«Avremmo potuto trovarvi su Pentecoste quattromila anni fa, se soltanto avessimo pensato di guardare. Così, invece, abbiamo captato le vostre emissioni radio qualche centinaio di anni fa soltanto. E soltanto allora abbiamo stabilito contatto con voi.
«Abbiamo seguito le nostre regole-standard. Contatti lenti e limitati, senza tentare di cambiare il governo del mondo con cui ci eravamo messi in contatto. Si dà il caso che Pentecoste abbia avuto il classico regime totalitario sin dal primo contatto: un governo più preoccupato di rimanere al potere che di qualunque altra cosa, e sublimemente disinteressato alle questioni interstellari. Dal nostro punto di vista questo era perfetto. Ogni cosa ha funzionato secondo i piani per centinaia dei vostri anni, fino a questo Planetfest, quando il Quartier Generale fu informato che era probabile un gruppo insolito di vincitori. Vedete, non si sa in anticipo chi saranno i vincitori, ma i nostri giù su Pentecoste ne avevano un’idea piuttosto buona. Ci aspettavamo dei guai, ma non sapevamo quali. Per quanto mi riguarda, sono convinta che qualcosa sarebbe accaduto anche se Wilmer non avesse intrapreso quella sua azione su Whirlygig. I vostri profili sono tutti troppo lontani dagli schemi usuali. Ma è soltanto una mia ipotesi. La cosa importante è che qualcosa sia accaduto. — E Olivia Ferranti guardò quei giovani volti attenti tutt’intorno a lei e scosse la testa, — eccoci qua. Dobbiamo decidere cosa deve accadere adesso.
«Accetto il fatto che avete il controllo della nave. E spero che accettiate la mia parola quando vi dico che il vostro controllo potrebbe essere pericoloso, con le limitate conoscenze che avete. L’attuale situazione è brutta per tutti, voi compresi. Perciò lasciatemi proseguire la conversazione, avviando la discussione, informandovi che sono stata inviata qui con una proposta da parte di tutti noi, perfino il comandante Rinker.
Il gruppo intorno a lei si animò. D’un tratto presero ad agitarsi, guardandosi l’un l’altro interrogativamente. Da più di mezz’ora i loro personali problemi si erano trovati in secondo piano, per l’interesse suscitato dal destino che gli altri esseri umani avevano incontrato su altri mondi. Il ritorno alla situazione presente fu brusco e disagevole.
Peron incontrò lo sguardo di ognuno di loro. Infine annuì.
— Non abbiamo niente da perdere ad ascoltarti. Ricorda però che abbiamo il controllo fisico tuo e della nave. Perciò, d’accordo, ascolteremo. Qual è la vostra proposta?
Lentamente, un millimetro dopo un altro esasperante millimetro, gli occhi di Olivia Ferranti si aprirono. Una sottile linea bianca era comparsa dietro le lunghe ciglia false. La linea si allargò fino a diventare un’esile mezzaluna. Le palpebre continuarono a separarsi strisciando lentissime, rivelando alla fine le pupille dilatate circondate dalle luminose iridi castane chiazzate d’oro.
— Ci siamo — commentò allora Peron. — Finalmente è nell’S-Spazio. Nessuno potrebbe mai fingere un simile risveglio. Torniamo alla camera e parliamo.
Ognuno dei sei sapeva che una discussione s’imponeva d’urgenza. Ma il desiderio di osservare Olivia Ferranti era stato troppo intenso, e tacitamente ammesso da tutti.
Si erano raccolti intorno al grande serbatoio quando lei si era preparata a entrare. Avevano osservato in silenzio mentre lei, con straordinaria calma, era entrata. E non appena il pesante portello della bara era scivolato nella posizione della chiusura ermetica, si era distesa, li aveva fissati attraverso il lato superiore trasparente, e aveva rivolto loro un saluto facendo ondeggiare lievemente la punta delle dita. Poi aveva raggiunto il pannello di controllo interno, e aveva formato la sequenza-chiave per iniziare il suo ritorno all’S-Spazio.
