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Marion Bradley: La torre proibita

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Marion Bradley La torre proibita

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Darkover è un pianeta gelido e ostile, illuminato da un fioco sole rosso-sangue, su cui hanno fatto naufragio, agli inizi del volo interstellare, alcuni coloni terrestri. Col passare degli anni gli abitanti di Darkover hanno imparato a usare le “pietre matrici” per sviluppare i loro poteri psi, e sul pianeta si è formata una cultura di tipo feudale basata sull’uso delle matrici. Queste pietre, tenute in torri austere e isolate, sono oggetto di un rituale mistico: solo le Custodi, donne che hanno fatto voto di castità, hanno il diritto di adoperarle. Contrapposta alla cultura dei “clan” di Darkover, si trova la civiltà dei terrestri, i quali, dopo vari millenni, hanno riscoperto il pianeta, e vorrebbero portare ai suoi abitanti risorse tecnologiche e armi più moderne. Ma i fanatici guardiani che proteggono la verginità delle Custodi vigilano affinché il pianeta del sole rosso non cada sotto l’influenza dei materialistici terrestri. La torre proibita è la storia di due uomini e due donne che hanno osato sfidare il potere dei guardiani e la tradizione delle Torri. Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1978.

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Sapeva che la paura di Callista si era dissolta, che lei era impaziente di entrare a far parte di quell’entità: e non aveva bisogno di alzare gli occhi per sapere che Andrew e Damon erano venuti a raggiungerle. Per un momento si chiese se lei e Damon dovevano ritirarsi, lasciando Andrew solo con Callista: poi quasi rise all’idea. Erano parte di un tutto unico.

Per un poco il contatto fu limitato alle menti, quando Damon incominciò a intessere il quadruplice collegamento tra loro, stretto, allacciato e completato come non era stato mai. Ellemir pensava in termini e immagini musicali, e per lei era come una mescolanza di voci: quella di Callista aurea e nitida come il canto dell’arpa, quella di Andrew un robusto sottofondo di basso, quella di Damon una bizzarra armonia polifonica, e la sua che le intrecciava tutte, mescolandosi a ognuna. E mentre visualizzava quel rapporto come una musica, un’armonia, condivideva le immagini degli altri: una raggiera di colori nella mente di Callista; l’intimo senso tattile delle immagini di Andrew, così che per un poco sembrò che fossero tutti raggomitolati insieme, nudi, in una strana oscurità, in stretto contatto; scintillanti fili di ragnatela protesi dalla coscienza di Damon, per avvincerli tutti. Per molto tempo parve che a loro non fosse necessario null’altro. Callista, fluttuante nei luminosi colori, era lievemente divertita nel percepire il tocco di Damon, e capiva che lui aveva conservato una misura di coscienza distaccata per controllare i suoi canali. Poi, mentre lui la toccava, il rapporto emotivo si approfondì, diventò una percezione più forte nel suo corpo, qualcosa che era nuovo e strano ma non spaventoso.

Vagamente, al limitare dei pensieri, ricordò le storie di suo padre. Il kireseth veniva dato alle spose riluttanti. Bene, lei non era più riluttante. La resina faceva effetto sul corpo o sulla mente? Era stato lo schiudersi della mente a renderla libera di sentirsi così conscia del proprio corpo, della vicinanza di Ellemir, eccitata e conscia di tutti loro? Oppure era il bisogno d’intimità del corpo a schiudere la mente alla comunicazione più profonda? Ma aveva importanza? Sapeva che Andrew aveva ancora paura di toccarla. Povero Andrew, lei gli aveva fatto tanto male. Si tese verso di lui, lo prese tra le braccia, sentì che la copriva di baci. Questa volta si abbandonò, con la sensazione di sprofondare in un estatico brillio di luci e nello stesso tempo d’immergersi in una tremula oscurità.

Nell’improvvisa e sconcertante rivelazione della sensualità, non le bastava più essere tra le braccia di Andrew. Non si scostò da lui, ma tese le braccia verso Damon: sentì il suo tocco, lo baciò, e poi, in un lampo, ricordò che aveva desiderato farlo durante il primo anno alla Torre e poi aveva soffocato quel ricordo in una frenesia di terrore e di vergogna. Mentre toccava quei due solidi corpi maschili, sentì le proprie dita seguire la curva del seno della sorella e il ventre gravido, e lasciò che la coscienza penetrasse più a fondo, sfiorando il lieve fremito del sonno senza sogni del bimbo non ancora nato. Inspiegabilmente, si sentì protetta allo stesso modo, sicura, circondata dall’amore, e comprese di essere pronta anche al resto.

