«Ma l'indicazione più inequivocabile sulla vera natura della tua civiltà galattica così vantata, e della vostra grande sensibilità, è la maniera in cui milioni di esseri umani stanno morendo, in questo stesso momento, sotto questo disco volante, a causa della distorsione del nostro campo gravitazionale provocata dal Vagabondo… tutto perché voi avevate bisogno di carburante, e non avete voluto aspettare ancora un poco, per trovare una fonte di approvvigionamento più adeguata… per esempio, le lune di Giove e di Saturno. Ammetto che abbiate spento qualche incendio, certo, ma soltanto dopo che centinaia, forse centinaia di migliaia di esseri umani sono morti tra le fiamme e per i terremoti avvenuti prima degli incendi. E ora, intere città vengono annientate dalle inondazioni che avete provocato. Se andiamo avanti così…»
«Fa' silenzio, scimmia!» ringhiò Tigerishka, con gli artigli sfoderati, e appoggiò una zampa al quadro di comando. Miao saltò via, galleggiando nell'aria. «Ascolta, Paul,» continuò lei, apparentemente dominandosi con una certa difficoltà. «Non mi sono mai vantata con te di essere umanitaria, o scimmiataria, o cosmotaria! I gatti hanno cultura crudele, per certi aspetti. Altre culture crudeli, molte altre! Morte, fa parte della vita. Alcuni soffrono sempre. Il nostro rifornimento, solo normale sviluppo degli eventi. È solo…»
Si interruppe, vedendo il dito che Paul stava puntando contro di lei. Il viso di Paul si era illuminato, perché in quel momento egli aveva intuito l'enorme significato del tentativo apparentemente sincero di Tigerishka di giustificarsi e giustificare il suo popolo.
«Non ti credo,» le disse, seccamente. «Tigerishka, io credo che la tua fretta e quella della tua gente, quella fretta che vi ha fatto commettere tanti errori, la mancanza di un'opportuna ricognizione, e di preparativi adatti, e quasi tutti i vostri sforzi tardivi e rozzi per riparare alcuni dei danni che avete prodotto… credo che tutto questo indichi che voi siete stati costretti ad agire precipitosamente da qualcosa di cui avevate profondamente paura! »
Con un ringhio acuto, Tigerishka si lanciò su di lui, lo premette contro la parete, tenendogli una zampa intorno al collo, e l'altra a pochi centimetri dal viso, con gli artigli sfoderati.
«Questa è una maledetta menzogna, Paul Hagbolt!» gridò lei, nell'inglese impeccabile dei momenti di collera. «Ti chiedo di ritirare immediatamente quanto hai detto!»
Paul trattenne il fiato. Poi scosse il capo.
«No,» disse, sorridendole, benché dai suoi occhi scendessero lacrime di dolore. «Tu sei spaventata a morte!»
Don Guillermo Walker cercò di allontanare le zanzare, e guardò i letti delle case inondate di San Carlos, rossi nel chiarore dell'alba, mentre la lancia stava tornando indietro, verso il Lago Nicaragua. Durante la notte, la corrente del fiume San Juan aveva nuovamente invertito il suo corso, opponendosi con forza alla lancia, e adesso era evidente la causa… il lago si era sollevato di quattro metri e più… benché la ragione di questo fenomeno fosse difficile da stabilirsi.
Anche il cielo presentava un mistero. A oriente era limpido, e il sole già irradiava luce e calore, ma a occidente una densa muraglia di nubi bianche si levava, dalla striscia di terra tra il lago e il Pacifico, e si stendeva a perdita d'occhio a nord e a sud.
Benché la notte prima egli fosse stato spettatore della grande esplosione di vulcanesimo, Don Guillermo non pensò che in quel luogo, come in molti altri, l'Oceano Pacifico fosse ora circondato da una cortina di vapore, là dove l'acqua di mare penetrava nelle spaccature vulcaniche.
Domandò per quale motivo la lancia si dirigesse a nord, e i fratelli Araiza lo informarono che erano diretti alla loro casa, a Granada. Qualcosa di duro e aspro, nella loro voce, gii impedì di fare obiezioni.
