No.
Non voleva crederlo. Lei non aveva voluto riportare Hamlin alla coscienza. Ma era pur sempre responsabile. Adesso Macy doveva rimuovere nuovamente Hamlin. Dolore e tormento, presumibilmente. Dopo di che avrebbe fatto meglio a non avere più rapporti di alcun genere con Lissa. L’autoconservazione deve avere la precedenza sull’altruismo, giusto? Basta con Lissa.
Il Centro Riab era a Greenwich, appena dopo il confine col Connecticut. Dieci minuti di tubo a gravità da Manhattan Nord. Macy prese l’autobus fino alla fermata più vicina del tubo. Era una mattina grigia e nebbiosa, più da tardo autunno che da tarda primavera. Pendolari dalle facce tirate che correvano da una parte all’altra. La maggior parte che andavano nella direzione opposta, grazie a Dio. Continuavano a finirgli addosso, dandogli delle strane occhiate, poi proseguivano. Per più di una settimana si era sentito libero dall’ossessione che la gente lo guardasse sempre, ma questa mattina era tornata. Il distintivo Riab sembrava un faro che attirava l’attenzione di tutti. Annunciando: questo è un ex peccatore. Colpevole di azioni orrende. Dietro questa maschera normale si nasconde il cervello purificato di un famoso criminale. Lo riconoscete? Ricordate le notizie? Venite, dategli un’occhiata, ampliate la vostra esperienza di vita grazie a un momento di vicinanza con qualcuno che è stato sulla bocca di tutti. Garantito non pericoloso. Garantito rigenerato e redento dal peccato. Cammina, parla, soffre come un normale essere umano! Guardate l’ex mostro. Guardate! Guardate! Guardate!
— Greenwich — disse Macy con voce roca allo scanner, e batté il suo numero di conto. Dalla fessura uscì un biglietto di plastica con sottili filamenti d’oro. Stringendolo con forza, Macy raggiunse il marciapiede. Le porte della vettura erano aperte. Un sacco di posti vuoti. Ne trovò uno vicino alla parete. Non c’erano finestrini. La gente continuava a salire. Rimase seduto immobile, pensando il meno possibile. Galleggiando. Come il treno stesso, dentro il suo tubo, galleggiava in un tubo più grande su un cuscino di acqua di sessanta centimetri.
— Tutti in vettura — annuncia una voce computerizzata. Le porte a tenuta stagna si chiudono. Siamo sigillati. Scivoliamo, attraverso la camera pressurizzata. La valvola si apre. Davanti al treno, il vuoto quasi totale, dietro pressione completa. Il convoglio schizza nel tubo. Un sistema molto intelligente. Scarsa sensazione di moto, a causa del sistema di galleggiamento dinamico e delle ruote su cuscinetti. Il treno scivola silenziosamente verso est, spinto da astute forze pneumatiche, l’aria dietro al treno che diventa man mano più rarefatta, l’aria di fronte che viene compressa. Alla fine l’aria di fronte diventerà il nostro cuscino per la decelerazione. Nel frattempo anche la gravità ci spinge, lungo il tunnel leggermente in discesa. Fino a metà del tragitto, quando cominceremo ad alzarci e a rallentare. Come sono astuti questi ingegneri. Se solo potessi andare tutto il giorno nel tubo, avanti e indietro, a cinquecento chilometri all’ora. L’estasi della caduta libera. O quasi libera.
Macy sedeva con gli occhi chiusi. Nessun segno di vita da parte di Hamlin. Resta nascosto, bastardo criminale. Resta nascosto.
