— Io credo di poterlo fare. Non siamo disposti ad accettare le risposte senza prima aver cercato le informazioni per conto nostro. È uno dei motivi per cui mi sento così a mio agio con il resto di voi.
— Lo accetto. Ma allora lascia che ti faccia notare un’altra cosa. Potrai spiegarmi cosa vuol dire. I gruppi di contendenti per le visite sulla superficie di Glug, Bedlam, Crater e Camel e gli altri pianeti sono tutti un miscuglio casuale dei venticinque vincitori. Ma guarda chi si trova qui su Whirlygig: Sy, io, tu, Kallen e Lum, i primi cinque, tutti «piantagrane», più Rosanne e Wilmer. Penso che Rosanne possa venir classificata anche lei come una selvaggia, troppo difficile da controllare, ti si drizzerebbero i capelli se ti riferissi alcune delle cose che ha fatto. E tutti c’interroghiamo su Wilmer. Siamo stati scelti apposta per questo viaggio, e mi preoccupa quello che potrebbe accadere qui.
Peron accostò ancora di più la sua tuta, in modo da poter vedere la sua faccia. Si rese conto che lei era davvero preoccupata, non stava soltanto scherzando. Allungò una mano per afferrare il guanto della sua tuta. — Rilassati, Elissa. Sei quasi peggio di Tolider in quanto a ragionamenti azzardati. Non ci avrebbero fatto fare tutta questa strada per liquidarci qui su Whirlygig. Se rappresentassimo un fastidio così grosso, avrebbero potuto sbatterci fuori durante la competizione su Pentecoste, e nessuno avrebbe mai sospettato niente. — Scoppiò a ridere. — Non preoccuparti. Adesso che siamo atterrati, siamo al sicuro, qui su Whirlygig.
Avevano fatto dei buoni progressi. Ben presto il polo Nord sarebbe comparso alla loro vista. E in meno di un’ora Peron avrebbe conosciuto la falsità delle sue ultime parole.
La cupola era un emisfero di polimero robusto e flessibile, con un diametro di circa venti metri. Era situato esattamente sull’asse di rotazione del pianeta. Quell’asse era inclinato moltissimo rispetto al piano dell’orbita di Whirlygig, cosicché in quel periodo dell’anno il sole dorato di Cassay era permanentemente invisibile, sospeso giù sopra l’altro polo. Soltanto la compagna più debole, Cassby, proiettava il suo bagliore rossastro sul paesaggio fornendo un’illuminazione adeguata ma poco calore. Non c’erano sostanze volatili libere su Whirlygig, ma la temperatura di superficie di mezzo-inverno al polo nord era comunque abbastanza bassa da solidificare la maggior parte dei gas.
Peron ed Elissa erano talmente immersi nella loro conversazione da scordarsi di sviluppare la velocità più efficace, partendo dall’equatore, e arrivarono per ultimi. Gli altri erano già atterrati, raggruppati intorno alla cupola. Sy, Lum e Rosanne stavano ispezionando il portello d’ingresso, senza toccarne nessun punto. Kallen e Wilmer si trovavano sul lato opposto della cupola, intenti a guardare qualcosa sulla parete.
Elissa si avvicinò per vedere cosa stava facendo Sy. — Problemi?
Lum si voltò e annuì. — Ci stavamo chiedendo quando sareste arrivati voi due. Sì, ci sono problemi. Forse, malgrado tutto, non passeremo una notte piacevole fuori dalle nostre tute.
Sy era ancora rannicchiato accanto al portello. Pareva piuttosto compiaciuto di dover affrontare una nuova sfida.
— Guardate, ecco come dovrebbe funzionare — disse. — C’è una camera di equilibrio con un portello interno e uno esterno. Il portello esterno, questo, ha un blocco d’emergenza, così non si apre quando c’è anche un minimo di pressione gassosa dentro la camera d’equilibrio. Prima bisogna svuotare la camera fin quasi al vuoto assoluto, e questo si può fare dall’esterno, il comando è questo qui, sulla parete esterna. Quando siamo arrivati, c’era atmosfera nella camera d’equilibrio, così, com’è naturale, non ha voluto aprirsi. Ora abbiamo pompato fuori l’atmosfera, le pompe funzionano bene, ma il portello non vuole ancora aprirsi.
— Un guasto al motore? — chiese Peron.
