Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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Allora si rannicchiò in una posizione uterina, e galleggiò nella notte del sonno, verso il profondo abisso della quieta incoscienza.

L'ultima cosa di cui si rese conto fu la voce di Tigerishka che diceva, in tono neutro:

«'Notte, scimmia.»

CAPITOLO XXVIII

Il Vagabondo mostrava alla Terra la sua faccia di yin-yang per la quinta volta. Ormai per un giorno intero esso era rimasto sospeso nei cieli notturni della Terra. Per i meteorologi dell'Osservatorio Internazionale del Polo Sud, immersi nelle profondità della notte continua dell'inverno polare, il Vagabondo aveva compiuto un intero circuito del cielo senza sole, mantenendo sempre la stessa distanza dall'orizzonte di ghiaccio, e ora stava di nuovo sospeso nel punto in cui era comparso per la prima volta, sopra la Terra di Marie Byrd e la catena montuosa della Regina Maud. Grandi, verdi aurore boreali fiammeggiavano dalle nevi eterne, e scintillavano livide intorno.

Il pianeta straniero diede nuovi e potenti stimoli ad antiche credenze superstiziose, e a molte specie di manie.

In India, un paese che era sfuggito fino a quel momento ai tremendi terremoti, e aveva subito danni minimi per le maree, esso venne adorato da grandi congregazioni, in riti che duravano per tutta la notte. Alcuni lo identificarono nell'invisibile pianeta Ketu, finalmente vomitato dal serpente. I bramini lo contemplarono, calmi e pensierosi, e suggerirono che forse l'apparizione avrebbe segnato l'inizio di una nuova kalpa.

In Sudafrica esso diventò la bandiera della rivolta, in una sollevazione sanguinosa e trionfale contro i boeri.

Nei paesi protestanti, il Libro dell'Apocalisse venne letto e riletto in migliaia di Bibbie, che non erano state mai lette prima, e neppure sfogliate.

A Roma, il nuovo Papa, che era stato un astronomo tra i gesuiti, combatté ogni interpretazione superstiziosa degli eventi, mentre i paparazzi trovarono lenti e pellicole, per le loro macchine fotografiche, che permisero loro di fotografare divi dello schermo e altri notaboli intenti a gesticolare in direzione del Vagabondo, o fermi sullo sfondo del grande globo… mentre Ostia lottava contro le inondazioni, e le nuove maree del Mediterraneo risalivano il corso del Tevere.

In Egitto, una creatura felinide, atterrata con un disco volante, venne identificata come la benigna dea Bast da un teosofo britannico emigrato là, e il culto dell'adorazione dei felini ricominciò con nuovo vigore. Secondo il teosofo, lo stesso Vagabondo era il gemello distruttore di Bast: Sekhet, l'Occhio di Ra.

Ci fu una bizzarra eco di questo sviluppo della situazione a Parigi, dove due felinidi, ripetendo l'errore di Tigerishka, liberarono dal giardino zoologico tutte le tigri, i leoni, i leopardi e gli altri grandi felini. Alcune belve apparvero nei cafés della Riva Sinistra. Un'analoga liberazione avvenne al Tiergarten di Berlino, dove gli animali erano minacciati dalle acque alte.

Era strano, stranissimo pensare che Don Merriam stava dormendo comodamente nella sua piccola cabina, a bordo del Vagabondo, proprio come Paul stava saporitamente dormendo nel disco volante di Tigerishka.

Mentre il Vagabondo causava ondate di panico e psicosi collettiva, la sua improvvisa apparizione, e le catastrofi che l'avevano accompagnato, agirono in altri casi come una sorta di terapia di choc. Ci furono letteralmente delle esplosioni di sanità, nei reparti d'isolamento degli ospedali psichiatrici. Vedendo realizzarsi l'impossibile, e vedendo che anche i medici e gli infermieri ne erano terrorizzati, gli psicotici videro soddisfare allo stesso tempo qualche profondo bisogno inconscio. E le nevrosi, le psicosi e le neurosi private diventarono banali, per i loro possessori, di fronte alla follia cosmica che aveva turbato la Terra.

