Marion Bradley - La torre proibita

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Darkover è un pianeta gelido e ostile, illuminato da un fioco sole rosso-sangue, su cui hanno fatto naufragio, agli inizi del volo interstellare, alcuni coloni terrestri. Col passare degli anni gli abitanti di Darkover hanno imparato a usare le “pietre matrici” per sviluppare i loro poteri psi, e sul pianeta si è formata una cultura di tipo feudale basata sull’uso delle matrici. Queste pietre, tenute in torri austere e isolate, sono oggetto di un rituale mistico: solo le Custodi, donne che hanno fatto voto di castità, hanno il diritto di adoperarle. Contrapposta alla cultura dei “clan” di Darkover, si trova la civiltà dei terrestri, i quali, dopo vari millenni, hanno riscoperto il pianeta, e vorrebbero portare ai suoi abitanti risorse tecnologiche e armi più moderne. Ma i fanatici guardiani che proteggono la verginità delle Custodi vigilano affinché il pianeta del sole rosso non cada sotto l’influenza dei materialistici terrestri.
La torre proibita è la storia di due uomini e due donne che hanno osato sfidare il potere dei guardiani e la tradizione delle Torri.
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1978.

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Damon disse: — Anche tu dovresti prendere qualcosa, Andrew: il lavoro con le matrici assorbe le energie. Finirai col crollare. — Aveva quasi dimenticato quella terribile sensazione di svuotamento, come se la vita l’avesse abbandonato. Ad Arilinn gli avevano fornito spiegazioni tecniche sulle correnti di energie del corpo umano, i canali che trasportavano la forza fisica e quella psichica. Ma era troppo stanco per ricordarle chiaramente.

Andrew disse: — Non ho fame. — E Damon replicò, con l’ombra di un sorriso: — Sì che hai fame: solo che non lo sai ancora. — Tese la mano per trattenere Dezi, che stava versando una coppa di vino. — No, è pericoloso. Bevi acqua, o fatti portare latte o brodo dalle cucine: ma non bere alcool dopo una cosa simile. Mezzo bicchiere ti ubriacherebbe come un monaco alla festa del solstizio d’inverno!

Dezi scrollò le spalle e andò in cucina; tornò con un bricco di latte e ne versò per tutti. Damon disse: — Dezi, tu sei stato ad Arilinn, quindi non hai bisogno di spiegazioni, ma Andrew deve saperlo. Dovrai mangiare il doppio del normale per un giorno o due, e se senti nausea o vertigini, o qualcosa di simile, dimmelo. Dezi, hanno il kirian , qui?

Dezi rispose: — Ferrika non lo prepara, e adesso che io e Domenic abbiamo superato i malesseri della soglia, e Valdir è a Nevarsin, credo che nessuno qui ne abbia bisogno.

Andrew chiese: — Cos’è il kirian ?

— Una sostanza psicoattiva che viene usata nelle Torri e nelle famiglie dei telepati. Riduce la resistenza al contatto telepatico, ma può essere utile in caso di sovraffaticamento o di tensioni telepatiche. E alcuni telepati, durante l’adolescenza, hanno seri disturbi, fisici e psichici, quando lo sviluppo avviene all’improvviso. Immagino che tu, Dezi, sia ormai troppo cresciuto per i disturbi della soglia.

— Direi! — replicò sprezzante il ragazzo. — Li ho superati prima di compiere i quattordici anni.

— Comunque, siccome non hai lavorato con le matrici dopo aver lasciato Arilinn, adesso che hai ricominciato potresti avere una lieve ricaduta — l’avvertì Damon. — E non sappiamo ancora come reagirà Andrew. — Avrebbe chiesto a Callista di provare a preparare il kirian. Sarebbe stato opportuno tenerne un po’ in tutte le case dei telepati, per i casi d’emergenza.

Depose la tazza di latte semivuota. Era mortalmente stanco. — Va’ a riposare, Dezi, ragazzo mio… Tu meriti l’addestramento ad Arilinn, credimi. — Abbracciò per un attimo il ragazzo e lo guardò avviarsi verso la sua stanza, accanto a quella di Dom Esteban, augurandosi che il vecchio dormisse tutta la notte perché il ragazzo potesse riposare indisturbato.

Quali che fossero i difetti di Dezi, pensò, almeno aveva curato il vecchio con la stessa devozione di un figlio riconosciuto. Era affetto, si chiese, oppure egoismo interessato?

Si appoggiò a Andrew mentre salivano le scale, scusandosi mestamente, ma l’altro gli fece segno che non aveva importanza. — Lascia stare. Credi che non sappia che ti sei addossato tutto il peso? — E così Damon lasciò che Andrew l’aiutasse a salire le scale, pensando: Adesso mi appoggio a te, come ho fatto nella matrice…

Quando furono nel soggiorno del loro appartamento, esitò un attimo. — Tu non sei stato istruito nella Torre, quindi devo avvertirti anche di questo: dopo il lavoro con la matrice… resterai impotente per un giorno o due. Non preoccuparti: è temporaneo.

