Fritz Leiber - Il grande tempo

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Il Grande Tempo è uno dei più strani e affascinanti romanzi di fantascienza moderni. Alla sua pubblicazione, la XVII Convention mondiale di Science-Fiction gli assegnò il premio Hugo per il miglior romanzo dell’anno. Il concetto su cui si basa è grandioso: una guerra di viaggiatori nel tempo, che si muovono nel passato e nel futuro, mescolandosi alle battaglie di tutte le epoche, lungo un arco di miliardi di anni. Gli stessi protagonisti provengono dai tempi e dai luoghi più disparati, e per alcuni di loro il corso stesso della storia è diverso dal nostro: è il caso del comandante tedesco che proviene da un mondo dove il nazismo ha vinto la seconda guerra mondiale e il Reich si estende da Chicago agli Urali, o del gentleman americano proveniente da un Sud che non ha conosciuto la guerra di secessione.
Strappati alle loro “linee di vita” poco prima della morte, e reclutati per combattere contro un avversario che vuole cambiare il corso della Storia su tutti i mondi della Galassia, i protagonisti entrano in una nuova dimensione di vita, dove più nulla può essere certo, e dove la loro stessa vita è sottoposta a forze cosmiche che continuano a plasmarla e ad alterarla senza fine.
Un romanzo insolito ed estremamente originale, che fin dal suo apparire è stato salutato come un classico della narrativa di fantascienza.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1958.

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Una volta esaminato tutto il resto, Marcus insistette perché frugassimo anche sotto il pavimento. Tanto Beau quanto Sid cercarono di fargli capire che è un Locale ad accesso singolo, che non c’è niente, proprio niente, sotto il pavimento; esso, semplicemente, diventa molto più duro dei diamanti che lo ricoprono, non appena si raggiunga la profondità di mezzo centimetro: si tratta dell’equivalente solido del Vuoto. Ma Marcus era testardo (come tutti i romani, mi assicurò Sid, parlandomi all’orecchio), e dovette consumare quattro punte elicoidali di superdiamante prima di cedere.

Oltre a possibili nascondigli a sorpresa, rimaneva soltanto il Vuoto, ma gli oggetti non svaniscono affatto, quando li gettate nel Vuoto: essi rimangono lì indefinitamente, mezzo fusi e mezzo congelati, sempre che non riusciate a ripescarli. Dietro il Ristoratore, più o meno all’altezza della mia testa, ci sono tre noci di cocco venusiane, scagliate da un energumeno hittita nel corso di una baruffa tremenda. Io cerco di non guardarle mai, perché mi ricordano le teste mummificate e mi fanno venire i brividi. Le zone del Locale immediatamente vicine al Vuoto hanno delle strane proprietà geometriche, e uno dei marchingegni dell’Ambulatorio sfrutta tali proprietà in un modo che mi dà dei brividi ancora più forti, ma la cosa esula dall’argomento.

Nel corso della ricerca, Kaby ed Erich avevano cercato di servirsi dei loro Comunicatori come bussole, per individuare la direzione del Mantenitore, come fanno nel cosmo per trovare la direzione della Porta (e so che lo si fa anche nell’interno dei Locali più grandi). Ma i Comunicatori erano impazziti — come quando l’ago della bussola continua a girare senza fermarsi in alcuna direzione — e nessuno riusciva a spiegarsene il motivo.

I possibili nascondigli a sorpresa erano il Piccolo Mantenitore (idea divertente, ma è grande quanto il Maggiore e anch’esso ha le sue misteriose interiora, e, ovviamente, aveva continuato a svolgere con precisione il proprio lavoro, cosicché ritenemmo di poterlo escludere a ragione), e il baule della bomba, ma ci pareva impossibile che qualcuno lo avesse aperto, sempre che conoscesse la giusta combinazione della serratura, prima che Erich, saltandovi sopra, facesse convergere su di esso ogni luce della ribalta. Ma quando avete escluso tutte le altre possibilità, la parola impossibile cambia significato.

Poiché il viaggio nel tempo è il nostro ramo, potreste pensare a ogni sorta di trucchi per spedire il Mantenitore nel passato o nel futuro, in modo permanente o temporaneo. Ma il Locale si mantiene rigorosamente nel Grande Tempo, e ogni persona competente mi ha sempre detto che il viaggio nel tempo lungo il Grande Tempo è impossibile. La cosa sta nei seguenti termini: il Grande Tempo è come un treno, e il Piccolo Tempo è la regione in cui viaggia il treno. Noi rimaniamo sul treno, a meno che non usciamo da una Porta, e, come potrebbe dire Gertrude Stein, non puoi viaggiare nel tempo lungo il tempo in cui viaggi nel tempo quando viaggi nel tempo.

