C’erano stati i ciarlatani, e c’erano stati uomini sinceri, notevolmente illusi, che da quelle cose avevano guadagnato celebrità e ricchezze. Le fabbriche avevano sfornato carrettate di novità e di congegni adatti a seguire la nuova moda, o il nuovo hobby , o il nuovo studio o la nuova religione… il termine esatto da applicare andava scelto in un rapporto direttamente proporzionale alla sincerità e alla serenità con cui vi si impegnavano i singoli individui.
Ed era stato un errore, naturalmente: perché la cinetica paranormale non era affatto soprannaturale. E non era neppure macabra, non aveva nulla a che fare con gli spettri o con i diavoli, o comunque con le orde di mostri dimenticati che erano tornati allegramente alla carica delle tenebre del Medioevo. .Era, invece, una nuova dimensione delle facoltà dell’Uomo… ma la gente entusiasta, affascinata da quel nuovo giocattolo, l’aveva adottato senza riserve, in tutte le sue interpretazioni errate.
E come avevano sempre fatto, gli umani avevano esagerato. Avevano insistito tanto nelle loro interpretazioni errate che avevano finito per dimenticare, nonostante tutti gli avvertimenti, che erano per l’appunto errati. E alla fine, avevano preso a credere come verità rivelata. E dove c’era stato un divertimento innocente, adesso c’erano in agguato fauni libidinosi; dove c’era stato uno scherzo divertente, adesso c’erano folletti maligni e fantasmi.
E così era sopravvenuta la reazione, la reazione inevitabile dei riformatori fanatici, accompagnata dalla cupa crudeltà e dalla cecità che accompagnavano inevitabilmente ogni forma fanatica. Adesso orde di individui feroci e spaventati davano la caccia ai loro simili paranormali, come se si trattasse d’una sacra missione.
I paranormali erano molto numerosi, ma ormai si nascondevano o cercavano di mimetizzarsi. Erano sempre stati molto numerosi, in tutte le epoche dell’umanità, ma per lo più non avevano mai sospettato di nulla, non avevano mai pensato di possedere i poteri capaci di portarli alle stelle. Erano individui un po’ strani, un po’ scombinati, ed erano stati considerati innocui, e tollerati dai loro simili. Ve ne erano stati alcuni, naturalmente, che avevano messo in pratica i loro poteri, ma non avevano creduto veramente nella loro efficienza, e avevano usato le loro facoltà abbastanza malamente, perché non riuscivano a comprenderle. E più tardi, quando finalmente erano stati in grado di comprenderle, non avevano più osato farlo, perché il dio tribale della scienza affermava che si trattava di stupidaggini.
Ma quando gli uomini ostinati, rifugiandosi nel Messico, avevano dimostrato che non si trattava affatto di stupidaggini, la gente aveva finalmente osato. Coloro che possedevano i poteri s’erano sentiti liberi di adoperarli, e adoperandoli li avevano sviluppati. Altri, che non avevano mai sospettato di possederli, avevano scoperto di averli e li avevano usati a loro volta. In alcuni casi, quelle facoltà erano state usate per scopi positivi e concreti, ma in altri casi erano state usate malamente, o usate per scopi poco seri. E c’erano anche coloro che praticavano la loro arte nuovissima per fini assolutamente malvagi.
E adesso tutti i moralisti grigi ed opachi, e tutti i riformatori dalla fronte aggrottata e dagli abiti neri, abituati a pestare i pugni sui pulpiti, erano impegnati a schiacciare la cinetica paranormale per tutto il male che aveva fatto. Usavano la psicologia della paura, giocando sulle superstizioni naturali; adoperavano la corda e il marchio a fuoco e i rapidi agguati nella notte e diffondevano dovunque una paura che si poteva sentire nell’aria, come un fetore denso e disgustoso che intasava le narici e faceva lacrimare gli occhi.
«Tu sei fortunato», disse Riley a Blaine. «Siccome non hai paura di loro, può darsi che tu sia al sicuro. Un cane morde chi ha paura di lui, ma va a leccare la mano di chi non lo teme».
«E allora la soluzione è facilissima», gli rispose Blaine. «Non aver paura».
