Anne McCaffrey - Volo di drago

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La trilogia dei «Dragonieri di Pern», di cui «Volo di Drago» è la prima parte, è uno dei più interessanti cicli narrativi che la fantascienza ha prodotto in questi ultimi anni nel suo sforzo di rinnovamento interno, tematico e stilistico; è il tentativo ad ampio respiro di creare «ex novo» una mitologia complessa e coordinata, che non sia un semplice adattamento di mitologie «terrestri».
Esso è dovuto ad un nome nuovo, lanciato da John Campbell sulle pagine di «Analog», Anne McCaffrey, che si rivela scrittrice sensibile, originale e dalle notevoli doti letterarie. Sia i lettori che i critici statunitensi hanno testimoniato illoro apprezzamento per quest’opera, i cui diversi capitoli sono apparsi in più riprese sulle riviste di Campbell: i primi assegnando il Premio Hugo 1968 per il miglior romanzo breve alla parte iniziale del romanzo; i secondi il Premio Nebula 1969 per la stessa categoria all’ultima parte di esso. Anne McCaffrey è stata così la prima donna a vincere i due massimi premi fantascientifici americani.

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Ma, mentre lei osservava, vagamente turbata, scorse una figura uscire dalla cucina, vide il wher da guardia strisciare fuori dal covile e seguire quella persona coperta di stracci attraverso il Cortile, per quanto glielo permetteva la catena. Vide la figura salire sulla Torre, guardare prima verso Est, poi verso Nord. Neppure quella era la Ruatha del presente! La mente di Lessa vacillò, disorientata. Questa volta era tornata a visitare la se stessa di tre Giri prima, a vedere la sudicia sguattera che tramava la vendetta contro Fax.

Sentì il freddo assoluto del mezzo , mentre Ramoth tornava indietro, emergendo ancora una volta al di sopra della Pietra della Stella. Lessa tremava. I suoi occhi assorbirono frenetici la vista rassicurante della Conca del Weyr. Si augurò di non essere tornata di nuovo indietro nel tempo. Mnementh irruppe all’improvviso nell’aria un poco più in basso e un poco più indietro di Ramoth. Lessa l’accolse con un grido di intenso sollievo.

Torna nel tuo alloggio! Il tono di Mnementh non cercava neppure di nascondere una furia incandescente. Lessa era troppo snervata per rispondere; obbedì immediatamente. Ramoth planò rapida sul suo cornicione, e si affrettò a lasciar libero lo spazio perché atterrasse anche Mnementh.

La rabbia che fiammeggiava sul volto di F’lar quando questi balzò dal collo di Mnementh e avanzò verso Lessa le restituì bruscamente la presenza di spirito. Non cercò di sfuggirgli, quando lui l’afferrò per le spalle e la scrollò con violenza.

«Come osi rischiare così te stessa e Ramoth? Perché devi sfidarmi ogni volta che ne hai l’occasione? Ti rendi conto di quello che accadrebbe a Pern se perdessimo Ramoth? Dove sei andata?» Sibilava per la rabbia, e sottolineava ogni domanda con uno scrollone che ogni volta quasi le scardinava il collo.

«Ruatha,» riuscì a dire Lessa, cercando di tenersi eretta. Aveva teso le mani per afferrargli de braccia, ma lui la scrollò di nuovo.

«Ruatha? Ci siamo stati. Tu non c’eri. Dove sei andata?»

«Ruatha!» Lessa gridò più forte, aggrappandosi disperatamente a lui perché continuava a farle perdere l’equilibrio. Non riusciva a riordinare i propri pensieri.

È andata davvero a Ruatha , disse con fermezza Mnementh.

Ci siamo state due volte , aggiunse Ramoth.

Le parole calme dei due draghi penetrarono attraverso il furore di F’lar, che smise di scrollare Lessa. Lei restò abbandonata, inerte nella sua stretta, afferrandosi alle sue braccia con le mani deboli, ad occhi chiusi, grigia in volto. F’lar la sollevò e si diresse a passi svelti verso la grotta della regina, seguito dai draghi. La depose sul letto, avvolgendola nella coperta di pelliccia. Poi chiamò nel pozzo di servizio, ordinando al cuoco di turno di mandare su un po’ di klah bollente.

«E va bene, cos’è successo?» domandò poi.

Lessa non lo guardava, ma F’lar riuscì a cogliere l’espressione allucinata del suo sguardo. Sbatteva le palpebre come se cercasse di cancellare ciò che aveva visto.

Finalmente lei riuscì a controllarsi e disse con voce stanca e sommessa: «Sono andata a Ruatha. Solo… sono tornata indietro a Ruatha.»

«Indietro? A Ruatha?» F’lar ripeté le parole, stupidamente, senza comprenderle.

Sicuro , fece Mnementh, e comunicò ala mente di F’lar le due scene che aveva colto nella memoria di Ramoth.

