“Tenendomi ben nascosto nella foresta, girai verso ovest per avere una vista migliore. E vidi qualcosa, dalla parte opposta, che era ancora più strano delle pitture. Vidi un recinto con alte pareti, grande quattro o cinque volte questo villaggio. I nildor non potevano averlo costruito da soli; potevano aver sradicato gli alberi, e averli trascinati con le proboscidi, ma dovevano essere stati aiutati dai sulidoror per raddrizzarli e ordinarli. Dentro il recinto c’erano degli animali dell’altopiano. A centinaia, di ogni forma e dimensione. Quelli grossi, con i colli di giraffa, che mangiano le foglie degli alberi, e quelli simili a rinoceronti, con le corna da cervo, e quelli timidi che sembrano gazzelle, e dozzine che non avevo mai visto prima, tutti ammassati insieme come in una fiera. I cacciatori sulidoror dovevano aver battuto la foresta giorni e giorni, per mettere insieme quello zoo. Gli animali erano inquieti e spaventati. E anch’io. Mi acquattai nel buio, in attesa, e finalmente tutti i nildor furono adeguatamente pitturati, e un rituale iniziò in mezzo al gruppo di danzatori. Cominciarono a gridare, soprattutto nella loro lingua antica, quella che noi non comprendiamo, ma anche in normale nildororu, e alla fine compresi cosa stava succedendo. Sai cos’erano quegli animali pitturati? Erano nildor che avevano peccato, nildor in disgrazia! Quello era il luogo dell’espiazione, la festa della purificazione. Ogni nildor che si fosse macchiato di qualche colpa nell’anno precedente doveva venire lì per purificarsi. Gundy, sai quale peccato avevano commesso? Avevano preso il veleno da Kurtz. Il vecchio gioco, quello che tutti facevano alla stazione dei serpenti: un sorso ai nildor, un sorso a te, e via con le allucinazioni. Quei nildor dipinti e danzanti erano stati tutti quanti attirati sulla cattiva strada da Kurtz. Le loro anime erano macchiate. Il diavolo terrestre aveva scoperto il loro punto debole, la tentazione a cui non sapevano resistere. E adesso eccoli lì che cercavano di purificarsi. L’altopiano centrale è il purgatorio dei nildor. Non ci vivono perché ne hanno bisogno per i loro riti, e ovviamente uno non pianta un normale accampamento in un luogo sacro.
“Danzarono per ore, Gundy. Ma non era quello il rito di espiazione. Era solo il preludio. Danzarono finché non rimasi stordito a forza di guardarli, i corpi rossi, le strisce scure, il rimbombo dei loro piedi, e quando in cielo non rimase alcuna luna, quando l’alba era vicina, cominciò la vera cerimonia. Assistetti a essa, e guardai entro il buio della razza, entro la vera anima nildor. Due vecchi nildor si avvicinarono al recinto e abbatterono a calci la porta, un’apertura di forse dieci metri, poi si ritrassero, e gli animali imprigionati corsero sulla pianura. Gli animali erano terrificati per tutto il rumore e la danza, e per essere stati rinchiusi, e cominciarono a correre in cerchio, senza sapere cosa fare o dove andare. E i nildor si buttarono su di loro. I pacifici, nobili, non-violenti nildor, capisci? Sbuffando, li calpestarono. Li infilzarono con le zanne. Li sollevarono con le proboscidi e li scagliarono contro gli alberi. Un’orgia di sangue. Mi sentii male, solo a guardare. Un nildor può essere una tremenda macchina di morte, con il suo peso, le zanne, la proboscide, le grosse zampe… erano come impazziti, privi di qualsiasi controllo. Alcuni degli animali riuscirono a fuggire, naturalmente. Ma la maggior parte venne intrappolata in mezzo al caos. Corpi straziati ovunque, fiumi di sangue, animali mangiatori di cadaveri che uscivano dalla foresta mentre la strage era ancora in corso. È così che i nildor espiano: peccato per peccato. È così che si purificano. L’altopiano è il luogo dove scatenano la loro violenza, Gundy. Abbandonano ogni ritegno e lasciano libera la bestia che è dentro di loro. Non ho mai provato un orrore tale come quando li ho guardati purificarsi l’anima. Tu sai quanto rispetto avessi per i nildor. Ancora ce l’ho. Ma vedere una cosa come quella, un massacro, una visione da inferno… Gundy, ero intontito dalla disperazione. I nildor non sembravano provare piacere nell’uccidere, ma neppure mostravano esitazione; lo facevano perché doveva essere fatto, perché quella era la forma della cerimonia, e non ci pensavano più di quanto Socrate pensava a sacrificare un agnello a Zeus, o un gallo a Esculapio. Era quello il vero orrore, credo. Guardai i nildor distruggere la vita per amore della loro anima, e fu come cadere in una botola, entrare in un nuovo mondo la cui esistenza non avevo mai neppure sospettato, un mondo oscuro sotto quello che conoscevo. Poi giunse l’alba. Il sole sorse, dorato, illuminando i corpi calpestati, e i nildor erano seduti calmi in mezzo alla carneficina, riposandosi, purificati, tutte le loro tempeste interiori placate. Era una scena di pace, incredibile. Avevano lottato con i loro demoni interiori e avevano vinto. Avevano superato tutti gli orrori della notte, l’incubo, e, non so come, erano davvero purgati e purificati. Non posso dirti come trovare la salvezza attraverso la violenza e la distruzione. È una cosa aliena per me, e probabilmente anche per te. Ma Kurtz sapeva. Aveva preso la stessa strada dei nildor. Era caduto. Caduto attraverso strati e strati di malvagità, godendo della sua corruzione, gloriandosi nella depravazione, e alla fine era ancora capace di giudicare se stesso e di trovarsi manchevole, e ritrarsi di fronte all’oscurità che trovò dentro di sé, e così andò in cerca della rinascita, e mostrò che l’angelo dentro di lui non era del tutto morto. Questo trovare la purezza passando attraverso il male… dovrai venirci a patti da solo, Gundy. Io non posso aiutarti. Tutto quello che posso fare, è raccontarti della visione che ho avuto quella mattina all’alba, accanto al campo di sangue. Guardai in un abisso. Sbirciai dal bordo e vidi dov’era andato Kurtz, dov’erano andati quei nildor. Dove forse andrai tu. Non me la sentii di seguirli.
