Doc era ritto sul sedile, e studiava il paesaggio davanti a lui. Aveva vagamente l'aspetto di un pirata, con la falda del cappello nero calata sulla nuca, ma sollevata sulla fronte. Tese la mano destra, e Rama Joan gli porse il binocolo. Doc ricominciò l'osservazione, usando lo strumento. Anche Rama Joan e Ann si erano alzate.
Hunter spense il motore della guida interna, sistemò il freno, e quando l'autobus si fermò dietro di loro, terzo della fila, lui e Margo scesero e corsero verso la Corvette, per potere vedere a loro volta la scena.
Davanti a loro si stendeva un pendio digradante, che si abbassava in una serie di dolci ondulazioni per un quarto di miglio per raggiungere una zona pianeggiante, una valle profonda, oltre la quale il terreno tornava a salire, anche se l'altura successiva era più bassa.
Il pendio era nero, a sinistra, di un polveroso verde-bruno alla destra. La Collinare di Santa Monica lo discendeva in curve serpentine, attraversando e riattraversando la linea di demarcazione tra la zona bruciata e quella non bruciata.
Verso il fondo, quasi sulla linea di demarcazione, la strada passava accanto a tre bianchi edifici, circondati da un ampio spiazzo ghiaioso e da un alto reticolato metallico. Poi la strada entrava nel fondovalle, che proseguiva in entrambe le direzioni, una sorta di fossato pianeggiante, ma incurvato, che veniva infine nascosto dalle colline, da una parte e dall'altra.
In basso, al centro della fascia pianeggiante, seguendone i contorni, si stendeva quello che, per un lungo momento, parve semplicemente un serpente lungo più di un miglio, appiattito, squamoso, largo trenta metri. Le squame individuali, che scorrevano a file bordate di scintillii e guizzi metallici, erano soprattutto azzurre, brune, color crema e nere, benché qua e là se ne vedesse una verde o una rossa. A giudicare dai lati scintillanti, il serpente aveva un ventre d'argento.
Wojtowicz, sopraggiungendo alle loro spalle, esclamò:
«Accidenti, ci siamo. Ci siamo!»
Il serpente squamoso era la Statale 101 interna, gremita di automobili i cui parafanghi si toccavano. Il bordo scintillante era il reticolato dell'autostrada.
Doc disse, raucamente:
«Voglio parlare a Doddsy e a McHeath.»
«Ann,» disse Rama Joan, «Puoi andarli a chiamare?» La bambina si allontanò di corsa.
Non appena gli occhi di Hunter e di Margo smisero di seguire l'immagine, e si soffermarono su alcuni punti, i particolari cominciarono a distruggere l'illusione del serpente. In molti punti, delle automobili erano state portate sulla corsia di emergenza, accanto al reticolato. Alcune avevano il cofano sollevato, e delle macchie bianche sui lati… Hunter si rese conto che quelle macchie dovevano essere asciugamani, camicie, e grandi fazzoletti; patetiche «richieste di assistenza» secondo la legge, segnali predisposti prima che l'ingorgo si fosse fatto impossibile.
In numerosi punti, le squame del serpente erano contorte e schiacciate: incidenti ai quali nessuno aveva rimediato, e tentativi di interi gruppi di automobili di compiere un'inversione e tornare nella direzione dalla quale erano venute, attraversando la striscia divisoria, oppure utilizzando la corsia di emergenza.
In tre punti il reticolato metallico era incredibilmente gonfio e sporgente, e ogni gonfiore non era vuoto, ma conteneva delle automobili; quelle dovevano aver tentato di sfondare il reticolato, per uscire dall'ingorgo. Uno di questi tentativi aveva avuto un successo limitato: il reticolato era stato abbattuto, ma la strada, subito dopo, era bloccata da un groviglio di auto rovesciate e ammucchiate, una delle quali era addirittura salita sul cofano della precedente.
Qua e là, alcune auto si muovevano ancora, a strattoni apparentemente insensati, in avanti e indietro, spostamenti di pochi metri nell'una e nell'altra direzione. Il fetore dei tubi di scappamento si confondeva all'acre fetore di bruciato che veniva portato dall'umido vento di sud-est.
