Scoppiai a ridere. Non potei farne a meno.
«Farò quello che potrò, Kathie», le promisi.
Fortunatamente sapevo dove dormiva Diana, e nessuno mi fermò durante il tragitto. Aprii le tende e mi affacciai sulla stanza. La ragazza era addormentata, ma si svegliò immediatamente e batté le palpebre.
«Che cosa succede? La faccenda è ricominciata?» mi chiese.
La “faccenda” non si era mai fermata; noi, semplicemente, ne eravamo stati allontanati con la forza, per qualche breve tempo. Le spiegai quello che volevo; lei scoppiò a ridere.
«So che non c'è niente da ridere, Lew», si scusò. «Ma non posso farne a meno. D'accordo, comunque. Penso che i miei vestiti andranno bene a Kathie.»
«E puoi cercare Regis, per dirgli di uscire e di cercarci dei cavalli?» continuai.
Diana annuì.
«Posso entrare e uscire come voglio», mi spiegò. «Quasi tutti i terrestri mi conoscono. Lerrys…»
S'interruppe e si morse il labbro. Io non feci commenti; non avevo mai potuto digerire i suoi fratelli, e lei lo sapeva. Ma ora Diana era sola, come me.
Adesso che ero con Diana, mi tornò in mente un particolare. Ritornai nelle mie stanze e presi la pistola di Rafe. C'erano ancora i proiettili nel tamburo. Quell'arma da codardi destava ancora la mia ripulsione, ma quella notte rischiavo di dover combattere contro uomini senza onore e senza coscienza.
Quando ritornai nella stanza di Kathie, Diana e Callina erano già arrivate e la ragazza terrestre indossava la tunica dalle maniche corte e i calzoni aderenti che Diana metteva sempre quando andava a cavallo su Vainwal. Callina, vestita in modo più tradizionale, ci guardò con leggera disapprovazione.
«Bene, ma come usciremo?» chiese.
Le sorrisi. Non per niente ero figlio di Kennard Alton. Erano stati gli Alton, secoli addietro, a costruire il Castello dei Comyn, e la conoscenza dei segreti del castello era passata di padre in figlio.
«Non conosci le tue stanze, Callina?» le chiesi.
Mentre Diana andava a portare a Regis il mio messaggio, mi recai nel salotto dell'appartamento e mi fermai su un certo motivo decorativo del pavimento. Dissi alle due donne di stare indietro, poi aggrottai la fronte. Mio padre mi aveva parlato di quel passaggio segreto, ma non mi aveva insegnato la combinazione; inoltre, non avevo con me un analizzatore di matrici per determinarla. Provai tre o quattro configurazioni correnti, ma non ottennero risposta. Allora mi voltai verso Callina.
«Riesci ad analizzare una matrice di quarto livello senza attrezzature?»
Callina aggrottò la fronte per concentrarsi. Dopo qualche momento, una sezione di pavimento si abbassò, rivelando una serie di scalini polverosi che scendevano per una distanza indeterminata.
«State vicine a me», dissi, facendo segno alle ragazze di seguirmi. «Non ho mai percorso questo passaggio segreto.»
Dietro di noi, la lastra di pavimento ruotò su se stessa e si chiuse; il passaggio piombò nell'oscurità.
«Vorrei che il mio lontano antenato che ha costruito questo passaggio avesse pensato a mettere una luce!» brontolai.
Callina sollevò la mano… e la punta delle sue dita cominciò a brillare. Dalle sue dita sottili s'irradiò una forte luminosità!
«Fate attenzione a non toccarmi», ci avvertì, a bassa voce.
Il passaggio era lungo e buio, gli scalini erano alti, e, nonostante la luce spettrale emanata da Callina, la discesa era difficoltosa. Una volta, Kathie scivolò sugli scalini, che erano lucidi come se fossero fatti di vetro, e io feci appena in tempo ad afferrarla prima che cadesse.
Varie volte, tendendo la mano per cercare a tentoni la parete, incontrai spesse ragnatele vischiose, che dovetti tagliare con il coltello. Non c'era un mancorrente che ci permettesse di mantenere l'equilibrio, ma Callina non aveva difficoltà a scendere, con eleganza e senza mai sbagliare direzione, come se avesse già percorso infinite volte quel passaggio.