Mi ero anche gingillata al pensiero di qualche nascondiglio estremamente ovvio, magari una cosa che diverse persone potevano passarsi l’un l’altra, cioè avevo pensato a una cospirazione, e una volta che supponiate l’esistenza di una cospirazione abbastanza grande, potete spiegare con essa qualsiasi cosa, compresa l’origine dell’universo. In particolare, i tre colbacchi degli ussari neri mi avevano fatto sospettare una sorta di gioco delle tre carte e dell’ombrello: non fui soddisfatta finché non li allineai tutt’e tre uno accanto all’altro e non ne controllai l’interno con una singola occhiata.

— Sveglia, Greta, prendi qualcosa. Non posso rimanere qui in eterno. — Maud aveva portato in giro alcuni vassoi con dei tramezzini racimolati qui e là, e confesso che erano decisamente invitanti; Maud ha il tocco per queste cose.

Studiai il vassoio e dissi: — Sid, preferirei un hot dog.

— E io un pasticcio di cinghiale! Che tu debba piantare sempre delle grane, ficcanaso pedante, ronzinaccia puntigliosa, capricciosa e tirannica pupattola?

Afferrato qualche tramezzino, tornai a rannicchiarmi contro di lui.

— Avanti, Sid, continua a insultarmi — lo incoraggiai. — Ma mettici qualche vera parolaccia, altrimenti non mi diverto.

10

Il mio pensiero, in cui l’assassino ancora
non è che immaginato.
A tal punto scuote il mio equilibrio di uomo,
che l’attività della mente
Soffoca nelle congetture,
e nulla esiste
Se non ciò che non è.

Macbeth
I MOVENTI E LE OCCASIONI

Il mio grosso scugnizzo di King’s Lynn si era messo il vassoio sulle ginocchia e stava ancora divorando tramezzini come un lupo. Tutti gli altri avevano ormai terminato di mangiare. Erich, Marcus e Kaby discutevano animatamente, all’altro capo del bar, accanto al baule della bomba, a proposito di non so che: non riuscivo a intendere le parole a quella distanza. Illy, tutto largo sul piano, simile a un polpo della Terra, li ascoltava.

Beau e Sevensee passeggiavano avanti e indietro, vicino al divano di comando, e di tanto in tanto si scambiavano qualche parola. Dietro di loro, seduti sul divano diametralmente opposto al nostro, Bruce e Lili stavano parlando tranquillamente tra loro. Maud si era seduta all’altra estremità del bar e stava lavorando a maglia: si tratta di una di quelle abitudini, come gli scacchi, l’ubriacarsi pian piano, o l’imparare a parlare con una scatola fonica come quella di Illy, a cui ricorriamo per far passare il tempo nei lunghi intervalli tra un party e l’altro. Doc gironzolava per la Galleria, prendeva in mano gli oggetti e poi li rimetteva a posto, e comunque riusciva ancora a tenersi in piedi.

Lili e Bruce si alzarono, continuando a parlare fittamente tra loro, e Illy cominciò a suonare col tentacolo, sulle ottave acute, un motivetto che non stava né in cielo né in terra. “Dove andranno a pescare tutta questa energia?” mi domandai.

Tuttavia, non appena mi fui posta la domanda, ebbi subito la risposta e cominciai a sentirmi anch’io come loro. Non si trattava di energia: era nervosismo, puro e semplice.

Il Cambio è come una droga, compresi. Vi abituate al fatto che gli avvenimenti non restano mai uguali, che un quadro del passato e del futuro si dissolve in un altro (il quale, forse, non è molto diverso, ma comunque è diverso), ad avere la mente continuamente strangolata da idee e sentimenti che in precedenza le erano estranei, come se ti puntassero direttamente nel cervello una luce da night-club dai colori cangianti e inframmezzati da ombre bizzarre.

Queste scosse continue finiscono col risultare riposanti, come quando si viaggia in treno.

Presto cominci ad amare il movimento, ad averne bisogno, senza saperlo, e quando il movimento cessa improvvisamente e tu ridiventi soltanto tu e le cose che muovono i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti sono sempre le stesse, tutte le volte che ritorni loro con la mente… o fratelli, me ne stavo accorgendo in quel momento, è terribile.

Nell’istante in cui eravamo entrati in Introversione, tutte le cose che ordinariamente si insinuano nel Locale, che uno dorma o sia desto, avevano cessato di penetrarvi, e noi non eravamo altro che noi stessi, ciò che significavamo l’uno per l’altro e quel che ne potevamo trarre; una situazione spaventosamente solitaria e limitata.

Trovai un parallelo: era come se mi avessero gettata in una vasca di cemento, e mi avessero tenuto con la testa sommersa fino al momento in cui il cemento si fosse ormai indurito.

Potevo capire perché gli altri fossero un po’ irrequieti. Anzi, mi stupivo che nessuno di loro fosse ancora finito nel Vuoto. Maud pareva essere, tra tutti, colei che sopportava meglio la situazione: forse l’avevano abituata le lunghe veglie tra le stelle, e inoltre è più anziana di tutti noi, perfino di Sid, pur essendo anziana soltanto di età e non di aspetto.

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