Andrew, che sentiva tutto questo insieme a lei, comprese che per Callista l’accettazione sensuale di Ellemir sarebbe stata la chiave, e che ciò aveva colmato per Callista l’abisso, come per poco non era avvenuto durante il catastrofico primo tentativo. Sapeva che, se lui avesse accettato quel collegamento, già allora Ellemir avrebbe potuto riuscire a condurli tutti, sani e salvi, sull’altra sponda. Ma lui aveva voluto essere solo con Callista, separato dagli altri.

Se avessi potuto fidarmi di Ellemir e di Damon, allora… E attraverso il rimpianto captò i pensieri di Damon. Quello era allora, questo è adesso, e noi tutti siamo cambiati e maturati.

E quello fu l’ultimo istante di percezione separata, per ognuno di loro. Adesso, com’era quasi avvenuto al solstizio d’inverno, il rapporto telepatico era completo. Nessuno di loro sapeva o desiderava sapere, nessuno di loro cercava di separare e di scindere le sensazioni isolate. A quel punto, i dettagli non avevano importanza: chi apriva o serrava le cosce, chi stringeva le braccia, chi si scostava per un attimo ma solo per venire più vicino, chi baciava, chi schiudeva le labbra al bacio, chi penetrava e chi si lasciava penetrare. Per qualche tempo parve che tutti loro si toccassero, dovunque, condividendo ogni intimità così profondamente da cancellare l’esistenza di ogni coscienza individuale. Callista non seppe mai, dopo, se aveva spartito le sensazioni di Ellemir per l’atto d’amore o se l’aveva provato in prima persona; e per qualche istante, entrando in rapporto mentale con uno degli uomini, vide e abbracciò se stessa… o era la sua gemella? Sentì uno degli uomini esplodere nell’orgasmo, ma non seppe con certezza se lei vi aveva partecipato. La sua coscienza era troppo dispersa, rarefatta: la sentiva espandersi, e Damon e Andrew e Ellemir erano punti di maggior solidità nel suo corpo, che inspiegabilmente si era espanso fino a colmare tutto lo spazio della camera, pulsando nei multipli ritmi dell’eccitazione e della sensibilità. Non sapeva se aveva conosciuto direttamente il piacere o aveva semplicemente condiviso l’intenso piacere degli altri: e non voleva saperlo. E nessuno degli altri sapeva, o avrebbe mai saputo, chi di loro aveva posseduto per primo il corpo di Callista. Non aveva importanza: nessuno di loro voleva saperlo. Fluttuavano e sprofondavano nell’estasi così uniti dalla sensualità e dall’intenso amore che quelle cose diventavano irrilevanti. Il tempo si era completamente sfocato: sembrava che l’attimo durasse da anni.

Molto più tardi Callista si accorse che stava sonnecchiando, infinitamente soddisfatta, ancora circondata da tutti gli altri. Ellemir dormiva con la testa sulla spalla di Andrew. Callista si sentiva stanca, strana, beata: ora affondava nella coscienza di Damon, ora in quella di Andrew, ora discendeva per interi minuti nel sonno di Ellemir. Aleggiando fra passato e futuro, conscia del proprio corpo come non lo era più stata dopo l’infanzia, comprese che avrebbe potuto presentarsi in Consiglio e giurare che il suo matrimonio era stato consumato; e poi, con una riluttanza che la fece ridere un poco, capì che era uscita incinta da quella notte. Non desiderava veramente un figlio, non ancora. Aveva desiderato di avere un po’ di tempo per imparare a conoscere se stessa, conoscere l’evoluzione che aveva conosciuto Ellemir, per esplorare tutte le dimensioni nuove e inspiegate della sua vita.

Ma sopravviverò, come tutte le donne , pensò con un’ilarità segreta; e quell’ilarità, traboccando, si comunicò a Damon. Lui le tese la mano, insinuandole le dita fra le dita.

Grazie agli dèi, Callie, riesci a riderne!

Non è come se avesse dovuto essere una scelta, come temevo. Come se non potessi mai più usare i miei doni. È un ampliamento di ciò che sono, non una limitazione.

Era ancora risentita della necessità di avere un figlio per imposizione del Consiglio e non per sua libera scelta (non l’avrebbe mai perdonato, per questo), ma accettava la necessità e sapeva che sarebbe riuscita facilmente ad amare la creatura indesiderata, al punto di sperare che quella figlia non sapesse — se non quando fosse stata abbastanza grande da poter capire — quanto era stata indesiderata.

Ma non voglio sapere mai chi è il padre… Ti prego, Elli: anche nel controllo, non dirmelo mai, mai. E si promisero, in silenzio, che non avrebbero mai cercato di scoprire se la creatura concepita quella notte era figlia di Damon o di Andrew. L’avrebbero sospettato, ma non l’avrebbero mai saputo con certezza.

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