Philip Farmer - Il fiume della vita

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Il fiume della vita: краткое содержание, описание и аннотация

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In una valle sconfinata, lungo le sponde di un fiume immenso, si è radunala tutta l’umanità di tutti i tempi, miliardi di persone che hanno gia vissuto e che si sono risvegliate a una nuova vita in attesa di un destino ignoto. Questi uomini e queste donne continuano pero a conservare la propria mentalità e spesso a ripetere gli stessi errori di un tempo, cercando di dominare gli uni sugli altri. Ma la nuova esperienza può anche costituire una possibilità per raggiungere quegli obiettivi che si sono mancati prima: questa almeno e l’opinione di Francis Burton, il celebre esploratore che trascorse gran parte dei suoi anni in una sfortunata ricerca delle sorgenti del Nilo. Ora per Burton può ricominciare una nuova esaltante avventura…

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Burton si alzò e gridò: — Goering! Dove sei?

Qualcosa lo colpì all’occipite, ed egli cadde a faccia in giù.

Intontito, cercò di mettersi ginocchioni, ma fu abbattuto da un altro colpo violento. Era sul punto di svenire, ma riuscì ugualmente a girarsi sulla schiena e a sollevare braccia e gambe per cercare di difendersi in qualche modo. Un fulmine gli permise di vedere Goering in piedi accanto a lui, con una clava in una mano. Il suo volto era quello di un pazzo.

L’oscurità era lacerata dai lampi. Una cosa bianca e indistinta uscì dalle tenebre balzando addosso a Goering. I due corpi pallidi caddero sull’erba, di fianco a Burton, e presero a rotolarsi. Strillavano come gatti, e un altro fulmine permise di vedere che si stavano graffiando a vicenda.

Burton si mise in piedi barcollando e fece un passo verso di loro, ma fu atterrato dal corpo di Collop, che Goering gli aveva spinto addosso. Di nuovo Burton si rialzò. Collop balzò in piedi e caricò Goering. Si udì un forte schianto, e Collop si accasciò a terra. Burton cercò di correre addosso a Goering, ma le gambe non gli obbedirono e lo portarono in un’altra direzione. Poi un altro lampo mostrò Goering immobilizzato, come in una foto col flash, nell’atto di abbattere una clava su Burton.

Burton, appena ricevette il colpo, perse la sensibilità del braccio sinistro. Ora anche questo, oltre alle gambe, non gli ubbidiva più. Tuttavia Burton agitò il braccio destro, cercando di raggiungere Goering. Ci fu un altro schianto, e gli parve che le costole gli si fossero disarticolate piegandosi all’interno contro i polmoni. Da questi uscì tutta l’aria, ed egli si trovò di nuovo sull’erba fredda e bagnata.

Qualcosa cadde accanto a lui. Malgrado la sua estrema sofferenza Burton allungò il braccio e trovò la clava, che Goering doveva aver buttato a terra. Si mise in ginocchio, con un brivido di dolore ad ogni respiro. Dov’era il pazzo? Due ombre indistinte oscillavano, sovrapponendosi e dividendosi. La capanna! Gli occhi erano diventati strabici, e Burton si chiese se avesse riportato una lesione al cervello. Poi non ci pensò più perché scorse la sagoma confusa di Goering alla luce di un lampo lontano. O meglio, due Goering. Sembrava che uno accompagnasse l’altro: quello di sinistra poggiava i piedi per terra, e quello di destra camminava a mezz’aria.

Entrambi avevano le braccia sollevate, come per farsele lavare dalla pioggia. E quando i due Goering si girarono avviandosi nella sua direzione, Burton si accorse che era proprio così. Gridavano in tedesco, con un’unica voce: — Cancella il sangue dalle mie mani! Oh, Dio, lavalo via!

Burton si avviò incespicando incontro a Goering, tenendo alta la clava, Intendeva abbattergliela addosso, ma d’improvviso Goering si voltò e fuggì. Burton lo seguì meglio che poté, giù per la collina, su per un’altra, e poi lungo la pianura. La pioggia cessò, tuoni e fulmini non si ripeterono più, e dopo cinque minuti, come al solito, le nubi scomparvero. Ora la luce delle stelle risplendeva sulla pelle bianca di Goering.

Procedeva davanti al suo inseguitore fluttuando come uno spettro, e sembrava volesse dirìgersi al Fiume. Burton gli teneva dietro, pur chiedendosi perché mai dovesse farlo. Le gambe avevano quasi ripreso a funzionare regolarmente, e la visione non era più sdoppiata. Alla fine raggiunse Goering. Questi se ne stava accucciato in riva al Fiume, e fissava le onde luccicanti per il riflesso delle stelle.

— Sei tornato in te? — chiese Burton.