Sconvolto dal significato di quella visualizzazione, F’lar si lasciò cadere lentamente sull’orlo del letto.

«Sei passata in mezzo nel tempo?»

Lessa annuì, con un gesto lento. Il terrore cominciava a svanire dai suoi occhi.

«In mezzo nel tempo,» mormorò F’lar. «Mi chiedo se…»

La sua mente esaminò fulminea le varie possibilità. Forse questo avrebbe fatto inclinare in modo decisivo i piatti della bilancia, per quanto riguardava la sopravvivenza del Weyr. Non riusciva a pensare con esattezza al modo di sfruttare quella facoltà straordinaria; tuttavia doveva costituire un vantaggio, per loro.

Si udì un rombo nel pozzo di servizio. Prese la caraffa dalla piattaforma e riempì due boccali.

A Lessa tremavano tanto le mani che non riuscì a portarsi il suo alle labbra. F’lar l’aiutò, chiedendosi se passare in mezzo nel tempo provocasse invariabilmente uno shock di quel genere. In tal caso, non sarebbe stato un vantaggio. Se Lessa si era spaventata abbastanza, quel giorno, forse la prossima volta non avrebbe più ignorato i suoi ordini: e per lui sarebbe stato un bene.

Dalla grotta della regina, Mnementh gli comunicò sbuffando la sua opinione in proposito. F’lar non gli badò.

Lessa tremava violentemente. Lui la cinse con un braccio, stringendo la coperta di pelliccia attorno a quel corpo sottile. Le accostò il boccale alle labbra, costringendola a bere. Sentì i tremiti attenuarsi, poco a poco. Lessa traeva lunghi respiri lenti e profondi tra una sorsata e l’altra, decisa a riprendere il suo autocontrollo. F’lar la lasciò andare nel momento in cui la sentì irrigidirsi sotto il suo braccio. Si chiese se lei avesse mai avuto qualcuno da amare. Certo, non dopo che Fax aveva invaso la sua Fortezza. Aveva solo undici anni a quel tempo: una bambina. L’odio e la vendetta erano stati gli unici sentimenti possibili, quando era cresciuta?

Lessa riabbassò il boccale, stringendolo con cura tra le mani, come se avesse assunto, per lei, un’importanza indefinibile.

«Avanti. Racconta,» ordinò F’lar, con calma.

Lei trasse un altro profondo respiro e cominciò a parlare, stringendo le dita attorno al boccale. Il turbamento interiore non era diminuito: era soltanto sotto controllo.

«Ramoth ed io eravamo stanche di questi esercizi puerili,» ammise, candidamente.

F’lar riconobbe, con rabbia, che se anche quell’avventura poteva averle insegnato ad essere più prudente, non l’aveva di certo indotta all’obbedienza. Cominciava a pensare che nulla potesse riuscire a tanto.

«Le ho trasmesso l’immagine di Ruatha, per andarci.» Non lo guardava: il suo profilo spiccava contro la pelliccia scura della coperta. «La Ruatha che conoscevo così bene… per caso, mi sono trasportata indietro nel tempo, al giorno dell’invasione di Fax.»

F’lar, adesso, poteva comprendere il suo turbamento.

«E ho visto me stessa…» La voce le si spense. Riprese, con uno sforzo. «Avevo visualizzato, per Ramoth, la fine delle fosse delle pietre focaie e l’angolo della Fortezza, come si vede dall’alto, guardando nel Cortile interno. Siamo emerse lì. Era appena l’alba…» alzò il mento in uno scatto nervoso. «… e in cielo non c’era nessuna Stella Rossa.» Lanciò a F’lar una rapida occhiata difensiva, come se si aspettasse di sentirlo contestare quel dettaglio. «E ho visto gli uomini che strisciavano oltre le fosse, e calavano scale di corda verso le finestre più alte della Fortezza. Ho visto la sentinella della Torre che guardava. Guardava e basta.» Strinse i denti al pensiero del tradimento, con uno scintillio malevolo negli occhi. «E ho visto me stessa fuggire dalla Sala nel covile del wher da guardia. E sai,» proseguì, abbassando la voce in un bisbiglio amaro, «sai perché il wher da guardia non ha dato l’allarme alla Fortezza?»

«Perché?»

«Perché c’era un drago nel cielo ed io , Lessa di Ruatha, ero la sua guida.» Scagliò via il boccale come se avesse voluto scagliare lontano da sé anche quella certezza. «Perché io ero là, il wher da guardia non ha dato l’allarme alla Fortezza, pensando che l’intrusione fosse legittima, poiché una del Sangue era sul collo di un drago, nel cielo. Quindi…» Il suo corpo s’irrigidì, le mani si serrarono strettamente, fino a che le nocche sbiancarono. « Io sono stata la causa dello sterminio della mia famiglia. Non Fax! Se oggi non mi fossi comportata come una sciocca, non sarei stata là con Ramoth, e il wher da guardia avrebbe…»

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