La sua voce era diventata stridula e isterica. F’lar la schiaffeggiò con forza, l’afferrò per scrollarla.
L’espressione stordita e tragica di Lessa lo spaventò. L’indignazione sbollì. L’indipendenza indomabile della mente e dello spirito di quella ragazza l’attraeva non meno della sua strana, cupa bellezza. Per quanto i suoi modi fossero esasperanti, costituivano una parte troppo vitale della sua personalità perché fosse giusto esorcizzarli. Quella volontà indomita aveva subito una scossa tremenda, quel giorno, ed era meglio rinsaldare in fretta la sua fiducia in se stessa.
«Al contrario, Lessa,» disse F’lar, in tono severo. «Fax avrebbe comunque sterminato i tuoi familiari. Aveva fatto i piani con molta cura, aveva programmato l’attacco all’alba, quando c’era di sentinella alla Torre un uomo disposto a lasciarsi corrompere. Ricorda, poi, che era l’alba, e il wher da guardia, un animale notturno che non vede nella luce del giorno, in quel momento viene sollevato dalla sua responsabilità, e lo sa bene. La tua presenza, per quanto ti possa sembrare inopportuna, non è stata affatto il fattore determinante. Anzi, e ti prego di notare questo fatto importantissimo, ti ha permesso di salvare te stessa bambina. Non lo capisci?»
«Avrei dovuto gridare,» mormorò lei; ma l’espressione frenetica era scomparsa nei suoi occhi, e le labbra stavano riacquistando una parvenza di colore normale.
«Se vuoi continuare a torturarti per queste colpe presunte, accomodati,» disse F’lar, con voluta insensibilità.
Ramoth s’intromise lanciando un pensiero: poiché loro due erano state là, la prima volta, quando gli uomini di Fax preparavano l’invasione, ormai era fatta, e quindi, come si potevano cambiare gli avvenimenti? L’azione era inevitabile, sia in quel giorno che oggi. Altrimenti, come avrebbe potuto sopravvivere, Lessa, per arrivare al Weyr e compiere lo Schema di Apprendimento di Ramoth al momento della Schiusa?
Mnementh trasmise scrupolosamente il messaggio di Ramoth, imitando persino le sfumature egocentriche della regina. F’lar fissò intento Lessa, per scrutare l’effetto di quelle osservazioni.
«È proprio tipico di Ramoth, volere l’ultima parola,» disse la giovane donna, con un’ombra della sua abituale ironia.
F’lar sentì che i muscoli del collo e delle spalle cominciavano a rilassarglisi. Lessa si sarebbe ripresa, decise, ma era meglio indurla a dire tutto subito, per inquadrare l’intera esperienza nella prospettiva esatta.
«Hai detto che ci siete state due volte?» F’lar si sistemò sul letto, osservandola attento. «Quando è stata la seconda?»
«Non indovini?» chiese lei, sarcastica.
«No,» mentì F’lar.
«E quando, se non in quell’alba, quando mi sono svegliata sentendo che la Stella Rossa era una minaccia, per me?… Tre giorni prima che tu e Fax arrivaste da Nord-Est.»
«Si direbbe,» osservò lui, asciutto, «che entrambe le volte la tua premonizione sia stata tu stessa.»
Lei annuì.
«Hai avuto altri presentimenti come quelli… o forse dovrei dire avvertimenti?»
Lessa rabbrividì, ma gli rispose in un tono che già le era più abituale.
«No. Ma se dovessi averli, sarai tu ad andare. Io non voglio.»
F’lar sogghignò maliziosamente.
«Comunque,» aggiunse lei, «vorrei sapere come e perché è potuto succedere.»
«Non ho mai trovato accenni a nulla di simile,» rispose lui, sinceramente. «Certo, se tu l’hai fatto… ed è innegabile che l’abbia fatto,» si affrettò a rassicurarla, non appena lei cominciò a protestare indignata, «è evidente che si può fare. Dici che hai pensato a Ruatha, ma l’hai visualizzata com’era in quel particolare giorno. Un giorno memorabile, certamente. Hai pensato alla primavera, prima dell’alba, senza la Stella Rossa… sì, ricordo che hai accennato a questo particolare. Quindi bisognerebbe ricordare riferimenti tipici di un giorno significativo per ritornare in mezzo nel passato.»
