Respingo questo sogno, pensò Macy. Non è un incubo necessario. Al diavolo.
— Svegliati — ripeté, a voce alta.
Svegliarla non fu cosa facile. Era sospesa in una strana dimensione intermedia, quasi una trance ipnotica, in cui era in grado di sentirlo e perfino di dargli delle risposte razionali, senza tuttavia rientrare veramente nel mondo della veglia. Persa nelle sue allucinazioni di orrore. Macy accese la luce. Erano le quattro e mezzo passate. Aveva dormito appena due ore. Eppure gli sembrava una notte intera. La fece sedere e le aprì gli occhi con le dita.
Lo guardò con occhi vitrei, come specchi che non vedevano nulla. — Lissa? Gesù, Lissa, svegliati! - Ondate di terrore le passarono sulla faccia. I piccoli gomiti appuntiti che affondavano nei fianchi, i pugni chiusi e stretti contro le clavicole. Singhiozzava ancora, inalando ed esalando rapidamente, come in preda al panico. Macy la tirò su dal letto e la spinse nel bagno. Toccò con il palmo il controllo della doccia. Una cascata computerizzata di acqua gelida. Sotto, ragazza. Un grido. Come se la stesse frustando. Ma si era svegliata.
— Dio mio — disse. — Ero in qualche altro posto.
— Lo so. Lo so.
— Mi riempie ancora la testa. Un milione di chilometri quadrati di selciato crepato. Lo vedo ancora. E quella fottuta luce bianca, in alto. E i tentacoli.
— Adesso è finita.
— No. È uscito dalla mia testa, vero? È ancora lì, come Nat Hamlin è nella tua. Sto impazzendo, Paul, non è evidente? Cristo, stringimi forte. Forse il polipo è reale, e questo è il sogno.
I denti le battevano. L’avvolse in un asciugamano e la riportò in camera. Aveva le guance in fiamme. Era in preda alla febbre. — Voglio solo nascondermi — disse. — Sparire dentro il mio cervello, capisci cosa voglio dire? Scappare in qualche mondo interiore dove nessuno può trovarmi. Dove non si sentano le voci.
Si infilò sotto le coperte, tirandosele sopra la testa. Un rigonfiamento dentro il letto, come un coniglio nella pancia di un serpente. Da sotto giunsero parole attutite. — Cosa ci succederà, Paul? Siamo pazzi tutti e due.
Macy si infilò nel letto accanto a lei, e d’improvviso lei gli si aggrappò con una tale feroce passione che lo fece restare senza fiato. Lo circondò con le braccia e le gambe, spingendo violentemente la pancia contro la sua, l’osso pubico che lo colpiva dolorosamente. Lo strinse come se volesse divorarlo. Da ragazzo, quando abitava a Seattle nella vita che non aveva vissuto, aveva visto una stella marina assalire un’ostrica, aprendo il guscio con le sue ventose, poi rivoltandosi tutta in maniera che il suo stomaco potesse uscire ed ingerire. Ripensò a quello mentre Lissa si contorceva contro di lui. Aspettando che qualcosa di lungo e viscido uscisse da lei e cominciasse a digerirlo. Grazie, dottor Gomez, per quella bellissima immagine. Anche tu odi le donne, bastardo fottuto?
— Paul — mormorava lei. — Paul. Paul. Paul. — Esclamazioni ritmiche. Con sua sorpresa scoprì che il suo membro si irrigidiva malgrado tutto, e con un solo rapido movimento lo infilò dentro di lei. Era calda e umida. Mentre la penetrava, si aspettava che Hamlin risalisse di nuovo alla superficie, per interferire, ma questa volta gli venne concessa l’intimità dei suoi genitali. Lissa gridò e venne quasi immediatamente. I suoi spasmi continuavano ancora mentre iniziavano quelli di Macy, un milione di anni dopo.
Si risvegliò alle sette e mezzo. Lissa sembrava profondamente addormentata. Hamlin era tranquillo, fece una doccia e andò nella piccola cucina-sala da pranzo. Prese il telefono, batté il codice per i messaggi differiti e lo istruì perché chiamasse la rete alle nove, dicendo che era ammalato e che non sarebbe andato al lavoro. Poi chiamò il Centro Riab e si fece spostare la sessione terapeutica delle quattro del pomeriggio al mattino. Non voleva perdere neanche un minuto per risolvere il problema Hamlin. — Vuole attendere in linea? — disse il computer del Centro, e lui aspettò, e due o tre minuti dopo la macchina si rifece sentire e disse: — Ho controllato l’agenda della dottoressa Iannuzzi, signor Macy, e le sarà possibile vederla alle nove del mattino. — La faccia del computer, sullo schermo del telefono, era quella di una bruna carina ed efficiente. — Bene — disse Macy, strizzandole un occhio.