— Potrebbe essere. Il passo successivo è quello di cercare di aprire il portello manualmente. Ma vogliamo esser certi di sapere quello che stiamo facendo. Sull’altro lato della cupola c’è una grossa chiazza di sigillante nero. Suggerisce che c’è stato un impatto meteoritico, e che il sistema d’autoriparazione se n’è preso cura. Ma non sappiamo cosa l’impatto possa aver fatto all’interno, fino a quando non ci saremo arrivati. Non sappiamo quanti danni posano aver sofferto i sistemi meccanici. Forse la meteora ha colpito anche la camera di equilibrio. Dovremo entrare per scoprirlo.
Peron venne avanti ad esaminare la porta. Pareva intatta. — Sei sicuro che adesso non ci sia nessuna pressione nella camera?
— Certissimo. L’indicatore di livello funziona. Mostrava una pressione positiva quando siamo arrivati, e mentre pompavamo è sceso a zero.
— Perciò dovrebbe essere abbastanza sicura da aprirla manualmente — aggiunse Lum. — Ci stavamo preparando a farlo quando siete arrivati voi due. Venite, altre paia di mani possono essere di molto aiuto.
Il portello esterno della camera di equilibrio cedette con molta riluttanza, quando Sy, Lum e Peron tirarono con forza. Infine riuscirono ad aprirlo all’incirca a metà, uno spazio quasi sufficiente a far passare una persona.
— Adesso tocca a me — disse Rosanne. — Non potevo esservi molto utile a tirare e a sollevare, ma sono abbastanza magra da entrare là dentro, dove voi grassoni non potete, e vedere cosa succede. Fatemi spazio.
Si avvicinò all’ingresso della camera di equilibrio, si girò di fianco, e come un granchio cominciò a strisciare con cautela dentro l’apertura.
Peron era in piedi proprio alle sue spalle. Sentì il grido di avvertimento di Sy nell’identico momento in cui il pensiero gli balenò nella mente. Idioti! Se sappiamo che il portello esterno non funziona bene, perché presumere che i comandi di quello interno siano in condizioni migliori?
Si sporse in avanti, agguantò Rosanne alla vita e con un singolo strattone la tirò indietro e di lato, lontano dal portello esterno aperto della camera di equilibrio. Sentì un rantolo di sorpresa e di fastidio provenire dalla radio, mentre Rosanne slittava via sulla superficie argento e bruna del terreno. Poi, prima che potesse seguirla, una grande forza lo afferrò e lo trascinò via, mandandolo a ruzzolare sopra le rocce appuntite.
Anche mentre veniva sbatacchiato e strapazzato dentro la propria tuta, i suoi pensieri rimasero assai chiari. Il blocco di chiusura del portello interno doveva essere stato gravemente danneggiato, pronto a disattivarsi, appeso, per così dire, a un filo. Fintanto che c’era una pressione equalizzata sia nella camera di equilibrio che nella cupola, non sarebbe sorto nessun problema. Ma una volta che loro avevano pompato via la pressione presente nella camera di equilibrio, il portello interno si era trovato con tonnellate di pressione d’aria esercitate sulla sua faccia interiore. Se fosse venuto meno, tutti i gas della cupola sarebbero stati liberati attraverso la camera di equilibrio in una singola, gigantesca esplosione. E per chiunque si fosse trovato in mezzo…
Peron stava roteando e rimbalzando da una formazione rocciosa all’altra. Sentì tre collisioni separate e frantumanti, una sul petto, una sulla testa, e una lungo il fianco. Poi, tutt’a un tratto, finì. Giacque supino sulla superficie, fissando il globo color rubino di Cassby, e scoprì, stupefatto, di essere ancora vivo.
Gli altri si affollarono intorno a lui, aiutandolo a rialzarsi. Rimase sorpreso nel constatare che si trovava ad almeno cinquanta metri dalla cupola. Rosanne si era rialzata e stava agitando la mano per mostrare che stava bene.
— Sto bene anch’io — disse Peron.
Vi fu un lungo, strano silenzio da parte degli altri. Infine, Peron percepì una debole, sinistra sensazione di freddo sul lato inferiore sinistro del suo addome. Abbassò lo sguardo. La sua tuta era orribilmente deformata e scheggiata dal petto alle cosce, e sopra il suo addome appariva bianca invece del solito grigio metallico.
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