— Sono sbalordito — commentò Burton. — E anche contento per lui. Ma io ho altre mete da raggiungere, e vorrei che tu mi promettessi di non rivelare a nessuno la mia vera identità. Lascia che io continui ad essere Abdul ibn Harun.
Collop rispose che avrebbe mantenuto il silenzio. Però gli dispiaceva, aggiunse, che Burton non potesse rivedere Goering e giudicare da sé in che modo la fede e l’amore fossero in grado di operare perfino nell’essere apparentemente più corrotto e irrecuperabile. Poi condusse Burton nella propria capanna e lo presentò alla moglie, una brunetta dal corpo minuto. Questa accolse l’ospite con estrema cordialità, e volle accompagnare a tutti i costi i due uomini nella loro visita al capo locale.
Ville Ahonen era un uomo colossale, che parlava con molta calma. Ascoltò pazientemente Burton, il quale, rivelando solo metà del suo progetto, disse che voleva costruire un’imbarcazione per navigare fino al termine del Fiume. Burton non accennò al fatto che intendeva poi procedere oltre, ma era chiaro che Ahonen aveva già incontrato dei tipi come lui.
Sorrise con aria d’intesa, rispondendo che Burton poteva costruirsi la sua imbarcazione. C’era un fatto, però: gli abitanti di quella regione erano piuttosto conservatori, e non volevano che la loro terra fosse spogliata degli alberi. Querce e pini non si potevano toccare; però era disponibile il bambù, e Burton l’avrebbe avuto in cambio di sigarette e liquori.
Questo significava un certo tempo di attesa, necessario per accumulare mediante il rifornimento del graal il quantitativo richiesto. Burton ringraziò e se ne andò. Più tardi si coricò in una capanna vicina a quella di Collop, ma non riuscì a prender sonno.
Un po’ prima che arrivasse l’inevitabile pioggia decise di lasciare la capanna. Si sarebbe diretto alle montagne, riparandosi sotto una cengia finché la pioggia fosse cessata, le nubi sparite, e l’eterno e debole sole riapparso. Adesso che era così vicino alla meta non voleva che Essi lo scoprissero. Ed era più che probabile che gli Etici avessero concentrato i Loro agenti in quella zona. Per quel che ne sapeva Burton, la stessa moglie di Collop poteva essere dei Loro.
Non aveva ancora camminato per un chilometro che la pioggia sopraggiunse, e un fulmine cadde a poca distanza da lui. Alla luce abbagliante, Burton vide guizzare qualcosa davanti a sé, a poco più di cinque metri.
Fece dietro-front e corse verso un boschetto per nascondervisi, sperando che Essi non l’avessero visto. Se non era stato scorto poteva inerpicarsi con sicurezza sulle montagne. E una volta che l’intera regione fosse sprofondata nel sonno artificiale, Essi avrebbero scoperto che egli era riuscito a fuggire di nuovo…
— La caccia è stata lunga e difficile, Burton — disse un uomo in inglese.
Burton riaprì gli occhi, e per un attimo rimase esterrefatto di trovarsi in quel luogo. Era seduto in una poltrona di un materiale assai soffice ed elastico. Il locale era una sfera perfetta, di un verde slavato e semitrasparente. Burton scorse altre sfere simili tutt’attorno: davanti, dietro, sopra, sotto: ma lo sbalorditivo era che esse non erano adiacenti a quella in cui egli si trovava, bensì la intersecavano. Ne intravide infatti le calotte all’interno della sua sfera, per quanto fossero incolori e traslucide.
Sulla superficie della sfera, in un punto diametralmente opposto a quello in cui stava Burton, c’era un ovale di un verde più scuro, concavo anch’esso, in cui si vedeva una foresta spettrale. Un daino fantasma attraversò la scena, da cui proveniva odor di pino e sanguinella.
Davanti a Burton, all’interno della sfera, dodici persone sedevano su poltrone uguali alla sua. Sei erano uomini, e sei donne. Tutti avevano un aspetto magnifico, e, tranne due, capelli neri o molto scuri e pelle assai abbronzata.
Una donna aveva una lunga chioma bionda e ondulata, e un uomo era rosso di pelo, di un rosso-volpe. I lineamenti dell’uomo erano irregolari, il suo naso grande e aquilino, gli occhi di un verde scuro.
