Isaac Asimov - Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere.
Ancora una volta Uomo e Robot assieme.
Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw.
E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia.
Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano?
Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato.
La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza.
Ancora una perla del geniale
Isaac Asimov.
Un romanzo degno del precedente (
) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito:
.

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Baley annuì. «E se per caso c'è più di una Gladia Delmarre? Ci potrebbe essere possibilità di confusione.»

«Padrone?» Dopo la domanda il robot rimase in passivo silenzio.

«Credo» spiegò Daneel «che questo robot non capisca la tua domanda. È mia convinzione che a Solaria non vi siano nomi doppi. I nomi vengono registrati alla nascita e nessun nome può essere adottato finché non è vacante.»

«Va bene» disse Baley. «Ogni minuto se ne impara una. Ora vediamo, ragazzo, dimmi come funziona qualunque cosa si supponga che io debba far funzionare; dammi lo schema di connessione, o comunque tu lo chiami, e poi esci.»

Prima che il robot rispondesse, ci fu una percettibile pausa. Poi disse: «Vuole fare un contatto da solo, signore?».

«Esatto.»

Daneel tirò leggermente Baley per la manica. «Un momento, collega Elijah.»

«Che c'è, ora?»

«È mia convinzione che il robot potrebbe stabilire il contatto con la massima facilità. È la sua specializzazione.»

«Sono certo» disse Baley sogghignando «che può farlo molto meglio di me. Facendolo da solo potrei anche combinare un bel pasticcio.» Fissava negli occhi l'impassibile Daneel. «Preferisco lo stesso essere io a fare il contatto. Li do io gli ordini o no?»

«Li dai tu, collega Elijah, e ai tuoi ordini si obbedirà, se lo permetterà la Prima Legge. Comunque, con il tuo permesso, vorrei darti qualche informazione che conosco sui robot di Solaria. I robot solariani sono specializzati più che su qualsiasi altro mondo. Anche se sono fisicamente capaci di molte cose, mentalmente sono equipaggiati in modo massiccio per un solo tipo di lavoro. Per operare funzioni al di fuori della loro specialità ci vuole l'alto potenziale prodotto dalla diretta applicazione delle Tre Leggi. E per loro non eseguire il dovere per cui sono equipaggiati richiede la diretta applicazione delle Tre Leggi.»

«Bene, allora un mio ordine diretto mette in azione la Seconda Legge, no?»

«Esatto. Però il potenziale rilasciato è “spiacevole” per il robot. Di solito la questione non si pone nemmeno, perché un solariano non interferisce quasi mai con il lavoro quotidiano dei robot. Intanto, al lavoro dei robot non fa nemmeno caso, e poi non ne sentirebbe la necessità.»

«Daneel, stai cercando di dirmi che se il lavoro lo faccio io, questo fa male al robot?»

«Come ben sai, collega Elijah, il dolore in senso umano non è applicabile alle reazioni robotiche.»

Baley scrollò le spalle. «E allora?»

«Nondimeno,» proseguì Daneel «l'esperienza a cui va incontro un robot è per lui sconvolgente come il dolore per un essere umano, per quel che posso giudicare.»

«Tuttavia,» disse Baley «io non sono solariano. Sono terrestre. E non mi piace quando i robot fanno qualcosa che vorrei fare io.»

«Considera anche» ribatté Daneel «che causare disagio a un robot potrebbe essere ritenuto un atto di maleducazione da parte dei nostri ospiti, visto che in una società come questa ci dev'essere un certo numero di convinzioni più o meno rigide su quale sia la maniera corretta di trattare un robot. Offendere i nostri ospiti non renderebbe certo più facile il nostro compito.»

«Va bene» si arrese Baley. «Lasciamo fare il suo lavoro al robot.»

Si era calmato. L'incidente non era stato senza costrutto. Era un esempio educativo di quanto spietata potesse essere una società robotica. Una volta creati, i robot non si potevano escludere con tanta facilità, e un essere umano che desiderasse farne a meno, sia pure temporaneamente, non poteva.

Con gli occhi semichiusi osservava il robot che si avvicinava al muro. Che i sociologi della Terra esaminassero quello che era appena successo e ne traessero le loro conclusioni. Lui cominciava ad avere idee per conto suo.