Lessa annuì lentamente, pensosa.
«La seconda volta hai usato lo stesso metodo, per tornare alla Ruatha di tre Giri fa. E anche allora, ovviamente, era primavera.»
F’lar si fregò le mani, poi le batté sulle ginocchia, e si alzò.
«Torno subito,» disse, e uscì dalla stanza, ignorando il grido di avvertimento di lei, quasi inarticolato.
Ramoth si stava raggomitolando nella sua grotta, quando le passò accanto. Notò che il suo colore rimaneva bellissimo, nonostante le energie sprecate nell’attività di quel mattino. Lo guardò, con un occhio sfaccettato già velato dalla palpebra interna.
Mnementh attendeva il suo cavaliere sul cornicione; decollò non appena questi gli fu balzato sul collo. Salì in grandi cerchi, librandosi sopra la Pietra della Stella.
Tu vuoi provare il trucco di Lessa , disse il drago, per nulla turbato al pensiero dell’esperimento.
F’lar accarezzò affettuosamente il grande collo incurvato. Hai capito come hanno fatto Ramoth e Lessa?
Chiunque può capirlo , rispose Mnementh, con l’equivalente di una scrollata di spalle. A quando stai pensando?
Prima di quell’istante, F’lar non ne aveva avuto la più vaga idea. Adesso, infallibilmente, i suoi pensieri lo portarono indietro, fino al giorno d’estate in cui il bronzeo Hath di R’gul aveva preso il volo per accoppiarsi con la grottesca Nemorth, e R’gul era diventato Comandante del Weyr succedendo a F’lon, il padre di F’lar.
Solo il gelo del mezzo gli fece capire che il trasferimento si era compiuto; erano ancora librati sopra la Pietra della Stella. F’lar si chiese se avevano fallito. Poi si accorse che il sole era in un’altra parte del cielo, e l’aria era quella, calda e dolce, dell’estate. Il Weyr, sotto di loro, era vuoto. Non c’erano draghi che prendevano il sole sui cornicioni, né donne affaccendate nella Conca. Un miscuglio di rumori invase i suoi sensi: risate rauche, grida, strilli, e un suono sommesso, cantilenante che dominava quel frastuono.
Poi, dalla direzione delle caserme dei giovani, nelle Caverne Inferiori, emersero due figure: un ragazzo e un giovane drago bronzeo. Il braccio del giovane giaceva inerte lungo il collo dell’animale. Dall’alto, i due osservatori ricevettero l’impressione di un totale avvilimento. I due andarono a fermarsi accanto al lago; il ragazzo guardò le calme acque azzurre, poi alzò gli occhi verso la grotta della regina.
F’lar riconobbe quel ragazzo che era lui stesso, e la compassione l’invase. Se avesse almeno potuto rassicurare quel giovane, straziato dal dolore, pieno di risentimenti, se avesse potuto promettergli che un giorno sarebbe diventato Comandante del Weyr…
All’improvviso, sbalordito dei propri pensieri, ordinò a Mnementh di ritornare. Il freddo assoluto del mezzo lo colpì in pieno volto, e quasi immediatamente fu sostituito dal normale freddo dell’inverno, quando riemersero.
Lentamente, Mnementh si diresse in volo verso la grotta della regina, turbato quanto F’lar da ciò che aveva visto.
Levatevi alti in gloria,
bronzo ed oro.
Tuffatevi allacciati
ed esaltate il Forte.
Conta tre mesi e più
cinque calde settimane,
un giorno di gloria e poi,
in un mese, chi cerca?
Un filo d’argento
nel cielo…
Nel caldo, tutto affretta,
ed ogni tempo vola.
«Non so perché tu abbia chiesto a F’nor eli dissotterrare queste cose ridicole, nel Weyr di Ista,» esclamò Lessa, in tono esasperato. «Non sono altro che banalissimi appunti sulle misure di grano adoperate per fare il pane ogni giorno.»
F’lar alzò lo sguardo dalle Cronache che stava studiando e la fissò; sospirò e si appoggiò alla spalliera della sedia, stiracchiandosi con energia.
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