Tutti e dodici portavano un camiciotto color argento o porpora dalle maniche corte e rigonfie e dal colletto arricciato, una sottile cintura luminescente, un gonnellino e sandali. Sia uomini che donne avevano gli orecchini, e le dita delle mani e dei piedi smaltate, le labbra tinte col rossetto, gli occhi truccati.
Sopra le teste di ciascuno, quasi a contatto con i capelli, ruotava un globo di una trentina di centimetri di diametro, che cambiava continuamente di colore passando attraverso tutte le sfumature dello spettro. Di quando in quando ogni globo emetteva lunghe diramazioni esagonali, di color verde o blu o nero o bianco brillante. Poi le diramazioni scomparivano e di lì a poco il ciclo si ripeteva.
Burton posò gli occhi sul proprio corpo. Indossava solo una salvietta nera avvolta intorno ai fianchi.
— Anticipo la tua prima domanda precisandoti che non ti daremo alcuna informazione circa il luogo in cui ti trovi.
A parlare era stato l’uomo dai capelli rossi. Fece un sorrisetto a Burton, rivelando denti di un candore non umano.
— Benissimo — replicò Burton. — Non so chi sei, ma dimmi: a quali domande risponderete? Per esempio, come avete fatto a trovarmi?
— Io sono Loga. Ti abbiamo trovato in parte grazie al nostro lavoro di ricerca, in parte per caso. È stata una cosa complicata, ma te la spiegherò molto semplicemente. Ti abbiamo messo alle calcagna un certo numero di agenti: un numero penosamente piccolo, considerando quello dei candidati che vivono lungo il Fiume, che è di trentasei miliardi sei milioni novemilaseicentotrentasette.
Candidati ? pensò Burton. Candidati a cosa? Alla vita eterna? Allora Spruce aveva detto il vero circa lo scopo della Resurrezione?
— Non avevamo la minima idea che tu stessi sfuggendo alle nostre ricerche mediante il suicidio — continuò Loga. — Non lo sospettammo neppure scoprendoti in zone così remote che non avresti potuto raggiungerle se non con una nuova resurrezione: pensammo solo che eri stato ucciso. Gli anni passarono, e non sapevamo dove fossi. Avevamo altre cose da fare, e così ritirammo tutti gli agenti assegnati al Caso Burton, come lo chiamavamo, tranne alcuni appostati a entrambe le estremità del Fiume. In qualche modo venisti a conoscenza della Torre Polare, e più tardi scoprimmo come. I tuoi amici Goering e Collop ci furono assai d’aiuto, benché naturalmente non sapessero che stavano parlando con un Etico.
— Chi ti avvertì che ero vicino alla fine del Fiume? — chiese Burton.
Loga fece un sorriso. — Non c’è alcun bisogno che tu lo sappia. In ogni caso avremmo finito col prenderti. Vedi, ogni loculo della camera di ringiovanimento (quel posto dove stranamente ti svegliasti durante la fase di preresurrezione) è munito di contatore automatico, a scopo di statistica e di studio. Noi vogliamo prendere nota di tutto quello che succede. Un candidato che muore un numero di volte superiore alla media, per esempio, presto o tardi diviene oggetto di studio. Di solito tardi, in quanto non abbiamo molti tecnici. Infatti fu solo quando eri già morto settecentosettantasette volte che cominciammo a esaminare i casi di resurrezione più frequente. Tu avevi raggiunto il totale più alto: suppongo che dobbiamo farti le nostre congratulazioni per questo.
— Ce ne sono altri nelle mie condizioni?
— Non ci siamo messi sulle loro tracce, se è questo che intendi dire. Comunque sono relativamente pochi. Noi non avevamo la minima idea che fossi proprio tu quello che aveva raggiunto un totale così sorprendente di resurrezioni. Quando iniziammo l’esame della camera di P.R., il tuo loculo era vuoto. I due tecnici che ti avevano scorto quando ti svegliasti anzitempo ti identificarono mediante la … fotografia. Noi regolammo il tuo resurrettore in modo che un allarme scattasse la prima volta che il tuo corpo fosse stato ricreato: così fummo in grado di portarti qui.
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