Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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Naturalmente, sarebbe stato forse più saggio ritornare sulle Chiltern… quelle colline erano sembrate abbastanza sicure… o cercare le alture a est di Islip, ma si disse che quelle colline sarebbero state presto brulicanti delle orde di profughi che dovevano continuare a giungere da ovest, da Londra. Inoltre, detestava il pensiero di fermarsi da qualche parte, anche su di una vetta apparentemente sicura, ed essere costretto ad aspettare e a pensare. Era intollerabile… era necessario muoversi, muoversi sempre. E si prova una certa lealtà verso una linea d'azione appena elaborata con tanta fatica.

Finalmente parlò del suo piano (Cotswolds-Malvern Hills-Black Mountains) a due uomini più anziani, che camminarono accanto a lui per qualche tempo. Il primo disse che era del tutto privo di senso comune, l'elucubrazione di un pazzoide; il secondo disse che il piano avrebbe salvato mezza Inghilterra, e che doveva essere comunicato senza indugio alle autorità responsabili (costui agitò il suo bastone furiosamente, verso un elicottero che li sorvolava lentamente).

Richard fu completamentet disgustato di entrambi dopo pochi minuti, in particolare del secondo, e accelerò il passo, lasciandoli a discutere tra loro, con voce forte e tono collerico. Bruscamente, tutta la sua esaltazione era sparita, e si rese conto che il piano e i ragionamenti seguiti erano semplicemente le razionalizzazioni di un bisogno di fuggire a occidente, non più sensato delle folli migrazioni del lemming attraverso la Scandinavia, per gettarsi nell'Atlantico e trovarvi la morte. In effetti, si domandò, lo choc e il disorientamento, in lui e in tutti coloro che lo circondavano, non avrebbero potuto spogliare le loro menti deile patine di pensiero civile, e lasciar scoperto qualche oscuro nucleo cerebrale primitivo, che rispondeva soltanto al medesimo richiamo che i lemming potevano udire?

Continuò a camminare a passo veloce, però, tenendosi più vicino alla strada e cercando un posto libero su una delle automobili. Dopotutto, lemming o no, quello stupido piano era tutto ciò che aveva, e aveva ricordato in quel momento l'obiezione più forte che il primo uomo gli aveva fatto: cioè che per i Cotswolds mancavano ancora venti miglia.

Quando la marea del mattino invase il Canale di Bristol e risalì la Severn, portando con sé relitti di barche e travi di case, e boe strappate alle loro ancore, e pali del telegrafo seguiti da un corteo di fili, e case divelte, e i morti, giungendo assai più alta della notte prima, Dai Davies ritornò con essa, passando Glamorgan e Monmouth, girando e rollando come il marinaio fenicio annegato di T.S. Eliot, amorevole poeta gallese fino alla fine, a dodici metri di profondità.

CAPITOLO XXIX

Margo e Hunter, avvolti ciascuno in una coperta, occupavano il posto di guardia, una specie di ciotola scavata dalla Natura nella roccia; McHeath e Doddsy avevano già liberato lo spazio dall'acqua piovana e dai detriti che lo avevano riempito. Sopra di loro, sull'orizzonte occidentale, tra nuvole stracciate facevano capolino delle stelle ammiccanti, ma il cielo, sopra di loro e a oriente, era coperto da una fitta coltre scura. Sotto di loro, uno stretto cono di luce brillava sulle Sedan bloccate, e lungo la strada, verso la Valle. Poiché Doddsy aveva numerose batterie di ricambio per la sua torcia elettrica, Doc aveva deciso di sistemarla alla sommità del macigno. «Servirà a chiunque sia di guardia per avvistare eventuali intrusi che cerchino di raggiungerci dalla Valle,» aveva detto. «È probabile che costoro vengano a cercare l'origine della luce, e se le loro intenzioni saranno amichevoli, chiameranno a gran voce. Ma non sparate subito, tanto per non avere disturbi. Avvertiteli che sono sotto mira. E non svegliate l'intero accampamento, per una visita; limitatevi a svegliare me.»