Su altri individui, il Vagabondo operò un cambiamento… donando una capacità dell'ultimo istante di vedere la verità, anche se non di lottare con essa. Quando Fritz Scher, ormai immerso fino alla cintola nell'acqua salata, guardò fuori della finestra, nell'Istituto delle Maree di Amburgo, verso l'aurora, le nubi si sollevarono un poco a occidente, come una tendina sollevata a metà, e dietro di esse il Vagabondo lo guatò minaccioso, diritto in volto. Le cose finalmente si chiarirono nella sua mente, quando un nuovo, possente gonfiarsi d'acqua lo sommerse, e lo trasportò via dalla finestra. Mentre egli si aggrappava inutilmente ai fianchi aerodinamici della macchina per la previsione delle maree, portato irresistibilmente dalla corrente, usò gli ultimi respiri per gridare e gridare e gridare questa frase: «Moltiplicate tutto per ottanta!».

Barbara Katz sentì muoversi un poco il letto, sotto di lei, mentre la buia stanza del terzo piano dell'albergo dondolava con l'edificio che la conteneva. Dominò l'impulso di balzare in piedi, e si fece ancor più vicina al vecchio KKK, poi allungo la mano sopra il corpo del vecchio, verso Helen, che riposava dall'altra parte. Un'ora prima il vecchio era stato scosso da un lungo brivido. Nel pomeriggio era stato il caldo a tormentarlo, ma ora, con le gelide acque dell'Atlantico che invadevano tutta la Florida, era il freddo il nemico peggiore.

Benjy, in piedi davanti alla finestra, con il volto rischiarato dal bagliore spettrale del Vagabondo, annunciò:

«L'acqua è sopra le finestre del primo piano, e la corrente è forte. Sta passando una casa da spiaggia. Sentito il colpo? Ci ha urtati.»

«Torna sulla tua branda, Benjy, e riposati un po',» chiamò Hester, dall'angolo. «Se questo posto parte, non possiamo farci nulla. L'acqua bussa per entrare, e tu non puoi dirle di stare fuori!»

«Io non ho la tua calma, Hes,» le disse Benjy. «Avrei dovuto restare sull'auto, assicurarmi che la tenessero in alto. Però adesso l'acqua sarà molto vicina.»

«Faranno meglio a non azzardarsi a muoverla!» disse Barbara, a bassa voce ma con intensità di sentimenti. «Quel parcheggio lassù era compreso nei cinquemila dollari che abbiamo pagato per questa camera.»

Dall'altra parte del vecchio KKK Helen disse, con un'ombra di risatina nella voce:

«Chissà se questi vampiri hanno ricordato di portare la cassaforte all'ultimo piano. Altrimenti adesso sarà spazzata via!»

«Zitta,» disse Hester. «Benjy, torna a letto.»

«E che attrazione c'è?» domandò lui, pensieroso, dalla finestra. «Helen è andata a dormire con il Vecchio, per contribuire a scaldarlo. E quel trucco di farina e cipria che la signorina Barbara mi ha messo sulla faccia mi dà il prurito.»

«Piantala di lamentarti, negretto,» gli disse Hester. «Io e Helen siamo passate, come infermiere, ma tu avevi bisogno di schiarirti un po'. Non ti cambia, ma ti giustifica. Mostra che tu cerchi di compiacere. Con questo, e una banconota da mille dollari, puoi andare dappertutto.»

Benjy disse:

«Il vecchio Vagabondo mostra di nuovo il mostro sulla faccia. Ruota molto in fretta.»

La stanza ballonzolò. Si udì uno scricchiolio di legno. Benjy annunciò:

«L'acqua è salita di un'altra spanna. Mi sembra che gli angoli si stiano muovendo.»

Helen si rizzò a sedere:

«Tu pensi che dovremmo…» cominciò, con voce tesa, ansiosa.

«Silenzio!» ordinò duramente Hester. «Tutti devono fare silenzio, ora, e stare calmi e distesi. Ci stiamo godendo cinquemila dollari. Benjy, avvertimi quando l'acqua ti arriva al collo… ma non prima. Buonanotte! »

Nel buio, Barbara pensò al circuito automobilistico di Sebring, a un miglio di distanza, e a tutti quei meravigliosi motori sepolti sotto l'acqua salata, con l'olio portato via dalla corrente. Oppure erano stati previdenti, ed erano partiti a tutta velocità verso nord, in una strana, multicolore corsa verso le montagne? Immaginò i missili e le astronavi sommerse, cento miglia più lontano, a Capo Kennedy.

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