Si calmò, immergendosi nei propri pensieri, mentre guardava Andrew mangiare il pane e la carne. Anche lui aveva avuto pensieri eretici, a proposito del lavoro con le matrici, fuori dalle Torri. Doveva esserci una soluzione. Ma sapeva che se ne avesse parlato a Leonie lei sarebbe inorridita, come se fossero ancora i tempi di Regis IV.
Naturalmente Leonie sapeva che lui si era servito di una matrice. Tutte le matrici autorizzate e sintonizzate su un telepate Comyn venivano controllate dai grandi schermi della Torre di Arilinn. Potevano averlo identificato dalla sua matrice; e anche Dezi, e forse addirittura Andrew, sebbene Damon non ne fosse sicuro.
Ammesso che qualcuno stesse osservando. C’erano pochi telepati disponibili per compiti non essenziali, come sorvegliare gli schermi delle matrici, e probabilmente nessuno se n’era accorto. Ma gli schermi c’erano, e ogni matrice di Darkover era legalmente soggetta al controllo. Era possibile seguire perfino quelli come Domenic, che erano stati sottoposti alla prova del laran e avevano ricevuto una matrice ma non l’avevano mai usata.
Quella era un’altra ragione per cui Damon pensava che non avrebbe dovuto rinunciare a un telepate come Dezi. Anche se la sua personalità non s’integrava nell’intimità di un cerchio (e Damon era disposto ad ammettere che non doveva essere facile coesistere con Dezi), si sarebbe potuto utilizzarlo per sorvegliare gli schermi.
Pensò, ironicamente, che quel giorno era pieno di pensieri eretici. Chi era, lui, per mettere in discussione le decisioni di Leonie di Arilinn?
Finì la coscia del pollo arrosto, osservando pensoso il terrestre. Andrew stava mangiando una mela, e fissava assorto la distante catena di colline.
È mio amico. Eppure è venuto qui da una stella tanto lontana che non posso vederla nel cielo, di notte. Ma il fatto stesso che ci siano altri pianeti come il nostro, in tutto l’universo, cambierà il nostro mondo.
Guardò le colline lontane e pensò: Io non voglio che il nostro mondo cambi. Poi rise amaramente di se stesso. Se ne stava lì a pianificare un modo per alterare l’uso delle matrici su Darkover, a pensare a una riforma del sistema delle antiche Torri che custodivano le vecchie scienze delle matrici, le custodivano nei modi collaudati, decisi tante generazioni prima.
Disse: — Andrew, perché sei qui? Su Darkover?
Andrew scrollò le spalle. — Sono finito qui per caso. Era un lavoro come un altro. Poi un giorno ho conosciuto Callista… ed eccomi qui.
— Non è questo, che intendevo. Perché la tua gente è qui? Cosa vuole la Terra dal nostro mondo? Non è ricco, non c’è niente da sfruttare. So abbastanza del vostro impero per sapere che quasi tutti i mondi colonizzati hanno qualcosa da dare. Perché Darkover? Il nostro è un mondo con pochi metalli pesanti, un mondo isolato con un clima che la tua gente, mi sembra di capire, giudica inospitale. Cosa vogliono i terrestri da noi?
Andrew intrecciò le mani intorno alle ginocchia, e disse: — Sul mio mondo c’è una vecchia storiella. Un tale chiede a un esploratore perché ha deciso di scalare una montagna, e quello si limita a rispondere: «Perché c’è!».
— Non mi sembra una ragione sufficiente per costruire un astroporto — replicò Damon.
— Non capisco. Diavolo, Damon, io non sono un costruttore d’imperi. Avrei preferito restare nell’allevamento di cavalli di mio padre. Secondo me, è l’ubicazione. Tu lo sai che la galassia ha la forma di una gigantesca spirale? — Andrew raccolse un fuscello e tracciò uno schizzo sulla neve quasi sciolta. — Questa è la spirale superiore della galassia, e questo è il braccio inferiore: e qui c’è Darkover. È un posto ideale per controllare il traffico e trasbordare i passeggeri, capisci?
— Ma i viaggi dei cittadini dell’impero da un’estremità all’altra dell’impero stesso non significano niente, per noi.