Ora Hunter e Margo stavano fumando, una piccola falla nella perfezione del piano di Doc… ma non troppo grave, avevano stabilito dopo brevi meditazioni. Il piccolo alone di brace rossigna, mentre Margo aspirava, illuminava le guance e il mento della ragazza, e i capelli biondi, raccolti dietro la nuca, un'acconciatura necessaria dopo essere stati inzuppati la notte prima dall'acqua salata.

«Lei ha l'aspetto di una Valchiria, Margo,» le disse sommessamente Hunter, in tono convinto.

Da sotto la coperta lei tirò fuori la pistola grigia, e la tenne alta sul petto, e la brace della sigaretta trasse qualche scintilla da essa.

«Infatti, mi sento una Valchiria,» mormorò lei, in tono felice. «Non mi è affatto piaciuto, quando gli altri avevano questa pistola, anche se le cose che Doddsy ha notato erano tutte molto interessanti.»

Durante il suo turno di guardia in compagnia di McHeath, l'Omino aveva esaminato la pistola, servendosi della piccola torcia elettrica, e di una lente d'ingrandimento, e aveva scoperto una minuscola scala lungo la colonnina viola. «È stata fabbricata da creature la cui vista è migliore della nostra,» aveva dedotto. Aveva anche scoperto un'altra cosa che Margo non aveva neppure notato; una minuscola levetta incassata, alla sommità dell'impugnatura… che puntava la sua sottilissima estremità all'estremità di una scala circolare, ugualmente minuscola, in posizione alla fine della canna. Nessuno poté immaginare quale fosse la funzione di quella levetta, e fu deciso di non compiere esperimenti con essa.

«Mi chiedo su quanti pianeti abbia fatto vittime, quest'arma,» mormorò Margo, in quel momento.

«Sì,» disse Hunter, «Lei ha proprio l'aspetto di una vestale, una vestale guerriera che vigila sulla sacra fiamma dell'arma.» Si avvicinò un poco a lei. Lei sentì l'odore muschioso del sudore dell'uomo.

«Zitto… non ha sentito qualcosa?» mormorò lei, rapidamente. Spensero le sigarette e aspettarono, pieni di tensione, con gli occhi fissi sulla strada. Hunter strisciò lentamente verso l'estremità della cresta rocciosa, seguendo una sorta di sentiero che aveva esaminato ed esplorato al tramonto, e che dominava la scena, un pendio da una parte, una caduta verticale di almeno nove metri dall'altra.

L'accampamento formato dall'autobus e dal camion era immerso nel più profondo silenzio, e non c'era alcun segno di movimento straniero, benché il vento sussurrante facesse loro pensare alla tomba nella caverna, a cinque metri da loro. Dopo qualche tempo ritornarono nelle posizioni precedenti, e accesero nuovamente le sigarette.

«Sa una cosa, Margo,» riprese Hunter, esattamente dal punto in cui era stato interrotto. «Secondo me, uccidere quegli uomini l'ha riportata alla vita. L'ha risvegliata, forse per la prima volta, Un'esperienza del genere provoca questi effetti a molte persone.»

Lei annuì, tutta compresa, sorridendo interiormente.

«Tutto è doppiamente reale, ora,» mormorò. «Mi sembra quasi che la realtà sia fatta di una sostanza più solida, e che io abbia sensi e percezioni migliori, soprattutto dei corpi delle persone. È fantastico.»

«L'ha resa più bella,» disse Hunter, posando la mano sul polso di Margo. «Molto più bella. Una splendida vestale, una meravigliosa Valchiria.»

«Ah, Ross,» mormorò lei, solennemente. «Chiunque penserebbe che lei mi stia facendo la corte.»

«Infatti,» le disse, accentuando la stretta sul polso.

«Lei ha una moglie e due figli, nell'Oregon,» mormorò lei, scostandosi, ma non con tanta forza da liberarsi.

«Loro non contano,» le disse. «Benché sia sempre preoccupato per la loro sorte. Ma ora noi viviamo di giorno in giorno, di secondo in secondo. Ogni ora potrebbe essere l'ultima. Margo, voglio baciarti.»

«Ci siamo conosciuti soltanto ieri, Ross. Lei ha molti anni più di me…»

«Dieci, al massimo,» mormorò lui, raucamente. «Margo, le vecchie regole e le vecchie convenzioni non contano più. Come ha detto Rudy, questa è una para-realtà…»

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