Questo non gli impedì, però, di lanciarsi un po' più tardi in un resoconto… non il primo che essi avessero udito da lui, però… di come, cento e più anni prima, il suo bis-bis-bisnonno fosse sbarcato nel Nicaragua in compagnia di cinquantotto seguaci yankee , un manipolo sparuto ma audace, che ben presto aveva assalito e occupato la stessa Granada.
Bagong Bung osservava il sole, che stava salendo per Don Guillermo, scendere nel Golfo del Tonchino, ora enorme e appiattito mentre dodici ore prima era stato piccolo e tondo, tanto gonfio e enorme che esso sembrava inghiottire tutto il Vietnam del Nord. Pensò alla sua cassaforte, nella cabina, che ora conteneva una borsa di ghinee d'oro, e due borse più grosse di monete d'argento… il modesto bottino della Sumatra Queen. Toccò il giallo fazzoletto di seta, che era legato intorno al suo capo alla moda piratesca, e poi si voltò verso Cobber-Hume, e disse:
«Yooh-eh, eh, baik sobat? »
«E una bella fumata per te, dato che non è contro la tua religione.»
Bagong Bung sogghignò, ma poi il suo viso si fece serio e pensieroso, ed egli disse, con voce intensa:
« Pagi clan ayer surut! »
Il mattino, e la bassa marea! Veramente, non vedeva l'ora che arrivassero. Aveva già da molto tempo deciso quale relitto avrebbe cercato, allora: la nave del tesoro spagnola, la semileggendaria Lobo De Oro. La Tigre del Fango avrebbe cercato di concludere con il Lupo d'Oro!
Barbara Katz ebbe una prima, semplice reazione, alla vista della doppia canna di fucile infilata attraverso il finestrino, accanto al posto di guida di Benjy: la considerò un altro ostacolo, da aggiungersi a tutti quelli incontrati… ostacoli da superare, aggirare, evitare nelle prime tre ore di luce. Terreno sabbioso… distese e distese; foglie e rami e fango; cespugli sradicati, e piccoli alberi; auto fuori uso, e macchine agricole; animali morti e… non fermarsi!… persone; filo spinato… quello poteva essere infernale; dovevano sistemare delle assi sopra un reticolato appiattito e spostato, per far passare la Rolls Royce senza forare le gomme; fiori sommersi di fango, dipinti qua e là, viscidi e insidiosi; case e stalle, a pezzi o quasi intatte… dovettero trovare un vialetto laterale, per aggirare un'impressionante catasta di legno e pietra. Tutto pareva immerso nel fumo, a oriente, come se una nebbia fitta si stesse sollevando dal suolo. Naturalmente c'erano state anche delle persene vive, benché non fossero state molte, ed esse si comportavano in maniera stordita e attonita, oppure badavano ai loro affari, come quello di spostare masserizie su terreni più alti, o di muoversi a bordo di auto o in sella a dei cavalli. Una volta, un piccolo aereo li aveva sorvolati, e il rumore dei motori era stato forte e sprezzante.
La seconda reazione di Barbara, alla vista della canna di fucile, fu che quella doveva essere la spiacevole emergenza che aveva aspettato fin dall'inizio; e fu lieta di avere una rivoltella a canna corta, calibro 38, nella mano destra, che teneva sotto la coscia, dalla parte del vecchio KKK, e, in caso di necessità, sperava di poterla alzare e cominciare a sparare attraverso il finestrino… però questo non sarebbe servito a molto, se avesse colpito Benjy ed Hester che si trovavano davanti, anche se il motore della Rolls stava ronzando sommessamente. Se avessero avuto un avviamento più rapido…
La terza reazione, alla vista della canna di fucile, fu di osservare la ruggine recente che macchiava il metallo, e di chiedersi se le cartucce non fossero bagnate; in questo caso, lei avrebbe avuto un vantaggio nettissimo, e non avrebbe avuto bisogno di sparare, ma solo di minacciare… però si trattava soltanto di supposizioni.
La voce dietro il fucile era pigra, ma minacciosa.
«Questo è un punto d'ispezione. Stiamo raccogliendo il pedaggio. Cosa stavate facendo…»
«Stavamo solo cambiando una gomma,» rispose seccamente Barbara.
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