Ma era un consiglio sprecato, per un uomo come Riley.
Tutte le notti se ne stava seduto sulla destra, mentre Blaine guidava il camion nell’oscurità. Rabbrividiva per il terrore, e stringeva convulsamente il fucile caricato a pallettoni d’argento.
C’erano molti motivi di allarme e di spavento, per lui… il volo improvviso di un gufo, una volpe che attraversava correndo la strada: tutto diventava malvagio, tutto usciva da una notte ancora più fonda e tenebrosa, mentre l’ululare dei coyote diventava il gemito di una banshee , che andava alla ricerca di una nuova vittima.
Ma non si trattava soltanto dei terrori immaginari. C’era l’ombra che aveva la forma di un uomo, ma che non era più un uomo, che penzolava dondolando in una pigra danza dal ramo più alto, sopra gli arbusti; c’erano le rovine annerite dal fuoco d’una fattoria sul ciglio della strada, con il comignolo striato dal fumo che stava ancora eretto, e puntava verso il cielo come un dito accusatore; e c’era il fumo del piccolo fuoco da campo, che Blaine trovò per caso mentre costeggiava un rigagnolo, alla ricerca di una fonte, mentre Riley si azzuffava con le candele sporche. Blaine si era mosso senza far rumore, e quelli lo avevano sentito troppo tardi per dileguarsi prima che lui li vedesse: e fuggivano come ombre su per i pendii boscosi dello sperone montuoso. S’era trovato nel piccolo cerchio calpestato dell’accampamento, con il piccolo fuoco acceso, e la padella rovesciata accanto, con quattro trote semicotte, che erano cadute, e le coperte ammucchiate che servivano come letto, il riparo di fronde, costruito rozzamente, che doveva servire come rifugio contro la pioggia.
Blaine si inginocchiò accanto al fuoco e rimise a posto tutto. Raccolse le trote che erano cadute sull’erba e le ripulì con cura, le rimise in padella.
Poi pensò di chiamare coloro che erano fuggiti a nascondersi, di cercare di tranquillizzarli: ma sapeva che era inutile, perché non potevano fidarsi di nessuno.
Erano animali braccati. Animali braccati, nei grandi Stati Uniti che per tanto tempo avevano amato la libertà, che si erano levati come difensori dei diritti dell’uomo in faccia a tutto il mondo.
Rimase inginocchiato lì, diviso fra lo sdegno e la pietà, e si sentì inumidire gli occhi. Strinse i pugni e si massaggiò le palpebre e le nocche umide lasciarono macchie di terriccio sopra il suo volto.
Rimase lì per un po’: alla fine si rialzò, dimenticando che era venuto in cerca di una fonte, anche se senza dubbio la fonte doveva essere vicina all’accampamento. Attraversarono deserti e superarono faticosamente le montagne e finalmente arrivarono ai grandi altipiani, dove il vento scendeva, tagliente come un coltello, senza che vi fosse neppure una collina a fermarlo, senza che vi fosse un albero a spezzarlo: era una distesa nuda di terra, e giungeva, piatta e dura, fino ad un orizzonte che sembrava immensamente lontano.
Blaine stava sul sedile, a fianco di Riley, rilassandosi per resistere meglio agli scossoni. Il sole picchiava forte, e il vento era secco, e più avanti, verso il nord, vortici di polvere si sollevavano e frullavano sul letto di un fiume in secca.
Riley guidava, aggobbito e aggrappato al volante, con le braccia tese per resistere ai contraccolpi delle buche e delle crepe. Il suo viso era contratto, e di tanto in tanto un tic nervoso gli torceva i muscoli di una guancia.
Persino in pieno giorno, pensò Blaine, quest’uomo ha paura, e conduce la sua interminabile corsa a inseguimento con l’oscurità.
Forse c’entra per qualcosa, si chiese, il carico che portava a bordo. Riley non aveva mai detto, neppure una volta, che cosa trasportava, e non era mai andato a ispezionarlo. Gli sportelli posteriori del camion erano chiusi con un grosso lucchetto, e il lucchetto tintinnava rumorosamente, mentre il camion andava sobbalzando sulla strada.
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