Isaac Asimov - Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere.
Ancora una volta Uomo e Robot assieme.
Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw.
E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia.
Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano?
Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato.
La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza.
Ancora una perla del geniale
Isaac Asimov.
Un romanzo degno del precedente (
) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito:
.

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Aveva un volto triangolare che si allargava sugli zigomi (che a loro volta diventavano sporgenti quando lei sorrideva) per poi restringersi in una curva gentile all'altezza delle labbra piene e del piccolo mento. La testa non era situata molto in alto. Baley giudicò che dovesse essere alta uno e sessanta. (Questo non era tipico. Almeno non per il modo di pensare di Baley. Si supponeva che le donne spaziali tendessero a essere alte e imponenti.) E la sua capigliatura non era bronzo-spaziale. Era castano chiara con sfumature bionde, e di lunghezza moderata. In quel momento era rialzata in quello che Baley immaginò essere una corrente d'aria calda. Tutta l'immagine era molto piacevole.

Confuso, Baley esclamò: «Se vuole interrompere il contatto e aspettare di aver finito…».

«Oh, no. Ho quasi fatto, e frattanto possiamo parlare. Hannis Gruer mi ha detto che si sarebbe fatto vivo. Lei viene dalla Terra, ho saputo.» Se lo beveva con gli occhi.

Baley annuì e sedette. «Il mio compagno è di Aurora.»

Lei sorrise, continuando a fissarlo come se rimanesse lui la curiosità, e naturalmente, pensò Baley, era proprio così.

La donna alzò le braccia sulla testa, agitando le dita nell'aria calda e allargandole come se volesse affrettare l'operazione di asciugatura. Aveva braccia sottili e ben fatte. Molto attraente, pensò Baley.

Poi pensò ancora, a disagio: a Jessie tutto questo non piacerebbe.

La voce di Daneel s'intromise. «Non sarebbe possibile, signora Delmarre, fare polarizzare o schermare la finestra? Il mio collega è disturbato dalla luce del giorno. Sulla Terra, come certo avrà sentito…»

La giovane donna (Baley stimava che fosse sui venticinque, ma lo affliggeva il pensiero che l'età apparente degli spaziali potesse essere molto ingannevole) portò le mani alle guance ed esclamò: «Oddio, sì, lo sapevo. Che stupida. Mi perdoni, la prego, ci metterò un momento. Faccio venire un robot…».

Uscì dalla cabina, con la mano tesa verso l'interruttore, ancora parlando. «Penso sempre che dovrei avere più di un interruttore di chiamata in questa stanza. Una casa non è ben fatta se non hai un interruttore a portata di mano dovunque tu sia… Diciamo non più in là di un metro. È proprio… Ma che le succede?»

Fissava scioccata Baley che era scattato in piedi, facendo cadere la sedia, era arrossito fino alla radice dei capelli e si era affrettato a voltarsi.

Daneel parlò calmo. «Sarebbe meglio, signora Delmarre, se, dopo aver ottenuto il contatto con il robot, ritornasse nella cabina o, in mancanza di questo, procedesse a indossare alcuni articoli di vestiario.»

Sorpresa Gladia abbassò gli occhi a contemplare la propria nudità e disse: «Be', naturalmente».

5. Si discute un crimine

«Era solo una visione, capisce?» disse Gladia contrita. Era avvolta in qualcosa che le lasciava libere braccia e spalle. Si vedeva anche una gamba fino a mezza coscia, ma Baley, che si era completamente ripreso sentendosi un perfetto idiota, la ignorava stoicamente.

«È stata la sorpresa, signora Delmarre…» disse.

«Oh, la prego, mi chiami Gladia e diamoci del tu, a meno che… A meno che questo non contrasti con i costumi terrestri.»

«Gladia, allora. Benissimo. Volevo solo rassicurarti che non hai nulla di repulsivo, capisci? Solo la sorpresa.» Era già abbastanza male che si fosse comportato da stupido, pensava, senza costringere quella povera ragazza a pensare che lui la trovava disgustosa. In quanto a questo, invece, era stata piuttosto… Piuttosto…

Be', la frase non gli veniva, ma sapeva di certo che non era il modo in cui avrebbe descritto tutto questo a Jessie.

