Per lunghe ore rimasero a giacere, riposando, uniti dal quadruplice collegamento che si rafforzava e si attenuava alternativamente. Sebbene tutti gli altri si fossero abbandonati al sonno, verso il mattino, Damon rimase sveglio, intimorito. Li aveva forse indeboliti tutti — o almeno se stesso — in vista della battaglia imminente? Callista sarebbe riuscita a liberare i propri canali con sufficiente rapidità?
E poi, immergendosi nella coscienza di Callista, comprese che quei canali sarebbero rimasti sempre perfettamente liberi per l’energia che lei avesse deciso di usare. Non avrebbe avuto bisogno del kireseth : adesso sapeva cosa si provava nel passarli dai messaggi sessuali alla forza piena del laran. E Damon comprese, con crescente sicurezza, che avrebbe potuto affrontare qualunque cosa.
E poi capì, con riluttanza, perché era stato abbandonato l’uso del kireseth. Come rito raro e sacramentale, era necessario e non pericoloso, e aiutava i Custodi a riconfermare la comune umanità, a riaffermare lo stretto legame degli antichi cerchi delle Torri, il vincolo più stretto che si conoscesse, più stretto della parentela, più stretto del desiderio sessuale.
Ma poteva diventare anche troppo facilmente un’evasione, un’assuefazione. Se quella libertà fosse stata accessibile, gli uomini avrebbero mai accettato gli occasionali periodi d’impotenza dopo un’operazione impegnativa? Le donne avrebbero accettato la disciplina necessaria per imparare a mantenere liberi i canali? Il kireseth , nell’uso eccessivo, era pericoloso. Mille storie dei Venti Fantasma degli Heller lo confermavano. E la tentazione di abusarne sarebbe stata quasi irresistibile.
Perciò prima era sorto il tabù che lo limitava a un uso raro e sacramentale, e poi il tabù si era ampliato portando al disuso e alla pessima fama del kireseth. Con un senso di rimpianto per quella che avrebbe sempre ricordato come un’esperienza culminante della sua vita, Damon pensò che anche come rito della Fine dell’Anno sarebbe stato una tentazione troppo forte. Li aveva condotti indenni oltre l’ultima barriera, fino al compimento: ma in futuro avrebbero dovuto affidarsi alla disciplina e alla negazione di sé.
Alla negazione di sé? No, poiché ognuno di loro aveva tutti gli altri.
Eppure, se tutto il tempo coesisteva, quell’ora magica sarebbe stata per sempre presente e reale, per loro, come lo era adesso.
Tristemente, amorosamente, sentendo intorno a sé la loro presenza e rimpiangendo la necessità di separarsi, Damon sospirò. Li svegliò, a uno a uno.
— Manca poco al levar del sole — disse, sobriamente. — Rispetteranno esattamente i termini ma non ci concederanno neppure un attimo di vantaggio, quindi dobbiamo tenerci pronti. Dobbiamo prepararci per la sfida.
Era l’oscurità rarefatta che precede l’alba. Damon, ritto davanti alla finestra ancora buia, non ancora ingrigita dall’avvicinarsi della luce, si sentiva a disagio. L’esultanza non l’aveva abbandonato, ma c’era un’insicurezza che lo rodeva.
Aveva commesso un errore, dopotutto? Secondo tutte le leggi di Arilinn, questo avrebbe dovuto indebolirli, renderli inidonei al conflitto imminente. Aveva commesso il più tragico, il più irrevocabile degli errori? Amandoli tutti, li aveva condannati a morte, o a un destino ancora peggiore?
No. Aveva puntato tutte le loro vite sul buon diritto di ciò che stavano facendo. Se le vecchie leggi di Arilinn erano giuste, dopotutto, avevano meritato di morire, e lui avrebbe accettato la morte, se non con gioia, almeno riconoscendone la giustizia. Lavoravano in una tradizione nuova, meno crudele e invalidante di quella che lui aveva rifiutato, e la sua convinzione del loro buon diritto doveva trionfare.
Si era avvolto in una vestaglia calda, per proteggersi dal gelo del sopramondo. Anche Callista aveva fatto altrettanto, e aveva drappeggiato uno scialle vaporoso intorno alle spalle di Ellemir. Andrew, indossando il mantello di pelliccia, chiese: — Cos’accadrà, esattamente?
