Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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«…giù a Trilby?» finì la voce.

Così quello , pensò Barbara, era il nome del miserabile villaggio distrutto, attraverso la cui strada principale in rovina erano passati venti minuti prima.

A voce alta, disse:

«Siamo venuti da Palm Beach, e stavamo semplicemente passando. Possiamo pagare il pedaggio,» ma mentre cercava, con la mano sinistra, nella borsetta nera che teneva sulle ginocchia, due grosse braccia abbronzate entrarono dal finestrino, e presero la borsetta, mentre una mano pelosa le prese il mento, e le fece rovesciare il capo, e per un secondo poté vedere un viso magro, ispido, dagli occhi da pesce; in quel momento, Barbara dominò l'impulso di sparare, o di mordere la mano. Poi le braccia si allontanarono, con la borsetta, e la voce disse:

«Ehi, quel vecchio corvo dev'essere uno di quei milionari di Palm Beach. Qua dentro ci sono banconote a chili.»

Barbara disse:

«È molto malato. È in coma. Vogliamo portarlo…»

«Uno di quei milionari yankee,» disse la voce. «Che scendono qui, e la fanno da padroni, e sfruttano i bianchi dando loro paghe da negri, e poi scappano come polli quando il Signore ci mette alla prova. Prenderemo il denaro per il Fondo del Giubileo, e prenderemo le due pollastre negre… renderanno la collina un po' meno scomoda. Uscite, voi due, presto!… oppure infilo una pallottola nel corpo del vostro autista dipinto!»

E appoggiò la canna del fucile alla tempia di Benjy.

Ci siamo , pensò Barbara, ma quando fece per sollevare la rivoltella, sentì le dita del vecchio KKK stringerle il polso, con sorprendente forza, impedendole di muoversi. Il vecchio si schiarì la voce, raucamente, e un attimo dopo parlò, con voce forte, imperiosa, una voce che Barbara non gli aveva mai sentito prima.

«Ho sentito per caso qualche spiritoso mettere in dubbio il colore di mio figlio Benjy? Dalle vostre parole, credevo che foste vera gente del Sud, qui, non sporchi vermi del fango!»

Si udì un mormorio, fuori, incollerito ma incerto. Il fucile si scostò da Benjy. Poi il vecchio KKK, fissando gli uomini avvolti negli impermeabili, con sguardo da avvoltoio, intonò, incredibilmente:

«Quando finirà la Notte Nera?»

Lentamente, come se gli fosse strappata a forza, la risposta fu data dal primo uomo che aveva parlato:

«Con l'alba del Giubileo Bianco.»

«Alleluia!» rispose il vecchio KKK. «Portate al Grande Maestro di Dade City il saluto del Grande Maestro di Dade County. Benjamin, sarei lieto se tu volessi proseguire.»

Si stavano muovendo… un metro… tre… cinque… e poi andavano velocemente per la strada, ed Hester stava dicendo:

«Attento a quell'ostacolo, Benjy!» E la Rolls sterzò bruscamente, e sterzò di nuovo, e poi accelerarono ancora, e Benjy stava ridendo, solo che questa volta la risata era un po' isterica; infine, riuscì ad ansimare:

«Il vecchio KKK allora è proprio degno del suo nome!» Si voltò «Chiedo scusa… papà!»

Hester disse:

«Non ti può sentire, Benjy. È di nuovo addormentato. Ha usato tutte le forze che gli restavano.»

Helen si voltò, a occhi spalancati:

«Non avevo mai sospettato che fosse del Klan.»

«Be'» disse Hester. «Ringrazia la provvidenza, piccola.»

CAPITOLO XXX

Doc si occupò delle operazioni, nell'accampamento, non appena l'alba verdognola invase il cielo. Si comportò con una misteriosità altezzosa che sarebbe stata irritante, se non fosse stata accompagnata da un palese, ironico entusiasmo. In particolare, rifiutò di discutere il loro prossimo obiettivo, o il problema del macigno che ostruiva la strada, fino a quando tutti non fossero stati organizzati per la partenza.

Diminuì di un terzo le razioni della colazione, che Ida e McHeath gli presentarono per approvazione, prescrisse penicillina per Ray Hanks, dopo che il ferito gli ebbe dichiarato di non essere allergico al medicamento, e rispose con un secco diniego alla proposta di Hixon, il quale suggeriva di rendere permanente quell'accampamento, creando gruppi da mandare fuori in cerca di approvvigionamento.