Hunter pensò all'aspetto che doveva avere avuto la scena di notte, nell'ultimo stadio della migrazione generale: cinquemila auto visibili, di là, diecimila fari che ammiccavano e si muovevano, diecimila parafanghi che si tamponavano e rumoreggiavano e si rompevano, qualche poliziotto che correva qua e là, cercando inutilmente di tenere aperte delle corsie che rapidamente si stringevano e si accorciavano, cinquemila motori, che vomitavano fumi acri e venefici, cinquemila clacson… E all'incirca altre centomila auto, tra quel punto e Los Angeles.
Sentì dire a Bacchetto, «Questa è la valle degli scheletri. O Signore dei Dischi Volanti, soccorrili.» Dall'automobile accanto, Rama Joan fece udire la sua voce, sommessamente, «Anche un malfattore vede la felicità, fino a quando il suo malfatto non matura; ma quando il suo malfatto matura…»
Il più grande, e più disastroso tamponamento era avvenuto nel punto in cui la Collinare entrava nella 101, subito dopo i tre edifici bianchi; cento automobili, e più, disseminate in disordine, alcune rovesciate, altre bloccate, e le più vicine, almeno trenta, annerite dal fuoco… Hunter pensò che, molto probabilmente, ora lui stava vedendo la causa dell'incendio dei boschi e degli sterpi.
Soltanto dopo che lui e Margo ebbero studiato le automobili a lungo (o solo per un interminabile momento d'incredulità, nel quale il tempo era stato sospeso) cominciarono a vedere le persone. Fu come se qualche oscura legge universale costringesse la vista a discendere a stadi, secondo le dimensioni.
Gente!… tre o quattro persone per ogni automobile, almeno. Molti erano ancora seduti all'interno delle auto. Altri erano in piedi, o camminavano tra le fiancate di latta, alcuni erano in piedi, o seduti, sulle capote coperte da teli o da cuscini. Lontano, a sinistra, al di là della sezione bruciata, molte persone avevano scavalcato il reticolato, e avevano organizzato dei bivacchi, stendendo coperte o teli o asciugamani da spiaggia, eppure ben pochi parevano essersi allontanati dall'autostrada che teneva prigionieri i loro veicoli; forse supponevano che l'ingorgo sarebbe stato risolto, prima o poi, tra poche ore, o in un giorno. E non c'era molto da girare… restavano vicini all'ombra.
Era una vecchia barzelletta, ricordò Hunter, quella che raccontava come gli abitanti di Los Angeles, usando le automobili perfino per far visita ai dirimpettai, avevano dimenticato come si faceva a camminare… una di quelle barzellette che sono poco più della nuda, spiacevole verità.
Alla sinistra della Collinare di Santa Monica, nel punto di uscita e dopo i resti del gigantesco tamponamento, un grappolo di automobili bianche e nere della polizia era riunito su una striscia libera della corsia di emergenza, in un semicerchio che ricordava quello delle carovane dei pionieri. Questo «accampamento» presidiava una breccia nel reticolato, larga a sufficienza per far passare un'auto, una breccia che pareva praticata da grandi cesoie. Mezza dozzina di poliziotti si trovavano all'interno del recinto, e in quel preciso momento un agente partì, su una grossa motocicletta, attraversando la breccia, voltandosi immediatamente e sfrecciando verso nord, sulla spianata al di fuori del reticolato. Alcune persone uscirono dai loro bivacchi, e parvero salutarlo, ma egli non si fermò, ed essi rimasero fermi, mentre la polvere sollevata dalla motocicletta si allungava e si allargava intorno a loro.
A destra, dove stava crescendo rapidamente, espandendosi verso il cielo, la nera muraglia di nubi, c'era un numero minore di bivacchi, ma un numero assai maggiore di persone all'aperto… persone magre, esili, che si muovevano rapidamente, in maggioranza, facendo grandi gesti, ondeggiando e saltando, riunendosi a gruppi, disperdendosi, raggruppandosi di nuovo. E da quella direzione pareva provenire, molto sottile e debole, il gracchiare, il pigolare e lo strillare e il tambureggiare di una musica jazz.
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