Qualche istante dopo, gruppi di spruzzatori sottili si erano mossi, venendo a contatto con lei, per irrorare il suo corpo, le braccia e le gambe di un fluido nebulizzato, mentre delicati cateteri uscivano come serpenti dalle pareti della bara e s’insinuavano con delicatezza dentro gli orifizi della sua testa e del suo corpo. Un denso vapore giallo-verde riempì pigramente l’interno del serbatoio, levandosi dopo pochi minuti a nascondere la forma immobile di Olivia Ferranti in una coltre dagli orli sfumati.
Dopo questo, vi era stato ben poco da vedere, ma erano rimasti lì in attesa per quasi due ore, scambiandosi brevi frasi sottovoce. Soltanto quando l’interno della bara si schiarì e Olivia Ferranti ricominciò a muoversi in lentissima consapevolezza, furono in grado di pensare ad altre faccende.
E adesso, osservando i suoi occhi che si aprivano con strisciante gradualità, provarono tutti un rinnovato e assurdo senso di urgenza. La logica diceva che un altro giorno, o due, di discussioni e di riflessioni sarebbero passati inavvertiti per Rinker e gli altri nell’S-Spazio, ma la sensazione di dover fare in fretta andava al di là della logica. Quella sensazione diminuì un po’ quando tornarono nella camera del computer, e trovarono le regolazioni dei comandi e i robot di servizio esattamente come li avevano lasciati.
— Allora, cosa ne pensate? — chiese Peron d’un tratto, mentre prendevano posto formando uno stretto cerchio intorno alle proiezioni della consolle del computer principale, che tremolavano lievemente.
— Io le credo — esclamò subito Rosanne.
— Io no — ribatté con prontezza Sy. — Ci ha mentito.
— Lum?
— Un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. — Lum si massaggiò le guance piene con una mano e corrugò la fronte. — Credo alla maggior parte di quello che ha detto. Si è tenuta molto vicina alla verità. Ma credo che abbia esercitato la memoria selettiva. Ha lasciato fuori alcune cose.
— Ma certo che l’ha fatto! — Sy aveva uno sguardo corrucciato. — Potrei elencare almeno dieci cose che non ci ha detto. Cosa succede se respingiamo il loro suggerimento? Chi stabilisce le regole che decidono ciò che dobbiamo conoscere, e quando? Cosa accade, se un vincitore del Planetfest non si adegua alla linea del partito? Dove finisce? Una cosa è certa, non torna su Pentecoste. Mi chiedo se qui nel sistema di Cass non abbiano messo a punto degli incidenti molto convenienti… sappiamo che ci sono parecchie possibilità, a questo scopo, in giro per i Cinquanta Mondi.
— Stiamo precorrendo i tempi — replicò Lum. Si agitava a disagio dentro la sua giubba, un indumento marrone troppo stretto al petto e con le maniche troppo corte. — Prendiamo la storia di Olivia Ferranti un pezzo per volta, e vediamo su cosa siamo d’accordo. Allora, chi…
— Mi è parso che la sua lezione di storia suonasse genuina — offrì Elissa.
— Anche a me — annuì Peron.
— Per andare ancora di più al punto — proseguì Lum, — non riesco a vedere quale vantaggio avrebbe ricavato mentendo. E le credo quando dice che adesso siamo sulla rotta che porta al loro Quartier Generale. Ma qualcuna delle altre sue dichiarazioni mi è suonata falsa. Tanto per cominciare, non credo proprio che noi possiamo essere un pericolo per questa nave e per noi stessi, soltanto perché qui siamo estranei, e ci troviamo nello spazio normale. Non abbiamo certo superato le prove del Planetfest senza imparare la cautela. Sappiamo come essere prudenti e guardiamo, prima di saltare. Credo che ci abbia detto che siamo un pericolo perché ci vogliono nell’S-Spazio, dove possono tenerci d’occhio. Vogliono avere il controllo. Bene, questo non possiamo permettercelo. Sy, come va la riprogrammazione per i robot di servizio?
— Tutto fatto. Adesso obbediscono agli ordini impartiti dalla nostra voce. Ma Kallen ed io abbiamo una domanda. Vogliamo che sia il computer ad attivare i robot di servizio in risposta alle nostre voci, e a quelle di nessun altro? Oppure dobbiamo lasciare che funzionino anche per la Ferranti e gli altri?
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