servizio. E quella con la biancheria di gomma e le fruste. E anche la gara di resistenza a Kyoto. E l’orgia sulla spiaggia di Herzlia. Il buon dottore gli aveva fornito un vasto repertorio di esperienze erotiche. Ma a che serviva? Non c’era niente di reale, almeno per quel che riguardava Paul Macy, perciò non poteva rivendicarlo come un bagaglio personale, più che se l’avesse preso da Henry Miller o dal divino marchese. Era privo di ricordi sessuali autentici. Perciò, in effetti, era sul punto di perdere la sua innocenza all’età di trentanove anni.

Ma mentre abbracciava il corpo esile e flessuoso di Lissa, comprese il valore di tutti quegli episodi immaginali trapiantati dentro di lui. Un vero vergine si sarebbe trovato di fronte a problemi anatomici, ai meccanismi della faccenda, al giusto angolo di ingresso, eccetera. Lui almeno sapeva dove trovare la porta di entrata. Conoscenze di seconda mano, forse, ma utili. Il Centro Riab non l’aveva mandato allo sbaraglio nel mondo.

C’era un piccolo problema, però. Non riusciva a farlo rizzare.

Lissa era pronta ed eccitata, ben lubrificata, e il suo strumento ancora lì afflosciato. Attraverso gli occhi socchiusi lei lo guardò, e aggrottò la fronte. I succhi che inacidivano e si coagulavano dentro di lei, mentre attendeva di essere riempita nel suo vuoto. Alla fine comprese la ragione del ritardo. Si rannicchiò contro di lui; una mano sullo scroto, un solletico leggero, molto abile. Ah. Sì. Un po’ di vento nelle vele, finalmente. Il vecchio familiare irrigidimento che non aveva mai sperimentato. Su. Su. Su. Adesso era proprio ritto a dovere. Girati un po’, infilati dentro di lei. Si sistemarono tutti e due. Lei si preparò a riceverlo. Lui si sentiva infiammato, pulsante.

Poi udì una risata dentro, e un voce fredda, maligna:

…Guarda un po’ questo, amico.

Sbocciando sullo schermo della sua mente, l’immagine di Lissa con le gambe larghe, su un altro letto e in un’altra stanza, e lui stesso… no, non lui ma Nat Hamlin, chino su di lei, che le afferrava le caviglie e se le appoggiava sulle spalle, e calava su di lei con itifallica vitalità. La penetrava. E mentre la consumazione interiore aveva luogo, Macy sentì la sua verga perdere veemenza. Di nuovo floscio; rattrappito, infantile, un pisellino invece di un uccello. Stancamente si lasciò andare sulla ragazza. Farlo era impossibile per lui adesso. Non con lui che guardava. Porto il mio pubblico in testa. Hamlin, fra un turbine di risate, stava ancora facendo affiorare scena dopo scena dalle sue senza dubbio reali esperienze, accoppiandosi con Lissa in questa e quella posizione: Lissa sopra, Lissa in ginocchio, l’intera biografia copulatoria della loro antica relazione, mentre Macy, impotente, le sue immagini fantasma di Jeanie Grossman e di tutte le altre spazzate via da quell’irresistibile incursione di realtà, giaceva intontito, singhiozzante e impotente aspettando che Hamlin la smettesse di tormentarlo.

Lissa non capiva cosa stava succedendo, soltanto che Macy aveva perso la sua erezione nel momento critico, ed era chiaramente sconvolto per questo. Le sue lunghe braccia sottili lo abbracciarono con affetto.

— Va tutto bene — sussurrò. — Hai avuto dei brutti momenti, e poi una cosa del genere può succedere a chiunque. Poi starai meglio. Riposati. Non importa. Va tutto bene. Va tutto bene. — Gli premette la guancia sul petto. — Cerca di dormire un po’. — Lui annuì. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi. Dal buio, la voce di Hamlin:

…Solo per farti sapere che sono ancora qui.