Sbirciò in camera da letto. Lissa giaceva a faccia in giù, un braccio che penzolava sul pavimento. Russava lievemente. Be’, aveva avuto una notte faticosa. Programmò la colazione per sé.
Macy si chiese se il dottor Gomez sarebbe stato al Centro quel giorno. Gli sarebbe piaciuto vedere l’espressione sulla faccia del piccolo messicano quando l’identità che secondo lui doveva essere stata obliterata sarebbe riemersa nel suo cervello. Gli pareva di sentire ancora il vanitoso sproloquiare del dottore. "Se le dico che Hamlin è stato sradicato, è perché lo so." Sicuro. "Non perché sia un bastardo dalla testa dura." No, naturalmente no. "Nat Hamlin non esiste più." Se lo dici tu. "Hamlin esiste solo come concetto astratto." Come vuoi, tesoro mio. Come glieli avrebbe spiegati Gomez gli avvenimenti della notte appena trascorsa? Spero che Hamlin gli sputi in faccia. Con la mia bocca.
Pensava di sapere cosa era stato a riportare Hamlin in vita. Chi, cioè. Lissa. Queste sue facoltà telepatiche erano riuscite in qualche maniera a espellere il suo io dal limbo e a fornirgli un appiglio almeno parziale sul suo ex corpo. Ripensando ai i suoi rapporti con Lissa, Macy vide chiaramente cosa era successo. Quel primo giorno, esattamente due settimane prima, quando gli era venuta addosso per la strada, quel primo riconoscimento: Lissa che si rifiutava di vedere il distintivo Riab e lo chiamava con il nome di Nat Hamlin; proprio in quel momento, fin dall’inizio, aveva sentito un dolore lancinante, come se fosse stato Hamlin mentre il suo passato veniva sradicato, al Centro. E pochi minuti dopo la stessa esperienza, quando Lissa gli aveva afferrato il polso: quella sensazione di calore nel cervello, di una intrusione. Evidentemente erano le sue facoltà ESP che rimescolavano qualcosa dentro di lui. Provocando un momento di confusione, di doppia identità, in cui non era sicuro se era Hamlin o Macy. Probabilmente quello era stato il momento in cui il ritorno alla coscienza di Hamlin era stato stimolato. Quando ho avuto quella visione di me stesso nello studio di Hamlin, con Lissa in posa per me. E ho creduto di avere un attacco di cuore per la strada.
E poi? Quello stesso giorno, più tardi, quando per poco non sono svenuto davanti alla scultura nello studio di Harold Griswold: quello doveva essere Hamlin che lanciava un grido e faceva i salti dentro di me alla vista di qualcosa di familiare. Quella notte aveva avuto il primo dei suoi sogni di inseguimento. Hamlin libero nella sua mente, che gli dava la caccia. Poi? Quando Lissa aveva mandato la lettera in cui minacciava il suicidio, e in seguito l’aveva incontrata all’angolo della strada. Buon Dio, era successo solo il giorno prima? Lui le si era avvicinato, e c’era stata di nuovo quella sensazione di duplicità, la nausea, la confusione. Senza dubbio lei aveva dato ad Hamlin un altro colpetto. Più tardi, quando aveva cercato di andarsene, al ristorante, e lei gli aveva gridato di restare. Il voltaggio mentale di quel grido doveva essere stata la molla che aveva provocato il risveglio definitivo di Hamlin, fornendogli l’occasione per balzare al livello cosciente. Era rimasto così sconvolto dal grido telepatico di Lissa che Hamlin era stato in grado di impadronirsi di alcuni dei centri cerebrali, e aveva cominciato a parlargli. Era riuscito perfino ad assumere il comando dei muscoli facciali del lato destro, per un certo tempo. Non ha un controllo pieno e duraturo di niente: dopo un po’ scivola via, ma c’è. Colpa di Lissa. Naturalmente non ne aveva l’intenzione. Un assurdo incidente telepatico, ecco tutto. O forse non è del tutto casuale. Era Hamlin che lei amava; io sono solo un estraneo nel suo corpo. E se questo fosse il suo sistema per liberarsi di me e aiutarlo a tornare?
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