Non capiva come fosse possibile che Hamlin fosse tornato. Al Centro si era fatto un’idea abbastanza chiara del processo di riabilitazione, e da quello che ne sapeva non vedeva alcuna possibilità per una resurrezione spontanea o provocata di un’identità obliterata. Cos’è l’identità, dopo tutto, se non la somma di tutte le programmazioni che abbiamo ricevuto, a partire dalla pacca ostetrica che prendiamo sulla schiena? Ci forniscono un nome, un insieme di parenti, una visione strutturale della società, e una serie di esperienze di vita. E dopo un po’ dei meccanismi di feedback cominciano a funzionare, cosicché ciò che siamo già diventati dirige le nostre scelte formative, rinforzando i contorni dell’io esistente, creando gli atteggiamenti e le reazioni che noi e altri consideriamo "tipiche" dell’io. Bene. E questo accumulo di eventi e atteggiamenti è iscritto nel cervello, prima sotto forma di impulsi e schemi elettrici, mentre i ricordi a breve termine vengono accettati per l’immagazzinamento a lungo termine, sotto forma di catene di molecole complesse, registrate nella struttura chimica delle cellule cerebrali.
E così, per disfare il processo che crea l’identità, basta distruggere gli schemi elettrochimici mediante i quali questa identità è registrata. Qualche disturbo di frequenza, per prima cosa, che inibisca la trasmissione sinaptica e ridefinisca la maniera in cui gli elettroni saltano nel cervello. Poi, quando le difese sono abbattute, comincia l’attacco chimico. Un’iniezione di acetilcoline terminase per interferire con la fissazione mnemonica a breve termine. Una di derivati della puromicina per spazzar via le complesse catene di acido ribonucleico, RNA cerebrale, che mantiene i ricordi incisi in maniera permanente nel cervello. Poi, in fretta!, il sistema viene inondato di composti amnesio-induttori. La rete di esperienze e atteggiamenti viene spazzata via, lasciando il corpo una tabula rasa, un foglio bianco, senza identità, senza anima, senza ricordi. A questo punto viene immessa una nuova identità, a piacere. Costruire richiede più tempo che distruggere, naturalmente. Si comincia con un guscio vuoto che ha certe reazioni motorie basilari e nient’altro: sa come allacciarsi le scarpe, come soffiarsi il naso, come emettere segni articolati. A meno che il lavoro di cancellazione sia stato eseguito con zelo eccessivo, sa perfino parlare, leggere, scrivere, anche se probabilmente a livello di un bambino di sei anni. Adesso dategli un nome. Usando avanzate tecniche ipnagogiche, fornitegli una nuova biografia: qui sei andato a scuola, questa è tua madre, questo è tuo padre, questi erano i tuoi amici d’infanzia, questi erano i tuoi hobby. Non è necessario che sia cristallina nella sua consistenza; la maggior parte dei nostri ricordi sono in ogni caso confusi, e fra essi risalta qua e là un una scena più luminosa. Basta fornire al soggetto ricostruito un passato sufficiente a non farlo sentire disincarnato. Poi bisogna addestrarlo alla vita da adulto: dargli alcune competenze professionali, attitudini sociali, fargli sapere cosa è il sesso eccetera eccetera. Gli elementi periferici, leggere, scrivere, parlare, tornano più in fretta di quanto si possa immaginare. Ma la vecchia identità non ritorna mai , perché è stata colpita con cinquanta megatoni di bombe a frammentazione, è stata completamente distrutta. Fino al livello cellulare, tutto quello che formava quell’identità è stato lavato via dalle medicine.
A meno che. In qualche maniera. Annidate nei recessi cellulari tracce del vecchio io non riescano a sopravvivere, come la schiuma su uno stagno, una mera pellicola di identità demolita, e da questa pellicola, se si verificano le giuste circostanze, la vecchia identità riesce a ricostruirsi e a prendere comando del corpo. Quali sono le circostanze giuste? Nessuna, a dar retta a Gomez Co. Non esiste alcun caso noto di identità che riesca a ristabilirsi dopo che uno sradicamento ordinato dal tribunale è stato eseguito. Ma quanti soggetti ricostruiti sono stati esposti a ESP? Alla forza dirompente di un attacco telepatico diretto contemporaneamente alla vecchia e nuova identità? È una questione statistica. C’è un numero x di ricostruiti in circolazione, e un numero y di telepati. X è un numero molto piccolo, e y lo è ancora di più. Perciò quali sono le probabilità che x incontri y ? Così poche, a quanto pare, che questa è la prima volta in cui sia accaduto. E così, ho quel fottuto psicopatico di Hamlin che si aggira nel mio cervello. Perché proprio il mio?
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