«So di averti offeso,» disse Gladia «ma non pensavo di farlo. Non me n'ero accorta. Naturalmente mi rendo conto che bisogna stare attenti con gli usi degli altri pianeti, ma qualche volta questi usi sono così stravaganti… Almeno non stravaganti,» si affrettò ad aggiungere «non volevo dire stravaganti. Volevo dire strani, sai?, e così facili a dimenticarsi. Come il fatto che ho dimenticato di far oscurare le finestre.»

«Va tutto bene» borbottò ancora Baley. Lei ora stava in un'altra stanza con tutte le finestre schermate e con la luce che aveva la sottilmente diversa e più comoda struttura dell'artificialità.

«Ma per l'altra cosa» proseguì lei con tono franco «è solo una visione , capisci? Dopo tutto non t'importava di parlarmi quando ero nell'asciugatoio, e anche lì non avevo nulla addosso.»

«Be',» disse Baley dandole corda perché si scaricasse su quell'argomento «sentirti è una cosa, vederti è un'altra.»

«Ma è proprio quello! Il vedere non c'entra.» Arrossì un poco, abbassando lo sguardo. «Spero che tu non pensi che farei una cosa del genere, voglio dire uscire dall'asciugatoio con qualcuno che mi vede. Era solo una visione. »

«È la stessa cosa, no?» disse Baley.

«Non esattamente la stessa cosa. In questo momento mi stai visionando. Non puoi toccarmi, od odorarmi o fare qualcosa del genere, vero? Lo potresti fare se mi vedessi. In questo momento sono almeno a duecento chilometri di distanza. Come può essere la stessa cosa?»

L'interesse di Baley cresceva. «Ma ti vedo con i miei occhi.»

«No che non mi vedi. Vedi la mia immagine. Mi stai visionando.»

«E questo fa differenza?»

«Tutta la differenza possibile.»

«Vedo.» In un certo senso vedeva davvero. Non era una distinzione che si potesse afferrare facilmente, ma in essa c'era un certo tipo di logica.

Lei disse, piegando un po' il capo da un lato: «Vedi davvero ?».

«Sì.»

«Questo vuol dire che non t'importa se mi tolgo l'accappatoio?» Sorrideva.

Mi sta provocando, pensò, e io dovrei stare al gioco.

Invece disse forte: «No, mi distoglierebbe dal lavoro. Parleremo di questo un'altra volta».

«Non t'importa se sto dentro un accappatoio, invece che in qualcosa di più formale? Parlo sul serio.»

«Non m'importa.»

«Posso chiamarti per nome?»

«Se ne hai l'occasione…»

«Come ti chiami?»

«Elijah.»

«Bene» Si raggomitolò su una sedia che sembrava dura, quasi di ceramica, nella materia, ma che man mano cedeva lentamente sotto di lei, fino ad abbracciarla gentilmente.

«Agli affari, ora» disse Baley.

«Agli affari» rispose lei.

Baley trovava tutto estremamente difficile. Non c'era modo di incominciare. Sulla Terra avrebbe chiesto nome, classifica, Città e zona di abitazione e avrebbe fatto un milione di diverse domande di routine. Avrebbe anche potuto conoscere già le risposte, ma sarebbe stato un mezzo per raggiungere la fase seria dell'interrogatorio. Sarebbe servito a presentargli una persona, a farsi un giudizio sulla tattica da seguire, invece che tirare a casaccio.

Ma qui? Come poteva essere certo di nulla? Già il concetto di “vedere” aveya significati diversi per lui e per la donna. Quante altre parole potevano essere diverse? Quanto spesso avrebbero reciprocamente equivocato senza neanche accorgersene?

«Da quanto tempo sei sposata?» chiese.

«Da dieci anni, Elijah.»

«Quanti anni hai?»

«Trentatré.»

Baley si sentì confusamente compiaciuto. Avrebbe potuto benissimo averne centotrentatré.

«Eri sposata felicemente?»

Gladia lo guardò a disagio. «Che cosa intendi con questo?»

«Be'…» Per un istante Baley si sentì smarrito. Come si fa a definire un matrimonio felice? E, in quanto a questo, che cosa consideravano i solariani un matrimonio felice? «Be',» disse «vi vedevate spesso?»

«Cosa? Certo che no! Non siamo mica animali, sai?»

Baley trasalì. «Vivevate nella stessa abitazione? Credevo…»

«Ma è naturale: eravamo sposati. Ma io avevo le mie stanze e lui le sue. Lui aveva un'importante carriera che gli portava via buona parte del suo tempo e io avevo il mio lavoro. Ci visionavamo l'un l'altro ogni volta che era necessario.»

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