Andrew scrollò le spalle. — Lo so. Sono sicuro che la Centrale Imperiale avrebbe preferito che ci fosse un mondo disabitato, al crocevia, così non avrebbe dovuto preoccuparsi di chi ci viveva. Ma voi siete qui, e siamo qui anche noi. — Scosse la testa vedendo l’espressione di Damon. — Non sono io a decidere la loro politica, Damon. Non sono neppure sicuro di capirla. A me l’hanno spiegata così, ecco tutto.
La risata di Damon era priva di gaiezza. — E io mi sono stupito nel vedere che Callista ci ha dato carne arrosto e mele fresche per il viaggio! I cambiamenti sono relativi, credo. — Notò l’espressione turbata di Andrew e si sforzò di sorridere. Non era colpa del terrestre. — Speriamo che siano tutti cambiamenti in meglio, come il pollo arrosto di Callie! — Si alzò dal tronco e seppellì con cura il torsolo di mela in un mucchietto di neve. Provò un senso d’angoscia. Se le cose fossero andate diversamente, avrebbe potuto piantare quel melo per sua figlia. Andrew, con la strana sensibilità che dimostrava di tanto in tanto, si chinò accanto a lui, in silenzio, per seppellire anche il suo torsolo di mela. Solo quando furono di nuovo in sella disse, gentilmente: — Un giorno, Damon, i nostri figli mangeranno i frutti di questi alberi.
Rimasero lontani da Armida più di tre decine di giorni. A Serrais, ci volle tempo per trovare uomini validi disposti a lasciare i loro villaggi, e magari le loro famiglie, per lavorare quasi un anno nella tenuta di Armida. Eppure non potevano portar via troppi scapoli, altrimenti avrebbero alterato la vita dei villaggi. Damon cercò di trovare le famiglie che avevano legami di sangue o d’azione con le terre di Armida. Erano molte. Poi volle far visita a suo fratello Kieran, e a sua sorella Marisela e ai figli di lei.
Marisela, una giovane donna dolce e grassottella che somigliava a Damon ma che aveva i capelli biondi anziché rossi, si mostrò addolorata alla notizia dell’aborto di Ellemir. Disse, generosamente, che se non avevano più fortuna entro un anno o due Damon avrebbe potuto avere come figlio adottivo uno dei suoi: un’offerta che sorprese Andrew, ma che Damon accolse come se fosse normalissima.
— Ti ringrazio, Mari. Forse sarà necessario, poiché i figli di coniugi che sono due volte cugini sopravvivono raramente. Io non sento il bisogno di un erede, ma le braccia di Ellemir sono vuote e lei si affligge. E non è probabile che Callista abbia un figlio molto presto.
Marisela disse: — Io non la conosco bene. Anche quando eravamo ragazzine, tutti sapevano che era destinata alla Torre, e non legava molto con le altre. La gente è così pettegola — aggiunse, con veemenza. — Callie aveva tutto il diritto di lasciare Arilinn e di sposarsi, se lo voleva, ma è vero che ci siamo stupiti tutti quanti. So che spesso le Custodi di altre Torri se ne vanno per sposarsi, ma Arilinn? E Leonie è là da tanto tempo: fin da quando posso ricordare io, fin da quando può ricordarlo nostra madre. Eravamo tutti convinti che Callista avrebbe preso il posto di Leonie. Un tempo, le Custodi di Arilinn non potevano lasciare il loro posto neppure se volevano…
— Quel tempo è passato da secoli — osservò impaziente Damon, ma Marisela proseguì imperterrita: — Io sono stata sottoposta alla prova del laran a Neskaya, quando avevo tredici anni, e una delle ragazze mi ha detto che se l’avessero mandata ad Arilinn avrebbe rifiutato perché là le Custodi venivano castrate. Non erano donne ma emmasca , come la leggenda afferma che la figlia di Robardin era emmasca e è diventata donna per amore di Hastur…
— Favole! — esclamò Damon, ridendo. — Questo non avviene più da centinaia d’anni, Marisela.
— Io mi limito a riferire quello che hanno detto a me — replicò Marisela, offesa. — E sicuramente Leonie sembra un emmasca , e Callista… Callista è più magra di Ellemir, e sembra più giovane, quindi non puoi darmi torto se penso che potrebbe non essere donna. Comunque questo non significa che non potesse sposarsi, se voleva, anche se molte non vogliono.
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