“Poi quasi mi presero.
“Sentirono il mio odore. Mentre erano in preda alla frenesia, suppongo che non l’avessero notato, specialmente con centinaia di animali che emettevano odori di paura, nel recinto. Ma cominciarono ad annusare. Le proboscidi si alzarono e si mossero intorno, come periscopi. L’odore del sacrilegio era nell’aria. Il tanfo di un blasfemo spione terrestre. Annusarono per cinque, dieci minuti, e io rimasi nella giungla, ancora avvolto dalla mia visione, senza neppure rendermi conto lontanamente che stavano annusando me , e d’improvviso mi resi conto che sapevano che io ero lì, e scivolai nella foresta, fuggendo, e loro mi inseguirono. Dozzine. Riesci a immaginare cosa significa essere inseguiti nella foresta da una mandria di nildor infuriati? Ma io potevo infilarmi in posti troppo piccoli per loro, e riuscii a sfuggirgli. Corsi e corsi, finché caddi in mezzo ai cespugli, stordito, e vomitai, e mi riposai, poi li sentii battere la mia pista, e ricominciai a correre. Arrivai a una palude, e saltai dentro, sperando di far perdere il mio odore. Mi nascosi fra le canne, nell’acquitrino, mentre cose che non potevo vedere mi mordicchiavano da sotto. E i nildor circondarono l’intera zona. Sappiamo che sei lì, gridavano. Esci. Esci. Ti perdoniamo e vogliamo purificarti. Mi spiegarono tutto in maniera molto ragionevole. Avevo inavvertitamente (furono molto diplomatici, su questo punto!) assistito a una cerimonia che nessuno se non un nildor poteva vedere, e adesso era necessario cancellare quello che avevo visto dalla mia mente, il che poteva essere facilmente ottenuto con una semplice tecnica che non si curarono di descrivermi. Una droga, suppongo. Mi invitarono a venire e farmi cancellare un pezzo di mente. Non accettai, non dissi nulla. Continuarono a parlare, dicendo che non provavano rancore per me, che si rendevano conto che non era stata mia intenzione guardare la loro cerimonia segreta, ma dal momento che l’avevo vista, dovevano prendere dei provvedimenti, eccetera eccetera. Cominciai a strisciare a valle, respirando attraverso una canna vuota. Quando riemersi, i nildor mi stavano ancora chiamando, e adesso sembravano più arrabbiati, per quel che si poteva capire. Sembravano irritati per il fatto che mi fossi rifiutato di uscire. Non mi facevano una colpa per averli spiati, ma non accettavano che non volessi farmi purificare. Questa era la mia vera colpa: non che mi fossi nascosto fra i cespugli e li avessi guardati, ma che mi fossi rifiutato in seguito di sottopormi al trattamento. È per questo che ancora mi vogliono. Rimasi tutto il giorno nel ruscello, e quando si fece buio uscii e captai il segnale-vettore del mio scarafaggio, che era solo a mezzo chilometro di distanza. Mi aspettavo di trovarlo sorvegliato dai nildor, ma non era così, così montai e me la squagliai in fretta, atterrando da Seena a mezzanotte. Sapevo di non avere molto tempo. I nildor mi avrebbero cercato da un capo all’altro del continente. Le dissi cosa era successo, più o meno, presi delle provviste e partii per il paese delle nebbie. I sulidoror mi avrebbero dato rifugio. Sono gelosi della loro sovranità; blasfemo o no, lì sarei stato salvo. Venni in questo villaggio, esplorai il paese delle nebbie in lungo e in largo. Poi un giorno ho sentito il cancro nelle mie viscere, e ho capito che era finita. Da allora ho aspettato la fine, e la fine non è lontana.”
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