5

A un certo punto, durante la notte, doveva esserci stato un flusso di forza da lei a lui, perché si era addormentato mentre lei lo confortava, e venne svegliato dai suoi singhiozzi. La stanza era immersa nel buio; mancava ancora qualche ora al mattino, eppure gli sembrava di aver dormito abbastanza. Lissa gli rivolgeva la schiena, la spina dorsale ossuta che gli premeva sul petto; giaceva raggomitolata, le ginocchia contro il petto, tirando su col naso, e ogni trenta secondi circa emettendo un singhiozzo con la bocca aperta, che scuoteva il letto. Prima che potesse occuparsi di lei, doveva pensare alle condizioni della sua testa. Tutto sembrava a posto. Si sentiva riposato e rilassato. C’era un delizioso senso di solitudine fra le sue orecchie. Quando era in contatto con Hamlin sentiva un senso di confusione nel cervello, come se matasse di filo spinato venissero srotolate nel suo cranio. Niente di questo ora. Il suo alter ego era addormentato, o forse occupato in qualche altra regione. Macy appoggiò leggermente la mano sulla spalla di Lissa e la chiamò. Lei continuò a singhiozzare. La scosse leggermente.

— Cosa? — chiese lei, con voce confusa, lontana.

— Dimmi cos’hai.

Un lungo silenzio. Nessuna risposta. Era tornata ad addormentarsi? Si era mai svegliata?

— Lissa? Lissa, cosa c’è?

— Perché?

— Piangevi.

— Era un brutto sogno — disse lei, e Macy si rese conto che stava ancora dormendo. Si staccò da lui, assumendo una posizione ancor più fetale. Tirando un profondo respiro. Rumori di pianto. Lui l’abbracciò, le cosce contro le sue natiche, le labbra appena sopra le sue orecchie. La sua pelle era fredda. Tremava. — Mi insegue — mormorò lei. — Dieci braccia, come una piovra.

— Svegliati — disse lui. — Sparirà, se ti svegli.

— Come fai a esserne così sicuro?

E gli mandò il suo sogno, bene impacchettato. Da una mente all’altra, scivolando al suo posto come una cassetta nel registratore. Gesù. Un paesaggio lunare di cemento sbriciolato, vasto migliaia di chilometri, con un milione di crepe, fessure, crepacci. Non un edificio, non un albero, non un cespuglio visibili, soltanto questa pianura grigiastra di piatto selciato in rovina che ricopriva l’universo. Dall’alto una luce intensa, bianca, gioca sul cemento, cosicché i bordi sporgenti delle fessure gettano lunghe ombre nette. Soffia un vento gelido. Rumore di passi. Lissa appare a destra, nuda, senza fiato, correndo, i capelli al vento, i capelli verso il vento. La sua pelle pallida è cosparsa da dozzine di cicatrici rosse, circolari, come segni di suzione. E ora arriva il suo persecutore, con grande strepito. Nat Hamlin, sì, con la sua normalissima faccia anglosassone, dai tratti regolari, solo che ha otto, dieci, una dozzina di tentacoli che gli escono dalle spalle e si contorcono, tentacoli forniti di grosse ventose dentellate. Adesso è chiaro come Lissa si è procurata i segni rossi sul corpo. E un uccello lungo un metro che gli spunta davanti, come un bastone. I suoi piedi sono zampe da rana, grosse come stivali da neve. Thromp! Thromp! Thromp! Viene verso di lei a una velocità incredibile. Poi ci sono le voci. Della gente sta dicendo qualcosa su di lei in sanscrito, in ungherese, in basco, in hopi, in turco. Commenti maligni sui suoi seni. Osservazioni sprezzanti circa le ascelle non rasate. Un riferimento sferzante a un neo sulla chiappa sinistra. Ridono di lei in bengalese. Le offrono perversioni in polacco. Lei sente tutto. Capisce tutto. Hamlin adesso si è diviso a metà, un doppio inseguitore, e uno di questi in qualche maniera le è apparso davanti, e lei è intrappolata fra i due. Più vicino… più vicino… la impala davanti e dietro… lei urla…

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