Le due Sedan vennero perquisite. Sotto il cruscotto della prima trovarono una pistola calibro 32, carica, e sul sedile posteriore un cappello nero. Doc requisì entrambi gli oggetti, calcandosi il cappello sulla testa pelata, con un allegro, ironico «Mi va a meraviglia!»

Wojtowicz, in piedi malgrado la ferita alla spalla, protestò:

«Non metta quel cappello, Doc, le porterebbe sfortuna,» mentre Bacchetto dichiarò, in tono sepolcrale. «Mai vorrei contaminare la mia testa con le molecole irradiate dall'aura di un assassinio sadico.»

«E io non voglio che le radiazioni solari arrostiscano la mia testa più di quanto non lo sia già,» rise Doc. «Posso sopportare benissimo, invece, la forfora di un assassino.»

La prima automobile cominciò subito a tossire e a brontolare, quando Doc girò la chiavetta di accensione, ma la batteria della seconda pareva esaurita. Doc si oppose alla proposta di Wojtowicz, di studiare sotto il cofano le condizioni del motore, ma non appena l'auto venne privata di tutta la benzina e dell'olio Doc ordinò agli altri di spingere il veicolo verso il precipizio.

Cinque secondi dopo la scomparsa dell'auto, oltre il bordo del precipizio, si udì arrivare lo schianto, seguito ben presto da tre avvoltoi.

Doc fece schioccare le dita, e borbottò:

«Non avevo certo intenzione di disturbare la loro colazione, se è quella che penso io.»

La signora Hixon lo udì, e il suo viso si fece verdastro.

Subito dopo Doc si diresse verso la Corvette rossa, che rispose meravigliosamente ai suoi comandi. «Magnifico,» fu il suo commento, quando scese di nuovo a terra, dopo aver frenato a pochi millimetri dal precipizio. «Questa è per me.»

Verso la fine della colazione, egli riunì Hunter, Rama Joan, Margo e Clarence Dodd, portandoli dietro il camion, in un punto dove gli altri non potevano ascoltare.

«Be', cosa facciamo?» domandò. «Continuiamo verso la Valle, o torniamo indietro, fino a Mulholland, e ci dirigiamo verso i Cornell o Malibu? Dobbiamo tenere in movimento questo gruppo, altrimenti il morale crollerà a zero, e non riusciremo a smuoverli neppure con le gru.»

«Se decidiamo per la Valle, come faremo ad aggirare quel macigno?» domandò l'Omino.

«Rimanda la soluzione, Doddsy,» gli disse Doc. «Andiamo per ordine; prima scegliamo, poi affrontiamo i problemi della scelta.»

«Un gruppetto potrebbe prendere la Sedan, e andare a perlustrare la Valle,» suggerì Hunter.

Doc scosse decisamente il capo.

«No, non possiamo permetterci di dividere il gruppo. È troppo esiguo.»

«Io conosco degli artisti, a Malibu,» cominciò Rama Joan, incerta.

«E io ne conosco a Cape Cod,» disse Doc, sorridendole e strizzandole l'occhio. «Probabilmente a quest'ora stanno nuotando verso lo Scoglio di Plymouth.»

«Ma io stavo per dire,» continuò Rama Joan, con una smorfia ironica. «Che voto per la Valle.»

«Qualcuno conosce l'altitudine della Valle?» domandò l'Omino. «Potrebbe essere inondata, attraverso i passi tra le montagne.»

«Lo scopriremo,» rispose Doc, stringendosi nelle spalle.

«Deve essere la Valle,» intervenne Margo, «Vandenberg Tre si trova ai piedi della Collinare. E credo sappiate tutti che io voglio dare la pistola a inerzia a Morton Opperly.»

Doc li guardò.

«E sia la Valle, allora,» decise. «Io penso, però,» aggiunse, rivolgendosi a Margo, «Che il nome migliore sarebbe pistola a momentnm. »

«Ma il macigno…» cominciò l'Omino.

Doc alzò il braccio.

«Venite,» disse, e tutti lo seguirono. Doc si avviò verso il masso.

Mentre passavano, Bill Hixon domandò in tono scherzoso, che per tre quarti era di intuibile antagonismo:

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