Andrew scrollò le spalle, con una fitta di amaro divertimento; e Damon, ricordando di colpo la situazione tra lui e Callista, comprese che un’espressione di scusa sarebbe servita soltanto a sottolineare la mancanza di tatto del suo avvertimento. Doveva essere molto intontito, pensò, per averlo dimenticato.

Ellemir giaceva assopita sul letto, avvolta in un morbido scialle bianco. Aveva sciolto le trecce e i suoi capelli erano sparsi, luminosi, sul cuscino. Quando Damon la guardò, lei si levò a sedere, sbattendo assonnata le palpebre, e poi, come faceva sempre, passò dal sonno alla veglia senza transizione e gli tese le braccia. — Oh, Damon, hai l’aria così stanca! Dev’essere stato terribile.

Damon si lasciò cadere accanto a lei, appoggiandole la testa sul seno. — No, ma non sono più abituato a questo lavoro: e ce n’è tanto bisogno, un bisogno terribile! Elli… — Si rialzò a sedere, fissandola. — Sono tanti, su Darkover, che muoiono quando non dovrebbero morire: soffrono, rimangono invalidi, muoiono per lesioni di poco conto. Non dovrebbe essere così. Noi non abbiamo l’assistenza medica che hanno i terrestri, a quanto dice Andrew. Ma ci sono tante cose che un uomo o una donna possono guarire per mezzo di una matrice. Eppure, perché i sofferenti vengono trasportati ad Arilinn o Neskaya o Dalereuth o Hali, per essere curati in quelle Torri? Cosa importa, ai cerchi delle matrici delle grandi Torri, se un povero contadino muore congelato, o se un cacciatore viene ferito da una belva o preso a calci da un oudrakhi ?

— Ecco — disse Ellemir, sconcertata, cercando di seguire la sua veemenza. — Nelle Torri hanno altre cose da fare. Cose importanti. Le comunicazioni. E… e le ricerche minerarie, e tutto il resto. Non hanno tempo per occuparsi dei feriti e degli infortunati.

— È vero. Ma ascolta, Elli: in tutto Darkover ci sono uomini come Dezi e donne come Callista e come te. Donne e uomini che non possono, non vogliono trascorrere la vita in una Torre, lontano dalla normale esistenza dell’umanità. Ma potrebbero fare tutte queste cose. — Damon si riabbandonò sul letto accanto a Ellemir: era più stanco che dopo qualunque battaglia combattuta alla testa delle Guardie. — Non è necessario essere un Comyn o avere facoltà straordinarie, per far questo. Chiunque possieda un po’ di laran potrebbe imparare, per aiutare e per guarire, e nessuno lo fa!

— Ma Damon — osservò lei, in tono ragionevole, — ho sempre sentito dire (me l’ha detto Callista) che è pericoloso usare quei poteri fuori dalle Torri.

— Sciocchezze! — esclamò Damon. — Sei tanto superstiziosa, Elli? Tu stessa sei stata in contatto con Callista. Ti sembra tanto pericoloso?

— No — ripose lei, inquieta. — Ma durante le epoche del caos sono state fatte molte cose terribili con i grandi schermi delle matrici, armi tremende: forme di fuoco, e creature di vento che abbattevano castelli e mura, e esseri venuti da altre dimensioni che dilagavano su tutte le terre… E a quei tempi hanno stabilito che tutto il lavoro con le matrici doveva essere compiuto esclusivamente nelle Torri, e con adeguate protezioni.

— Ma quel tempo è passato, Ellemir, e quasi tutte quelle armi enormi, illegali, sono state distrutte durante le epoche del caos, o sotto il regno di Varzil il Buono. Credi davvero che perché ho guarito i piedi congelati di quattro uomini e ho reso loro la possibilità di usarli sarei capace di scatenare una forma di fuoco nelle foreste o di evocare un essere delle grotte per annientare le messi?

— No, no, naturalmente. — Ellemir si levò a sedere, tendendogli le braccia. — Sdraiati e riposa, caro, sei così stanco.

Damon lasciò che lei l’aiutasse a svestirsi, e si adagiò al suo fianco; ma continuò a parlare, fissando ostinatamente l’oscurità.

— Elli, il modo in cui usiamo i telepati, qui su Darkover, è sbagliato. Devono vivere in clausura per tutta la vita nelle Torri, diventando quasi inumani (sai che per poco non mi ha distrutto, il vedermi allontanato da Arilinn), oppure devono rinunciare a tutto ciò che hanno imparato. Come Callista… Che Evanda abbia pietà di lei — aggiunse: un barlume della sua coscienza era ancora in collegamento con Andrew, che stava guardando Callista addormentata, il cui volto recava tuttora tracce di lacrime. — Lei ha dovuto rinunciare a tutto quello che aveva appreso, a tutto ciò che aveva fatto. Adesso ha paura di fare qualunque altra cosa. Dovrebbe esserci un modo, Elli, dovrebbe esserci un modo!

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