— Esattamente? Questo non posso dirtelo — rispose Damon. — È l’antica prova per i Custodi. Costruiremo la nostra Torre nel sopramondo, e loro tenteranno di distruggere sia lei che noi. Se non riusciranno, dovranno riconoscere che è legittima e che ha il diritto di restare dov’è. Se la distruggono… bene, sai cosa accadrà. Perciò non dobbiamo lasciare che la distruggano.
Callista era pallida, spaventata. Damon le prese il volto fra le mani, gentilmente.
— Nel sopramondo, nulla può farti del male, a meno che tu sia convinta del contrario. — Poi comprese ciò che la turbava: per tutta la vita era stata condizionata a credere che il suo potere fosse fondato sulla verginità rituale.
— Prendi la tua matrice — le comandò dolcemente.
Callista ubbidì, esitante.
— Concentrati. Vedi? — le chiese Damon quando le luci si addensarono a poco a poco nella pietra. — Ora sai che i tuoi canali sono liberi.
Lo erano, infatti. E non era solo l’effetto del kireseth. Liberati dalle enormi tensioni e dall’immensa armatura dell’addestramento di Custode, i canali non erano più bloccati. Lei poteva disporre della loro selettività naturale. Ma perché non gliel’aveva rivelato l’istinto?
— Damon, come e perché hanno permesso che un simile segreto venisse dimenticato?
Significava che nessuno avrebbe mai dovuto compiere la crudele scelta che Leonie le aveva imposto da bambina e che altre Custodi del passato avevano accettato per altruistica devozione ai Comyn e alle Torri.
— Come hanno potuto abbandonare questo per quello ? — Le parole di Callista esprimevano tutta la meraviglia per la scoperta della notte appena trascorsa.
— Non lo so — disse tristemente Damon. — E non so se l’accetteranno, adesso. Minaccia ciò che è stato loro insegnato, rende inutili i loro sacrifici e le loro sofferenze, ne fa un atto di follia.
E provò una dolorosa stretta al cuore, sapendo che in ciò che faceva, come in tutte le grandi scoperte, c’erano i semi di un atroce conflitto. Uomini e donne sarebbero morti per sostenere l’una o l’altra fazione in quella grande lotta; e sentì, con un guizzo d’angoscia, che una figlia sua, dal volto e dal nome di un fiore, una figlia nata da lui ma non da una delle due donne presenti nella stanza, sarebbe stata brutalmente assassinata per aver tentato di portare ad Arilinn quella rivelazione. Per fortuna la precognizione si offuscò: lui era nel presente , e non osava pensare al passato o al futuro.
— Arilinn, come tutte le altre Torri, è prigioniera di una decisione presa dai nostri antenati. Forse erano guidati da ragioni che allora erano valide, ma che oggi non lo sono più. Non intendo costringere i cerchi delle Torri a rinunciare alla loro scelta, se è davvero la loro scelta e se, dopo averne conosciuto il prezzo e sapendo che ora c’è un’alternativa, vorranno mantenere le vecchie usanze. Ma voglio far loro sapere che c’è un’alternativa, e che se io, operando solo, da reietto, ho trovato un’alternativa, possono essercene altre, a decine, e che alcune possono apparire loro più accettabili di quella scoperta da me. Ma rivendico il diritto, per me stesso e per il mio cerchio, di operare a modo mio, secondo le leggi che ci sembrano giuste.
Sembrava così semplice, così razionale. Com’era possibile che gli altri li minacciassero di morte e di mutilazione, per quello? Eppure Callista sapeva che l’avevano fatto, e che avrebbero tradotto in atto la minaccia.
Andrew disse a Ellemir: — Non sono preoccupato per te: ma vorrei avere la certezza che questo non minacci il bambino.
Sapeva di aver centrato quello che era il timore di Ellemir. Ma lei disse con fermezza: — Ti fidi di Damon o no? Se pensasse che c’è pericolo, me l’avrebbe spiegato e mi avrebbe lasciata scegliere in piena conoscenza.
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