Metà muro scivolò da una parte, rivelando un pannello di controllo che avrebbe reso giustizia alla centrale di energia di zona di una Città.

A Baley mancava enormemente la pipa. Era stato avvertito che su Solaria, dove non si fumava, fumare sarebbe stata una tremenda infrazione all'etichetta, cosi non gli era stato permesso di portare con sé nulla che lo ricordasse. Sospirò. C'erano dei momenti in cui la sensazione del cannello tra i denti e il fornello caldo nella mano sarebbero stati infinitamente confortanti.

Il robot lavorava con rapidità, adattando qua e là resistenze variabili e intensificando, secondo uno schema adatto, i campi di forza con rapidi tocchi delle dita.

Daneel spiegò: «Prima è necessario fare segnali alla persona che si desidera incontrare. Questo messaggio, naturalmente, lo riceverà un robot. Se la persona chiamata è disponibile e desidera ricevere l'immagine, allora viene stabilito il contatto pieno».

«Ma sono necessari tutti questi comandi?» chiese Baley. «La maggior parte del pannello il robot non la tocca nemmeno.»

«Le mie informazioni sull'argomento non sono complete, collega Elijah. Comunque c'è ogni tanto la necessità, quando capita il caso, di realizzare immagini multiple e immagini mobili. Le ultime, in particolare, richiedono complicati e continui aggiustamenti.»

Il robot disse: «Padrone, i contatti sono stati stabiliti e approvati. Quando lei è pronto, saranno completati».

«Pronto» grugnì Baley, e come se la parola fosse stata un segnale, metà della stanza si ravvivò di luce.

Daneel si affrettò a dire: «Ho trascurato di far specificare al robot che tutte le aperture visibili sull'esterno fossero schermate. Me ne scuso e vedrò di…»

«Non importa» fece Baley con una smorfia dolorosa. «Mi arrangerò. Non interferire.»

Era una stanza da bagno che stava fissando, o almeno la giudicò tale dai suoi accessori. A un'estremità c'era, tirò a indovinare, una specie di salone di bellezza e vide con l'immaginazione un robot (o dei robot?) che si occupava con infallibile prontezza dei particolari della pettinatura e dei dettagli esteriori dell'immagine che una donna presenta al mondo.

Su alcuni ammennicoli si limitò ad arrendersi. Non c'era modo di giudicarne l'uso, mancandogli ogni esperienza. I muri erano ricoperti di uno schema complicato che prima di ricadere nell'astrazione induceva l'occhio a credere che vi fosse rappresentato qualche oggetto naturale. Il risultato era calmante, quasi ipnotico nel modo con cui monopolizzava l'attenzione.

Quella che avrebbe potuto essere la doccia, molto grande, non era schermata da nulla che potesse sembrare materiale, ma piuttosto da un trucco luminoso che instaurava una specie di muro di opacità. Non c'era in vista alcun essere umano.

Lo sguardo di Baley s'indirizzò al pavimento. Dove finiva il suo locale e dove cominciava l'altro? Era facile a dirsi. C'era una linea in cui cambiava la qualità della luce, e doveva essere là.

Camminò fino alla linea e, dopo un momento di esitazione, fece passare la mano al di là.

Non sentì nulla, niente di più che se avesse cacciato la mano in una delle rozze immagini tridimensionali della Terra. Ma là, almeno, la sua mano avrebbe continuato a vederla; forse un po' nebulosa e sovrapposta all'immagine, ma l'avrebbe vista. Qui era sparita completamente. Per la sua vista il braccio gli finiva bruscamente al polso.

Se avesse attraversato la linea con tutto il corpo? Probabilmente anche la vista avrebbe cessato di funzionargli. Sarebbe stato in un mondo di completa oscurità. L'idea di essere recluso in modo tanto efficiente era quasi piacevole.

Una voce lo interruppe. Alzò gli occhi e retrocedette, quasi inciampando per la fretta.

A parlare era stata Gladia Delmarre. O almeno Baley suppose che fosse lei. La parte superiore della copertura di luce sulla doccia era svanita ed era chiaramente visibile una testa.

Sorrise a Baley. «Ho detto salve, e scusi se l'ho fatta aspettare. Mi asciugo subito.»

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