Scendemmo per un tempo che ci parve non finire mai. Infine il passaggio divenne orizzontale e, salita un'ultima rampa di scale, ci trovammo davanti a una porta. Quando la aprii, riconobbi il luogo dove ero finito: una via periferica di Thendara, che in quel momento era illuminata da tre pallide lune.
Ci trovavamo in un quartiere di vecchie case e di botteghe dalle porte sbarrate; una zona un po' malfamata, dove probabilmente non si vedeva un terrestre da anni. L'uscita del passaggio sembrava una porta come tutte le altre; in fondo alla strada c'era un luogo dove si ferravano i cavalli e si riparavano spade, finimenti e altri oggetti. Avevo fatto dire a Regis di trovarsi laggiù, e mi augurai che fosse riuscito a uscire dal castello.
C'era riuscito. Non appena girato l'angolo, lo vidi, accanto ad alcuni cavalli, nella strada vuota.
«Lew, vengo con te? Lasciamo qui le donne», mi disse.
«No», risposi, «ho bisogno di Kathie. E qualcuno deve rimanere qui, Regis. È l'unica possibilità che ci resta. Se il mio piano non dovesse riuscire, dovrai cercare di negoziare e di ottenere il più possibile. Alla peggio, come ultima risorsa, penso che tu possa fare affidamento su Lawton.»
M'interruppi, poi alzai le spalle, senza terminare quello che stavo per dirgli. Era inutile farci i saluti e perciò nessuno li fece.
Percorremmo in silenzio le strade di Thendara e ci trovammo presto in aperta campagna. Per qualche tempo incontrammo alcune case e qualche stalla, che progressivamente si fecero sempre più distanziate e infine scomparvero del tutto.
Da molti secoli nessuno veniva ad abitare in quella zona, perché nella regione attorno alla Strada Proibita c'erano ancora molte aree intensamente “calde”, benché fossero passati molti secoli da quando erano state colpite dalla polvere radioattiva, durante una delle guerre dei Cento Regni.
La strada era sicura, ormai, ma la paura sopravviveva nell'animo della gente, perché i loro antenati avevano visto morire troppa gente a causa della “malattia che scioglie le ossa”: chi si avventurava in quella zona, molte volte, al suo ritorno finiva per perdere i denti e i capelli e per consumarsi lentamente.
I Comyn, sia per avere un più rapido accesso ai luoghi sacri degli Hastur sia perché la gente non si addentrasse per errore nella zona veramente pericolosa, avevano ancor più alimentato la paura di quella regione, con deboli matrici trappola e sistemi analoghi; adesso, comunque, quella paura ci era utile, perché potevamo allontanarci dalla città senza essere visti.
Tuttavia, Dyan conosceva al pari di me quella zona, e in previsione di qualche brutto incontro avevo con me la pistola.
Superata l'antica zona abitata, passammo accanto al vecchio spazioporto dei terrestri, che da molti anni era chiuso, benché le sue strutture fossero sostanzialmente intatte.
In origine, per non dare ai terrestri aree coltivabili o utili foreste, i Comyn avevano assegnato loro quella zona disabitata, la più vasta di quelle non pericolose, ma chiusa tra aree radioattive. Oggi anche quella zona era divenuta radioattiva a causa degli scarichi delle astronavi e i terrestri avevano rinunciato a bonificarla, limitandosi ad aggiungere a un altro spazioporto, quello di New Chicago, uno scalo passeggeri. In alcuni punti, il vecchio spazioporto era ancor più radioattivo delle aree avvelenate con la polvere prima che Varzil e gli Hastur la mettessero al bando.
Poco più avanti c'era la Strada Proibita vera e propria, il canyon naturale che si allunga per mille miglia nelle Pianure, dagli Hellers a Dalereuth, e che è sufficientemente largo per permettere il passaggio di sei cavalli affiancati. Le pareti del canyon sono alte solo dieci braccia, ma chi lo percorre è completamente invisibile a chiunque si trovi nelle Pianure, e la Strada Proibita attraversa il continente come se un dio o un gigante, nei passati millenni, avesse graffiato la terra con un'enorme unghia che tagliava pianure e colline.
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