Anne McCaffrey - Volo di drago

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La trilogia dei «Dragonieri di Pern», di cui «Volo di Drago» è la prima parte, è uno dei più interessanti cicli narrativi che la fantascienza ha prodotto in questi ultimi anni nel suo sforzo di rinnovamento interno, tematico e stilistico; è il tentativo ad ampio respiro di creare «ex novo» una mitologia complessa e coordinata, che non sia un semplice adattamento di mitologie «terrestri».
Esso è dovuto ad un nome nuovo, lanciato da John Campbell sulle pagine di «Analog», Anne McCaffrey, che si rivela scrittrice sensibile, originale e dalle notevoli doti letterarie. Sia i lettori che i critici statunitensi hanno testimoniato illoro apprezzamento per quest’opera, i cui diversi capitoli sono apparsi in più riprese sulle riviste di Campbell: i primi assegnando il Premio Hugo 1968 per il miglior romanzo breve alla parte iniziale del romanzo; i secondi il Premio Nebula 1969 per la stessa categoria all’ultima parte di esso. Anne McCaffrey è stata così la prima donna a vincere i due massimi premi fantascientifici americani.

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Al di là del promontorio, il suolo scendeva in un pianoro coperto di giungle e di praterie, simile al Boll centrale. Cercarono per tutta la mattina, ma non riuscirono a trovare una montagna rocciosa, a pareti verticali, capace di ospitare un nuovo Weyr. Purtroppo, quello avrebbe potuto spiegare il fallimento futuro del tentativo, pensò Lessa.

Atterrarono, scoraggiati, su di un alto pianoro, nei pressi di un piccolo lago. Il clima era caldo ma non opprimente. Mentre i due esseri umani consumavano il pasto di mezzogiorno, i due draghi andarono a sguazzare nell’acqua.

Lessa era inquieta, e il pane e la carne non l’attiravano. Notò che anche F’nor era agitato, e lanciava sguardi furtivi attorno al lago, verso l’orlo della giungla.

«Che cosa stiamo aspettando? I wherry non attaccano, e i wher selvatici non si avvicinerebbero mai ad un drago. Mancano dieci Giri all’apparizione della Stella Rossa, e quindi non può esserci neppure un Filo.»

F’nor scrollò le spalle con un sorriso impacciato, mentre riponeva l’avanzo del pane nella bisaccia.

«Forse perché questo posto è così deserto,» disse, guardandosi intorno. Scorse i frutti maturi che pendevano da un tralcio di fiordiluna. «Quelli hanno l’aria di essere buoni da mangiare. Non dovrebbero sapere di polvere.»

Si arrampicò con agilità e colse un frutto rosso-arancio.

«L’odore è buono, e sembra maturo,» annunciò, tagliandolo. Porse la prima fetta a Lessa con un mezzo sorriso, ne tagliò un’altra per sé, la sollevò con aria di sfida. «Mangiamo e moriamo insieme!»

Lessa non poté trattenere una risata e ricambiò il gesto. Affondarono i denti nella polpa succolenta. Il succo dolce colò agli angoli della bocca di Lessa, che si affrettò a leccarsi le labbra per catturare fino all’ultima goccia quel liquido delizioso.

«Se non altro, moriremo felici,» gridò F’nor, tagliando altre fette del frutto.

Rassicurati dall’esito dell’esperimento, ripresero a discutere il senso di disagio che provavano.

«Secondo me,» suggerì F’nor, «è la mancanza di una parete rocciosa e delle caverne, e il silenzio che regna in questo posto. E il sapere che non c’è nessuno, qui intorno, tranne noi.»

Lessa annuì, approvando.

«Ramoth, Canth… non vi sconvolge l’idea di non avere un Weyr?»

Noi non siamo mica vissuti sempre nelle grotte , rispose Ramoth con una certa alterigia, rigirandosi nell’acqua. Le piccole onde create dai suoi movimenti si spinsero fino a riva, sfiorando Lessa e F’nor che si erano seduti sul tronco di un albero caduto. Il Sole qui è caldo e gradevole, e l’acqua è fresca. Mi piacerebbe molto stare qui, ma non mi ci volete lasciare.

«È seccata,» bisbigliò Lessa a F’nor. «Lascia questo posto a Pridith, cara,» disse in tono suasivo alla regina. «Tu hai il Weyr e tutto il resto.»

Ramoth si immerse nell’acqua, lanciando sbuffi di schiuma per tutta risposta.

Canth ammise che non aveva nulla in contrario a vivere senza un Weyr. La terra asciutta era più calda della pietra e ci si poteva dormire benissimo, dopo aver scavato per formare una depressione adatta. No, non avrebbe affatto rimpianto la mancanza della grotta, purché ci fosse abbastanza da mangiare.

«Faremo portare del bestiame,» disse F’nor, pensieroso. «Quanto basta per mettere in piedi una bella mandria numerosa. Certo, i wherry, qui, sono enormi. Ora che ci penso, questo pianoro non ha vie d’uscita. Non deve essere necessario recintarlo. Comunque controllerò. Per il resto, c’è il lago e spazio sufficiente per costruire abitazioni per gli esseri umani. Mi sembra l’ideale. Basta uscire e allungare la mano per prendere la colazione dagli alberi.»