Goering trasalì. Fece per alzarsi ma poi cambiò idea, e gemendo nascose la faccia tra le ginocchia.

— Mi rendevo conto di ciò che stavo facendo, ma non sapevo perché — disse con voce cupa. — Karla mi aveva annunciato che stamattina se ne sarebbe andata, perché non riusciva a dormire con tutto il chiasso che facevo durante i miei incubi. E anche perché mi comportavo in modo strano. Io la supplicai di rimanere, e le dissi che l’amavo moltissimo. Sarei morto se mi avesse abbandonato. Karla replicò che aveva della simpatia per me, o meglio l’aveva avuta, ma non mi amava. Di colpo mi balenò l’idea che se la volevo trattenere avrei dovuto ucciderla, e Karla scappò dalla capanna strillando. Il resto lo conosci.

— Pensavo di ucciderti — disse Burton. — Ma vedo che non sei più responsabile di quanto lo sia un pazzo. Però la gente di qui non accetterà questa giustificazione. Lo sai cosa ti faranno, no? Ti appenderanno a testa in giù per una caviglia, e ti lasceranno lì a penzolare finché morirai.

Goering gridò: — Io non capisco! Ma cosa mi succede? Tutti quegli incubi! Credimi, Burton: se ho peccato, ne ho più che pagato il fio! E invece continuo a pagare! Le mie notti sono un inferno, e presto lo diventeranno anche i miei giorni! Perciò mi rimane un solo sistema per avere la pace! Mi ucciderò! Ma non ne ricaverò alcun vantaggio: appena mi risveglierò, di nuovo l’inferno!

— Sta’ lontano dalla narcogomma — disse Burton. — Dovrai farne a meno del tutto, e puoi riuscirvi. Mi avevi detto che sulla Terra hai smesso di essere un morfinomane.

Goering si alzò, mettendosi di fronte a Burton. — Ma se non ne prendo più! Non l’ho più toccata da quando sono arrivato qui!

— Cosa? Avrei giurato…

— L’hai immaginato perché mi comportavo come se la prendessi! Non ne ho masticato più neanche un pezzettino, ma il risultato non è cambiato!

Malgrado la ripugnanza, Burton ebbe compassione di Goering. — Hai aperto il tuo vaso di Pandora, e ora sembra che tu non riesca a richiuderne il coperchio — osservò. — Non so come andrà a finire, ma non vorrei essere nei tuoi panni. Comunque te lo meriti.

Goering, con voce tranquilla e decisa, disse: — Li sconfiggerò.

— O meglio dominerai te stesso — replicò Burton. Fece per andarsene, ma si fermò per aggiungere un’ultima domanda. — Cos’hai intenzione di fare?

Goering indicò il Fiume. — Affogarmi — rispose. — Voglio ricominciare da capo. Forse alla prossima resurrezione mi troverò più forte. Quel che è certo è che non intendo lasciare che Essi facciano di me ciò che vogliono.

Au revoir , allora — disse Burton. — E buona fortuna.

— Grazie. Sai, dopotutto sei un bravo ragazzo. Senti, vorrei dirti una cosa.

— Cioè?

— Farai meglio a tenerti lontano anche tu dalla narcogomma. Finora sei stato fortunato, ma uno di questi giorni ti capiterà quello che è capitato a me. Le tue colpe non saranno le mie, ma ti appariranno altrettanto mostruose e terrificanti.

Burton scoppiò in una sonora risata. — Sciocchezze! Non ho nulla da nascondere a me stesso! E ho masticato tanta di quella gomma da saperlo bene.

Voltò le spalle a Goering, ma rifletté sull’avvertimento ricevuto. Aveva preso la narcogomma ventidue volte, e ogni volta aveva giurato a se stesso di non riprovarci.

Quando ebbe camminato per un po’ si voltò indietro. La sagoma bianca e indistinta di Goering stava affondando lentamente nelle acqua nere e argentee del Fiume. Burton, amante com’era dei gesti melodrammatici, fece il saluto militare. Dopo di che non pensò più a Goering. Il dolore all’occipite, momentaneamente scomparso, gli ritornò più acuto di prima. Le ginocchia gli si mutarono in acqua, e a solo pochi metri dalla sua capanna fu costretto a sedersi in terra.

Doveva aver perduto i sensi, o quasi, dal momento che non ricordava di essere stato trascinato sull’erba. Quando riprese conoscenza si trovò a giacere su un letto di bambù, dentro una capanna.

C’era buio: l’unica luce era quella delle stelle, che filtrava attraverso le tre sbarre di legno assicurate all’esterno della finestra. Burton girò la testa e vide la sagoma biancastra e indistinta di un uomo accucciato accanto a lui. L’uomo aveva davanti agli occhi un minuscolo oggetto metallico, la cui estremità scintillante era puntata contro Burton.

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