«Forse sarà opportuno scegliere persone che non siano cresciute nelle Fortezze,» aggiunse Lessa. «Si sentirebbero a disagio, lontano dalla protezione delle alture e delle mura.» Rise, brevemente. «Sono schiava dell’abitudine più di quanto credessi. Questo spazio aperto, deserto e silenzioso, mi sembra… indecente.» Rabbrividì un poco, scrutando la vasta pianura che si estendeva al di là del lago.

«A me sembra un posto ricco e incantevole,» la corresse F’nor, alzandosi per cogliere altri frutti rosso-arancio. «E questa roba è squisita. Non ricordo di averne mai assaggiata di così buona neanche a Nerat, eppure è della stessa varietà.»

«Innegabilmente, è migliore della frutta che arriva al Weyr. Nerat, temo, si serve per prima, e lascia gli avanzi al Weyr.»

Ripresero a mangiare, avidamente.

Quando ricominciarono l’esplorazione, scoprirono che il pianoro era isolato e abbastanza ampio per allevarvi un’enorme mandria di bestiame destinato a servire come cibo ai draghi. Terminava in un brusco salto affacciato sulla giungla più fitta, da una parte, e dall’altra finiva alla scarpata che portava al mare. I grandi alberi avrebbero fornito la materia prima per costruire abitazioni per gli esseri umani. Ramoth e Canth erano concordi nell’affermare che i draghi si sarebbero trovati a loro agio sotto il pesante fogliame della giungla.

Poiché quella zona del continente aveva un clima molto simile a quello della parte alta di Nerat, non vi sarebbe mai stato un caldo eccessivo, né un freddo troppo intenso.

Tuttavia, mentre Lessa era piuttosto contenta di andarsene, F’nor appariva riluttante a ripartire.

«Possiamo passare in mezzo nel tempo e nello spazio, al ritorno,» insistette alla fine lei. «Saremo al Weyr nel tardo pomeriggio. A quell’ora, sicuramente, i Signori se ne saranno andati.»

F’nor si decise, e Lessa si preparò ad affrontare il trapasso nel mezzo. Si chiese perché quando si trattava di spostamenti nel tempo, passare in mezzo la sconvolgeva assai più di quando si trattava di spostamenti geografici, dato che per i draghi, invece, non c’era alcuna differenza. Ramoth percepì il suo avvilimento e cantilenò per incoraggiarla. Il lunghissimo intervallo tenebroso nel freddo assoluto, nel mezzo , si concluse improvvisamente nella luce del Sole, al di sopra del Weyr.

Un po’ sorpresa, Lessa vide fardelli e sacchi ammucchiati davanti alle Caverne Inferiori; i dragonieri sovrintendevano al carico dei rispettivi animali.

«Che cosa succede?» chiese F’nor.

«Oh, F’lar aveva previsto un risultato positivo,» lo tranquillizzò Lessa in tono disinvolto.

Mnementh, che stava assistendo alle operazioni di carico dal cornicione dell’alloggio della regina, trasmise ai due esploratori un saluto e l’annuncio che F’lar li pregava di raggiungerlo immediatamente.

Lo trovarono, come al solito, chino su alcune pergamene delle Cronache , tra le più vecchie e illeggibili che aveva portato nella Sala del Consiglio.

«Dunque?» chiese, rivolgendo ai due un ampio sorriso di benvenuto.

«Il Continente Meridionale è verde, lussureggiante e ospitale,» dichiarò Lessa, fissandolo con attenzione. Lui sapeva anche qualcosa di più. Bene, si augurava che sapesse misurare le parole. F’nor non era uno sciocco, e quella precognizione era pericolosa.

«È proprio quello che speravo di sentirvi dire,» proseguì calmo F’lar. «Venite, spiegatemi in tutti i particolari quello che avete osservato e scoperto. Sarà un piacere riempire gli spazi vuoti di questa carta.»

Lessa lasciò che fosse F’nor a fare il rapporto. F’lar ascoltò con attenzione sincera, prendendo appunti.

«In previsione che il risultato dell’esplorazione fosse positivo, avevo incominciato a far preparare le provviste e ad avvertire i cavalieri che dovranno accompagnarti,» disse a F’nor, quando questi ebbe finito di parlare. «Ricorda, abbiamo solo tre giorni, in questo tempo, per rimandarti indietro di dieci Giri. Noi non abbiamo altro tempo a disposizione. E dobbiamo avere molti altri draghi adulti, pronti a combattere a Telgar fra tre giorni. Quindi, mentre per te saranno passati dieci Giri, qui trascorreranno tre giorni soltanto. Lessa, avevi ragione di pensare che le persone più adatte sono quelle cresciute nelle fattorie. Per fortuna, i candidati dragonieri che abbiamo rintracciato durante l’ultima Cerca per i futuri figli di Pridith provengono quasi tutti da famiglie artigiane e contadine. E in buona parte quei trentadue ragazzi non hanno passato i quindici anni.»

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