Hal Clement - Nati dall'abisso

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Nati dall'abisso: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel futuro, la Commissione per l'Energia controllerà rigidamente il mondo. Nelle profondità dell'oceano, però, qualcuno ha preso una strada diversa… e qualcosa di nuovo sta per accadere sulla Terra!

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Riuscii a far capire a Bert che dovevamo tornare indietro per discuterne. Quando cercai di spiegargli che bisognava portarci dietro il sommergibile, però, si oppose seccamente. Dopo un paio di minuti, rinunciai ad insistere. Come ho detto, quel piano del resto non mi entusiasmava.

Bert rivolse alcuni cenni agli altri: tranne quattro, vennero tutti con noi. I quattro si calarono su un tratto fangoso, ad una ventina di metri dallo scafo, e cominciarono non so che gioco. In un altro momento, sarei stato curioso di scoprirne i dettagli.

Il tragitto di ritorno, naturalmente, fu più rapido di quello di andata… o meglio, lo sarebbe stato, se l’avessimo portato a termine.

Non so quanto fossimo arrivati lontano in quegli otto o dieci minuti. Dovevamo aver percorso circa quattrocento metri, credo. Non sono il nuotatore più efficiente del mondo, e non ci mettevo neppure molto impegno.

L’interruzione, come gran parte delle cose che erano andate storte nei nostri piani, avrebbe dovuto venire prevista: ma non l’aveva prevista nessuno. Se l’avessimo immaginato, non saremmo rimasti in attesa nei pressi del sommergibile, dopo aver messo in moto le pompe della zavorra.

Fu una cosa abbastanza ovvia e l’unica ragione per cui non capii cos’era successo un secondo dopo l’evento fu che, naturalmente, avevo perso i sensi.

CAPITOLO 20

Se vi immergete nell’acqua e un vostro amico batte ripetutamente due grossi sassi uno contro l’altro, cominciando a venti o trenta metri di distanza e avvicinandosi fino a quando voi non ce la fate più a sopportarlo, potete avere un’idea vaga di quello che accadde.

Non so descrivere la sensazione che provai. Anzi, poiché mi fece perdere i sensi per parecchi secondi, non è neppure giusto dire che provai qualcosa. Comunque, fu una specie di sensazione; forse se sapessi con certezza cosa si prova a venir colpiti da un maglio, simultaneamente, su ogni centimetro quadrato del corpo, potrei sfruttare il paragone. Ma dovrò lasciar fare alla vostra immaginazione, con l’aiuto dell’esperimento che vi ho suggerito un momento fa.

L’onda d’urto fece più o meno lo stesso effetto a tutti. Ci volle un minuto, forse anche di più, prima che riprendessimo a nuotare più rapidamente che potevamo verso il luogo dove avevamo lasciato gli altri. Nessuno di noi aveva dubbi su quanto era accaduto; nessuno di noi teneva a tornare sul posto.

Ma ci precipitammo lì.

Mi aspettavo di trovare quattro corpi nella fanghiglia, dove avevamo lasciato i nostri compagni intenti a giocare, ma non fu così semplice. Il relitto del sommergibile, a quanto potevo capire, era allo stesso posto. Ma l’onda d’urto causata dall’implosione dello scafo aveva sollevato una nube di fanghiglia che non aveva ancora finito di ricadere, e le nostre lampade ci mostravano ben poco. Tenendoci vicini l’uno agli altri, nuotammo nell’oscurità in tutte le direzioni, esplorando ogni spanna del fondale non solo per cercare i frammenti, ma per scoprire se c’era qualcosa sotto il fango che si era appena posato. Non fu necessario comunicare tra noi, per organizzare quella ricerca.

Trovammo uno degli uomini parzialmente sepolto, a cinque metri circa dalla parte più vicina del relitto. Sembrava non avesse lesioni gravi, ma sapevo che non poteva essere vivo. L’onda d’urto ci aveva fatto perdere i sensi a quattrocento metri di distanza, e la legge dell’inverso del quadrato vale anche sott’acqua.

Sul fondo non trovammo nessuno degli altri, ma mentre il fango ricadeva ne scorgemmo un secondo, visibile ad un’altezza di sei metri circa: saliva molto lentamente. Una scia sottile di gocciole oleose filtrava dalla base del casco. Non avevo mai pensato che, dato il liquido denso che le riempiva, le mute dovevano contenere anche materiale galleggiante, per permettere a chi le indossava di nuotare nell’acqua. Ora che il liquido più pesante stava uscendo, il galleggiamento era diventato positivo.

Era abbastanza evidente che non avremmo potuto ritrovare gli altri due: probabilmente, avevano subito falle più rapide. Li immaginai lassù, sopra di noi, nella tenebra, salire verso la superficie mentre l’ultimo liquido che aveva reso possibile la loro strana esistenza scendeva verso il fondo marino. Pensai di cercare una pioggia di gocce oleose che ci consentisse di rintracciarli, ma non avevo la possibilità di comunicare agli altri quella proposta, ed era evidente che, del resto, le nostre lampade erano troppo fioche per una ricerca del genere. Anche gli altri, di certo, la pensavano allo stesso modo. Trascinandoci dietro i due cadaveri, ritornammo verso l’ingresso.

Avrei voluto che ci fosse stata luce sufficiente per leggere l’espressione dei nostri compagni. Avrei potuto essere in grado di intuire cosa pensavano dei forestieri che, con le loro trovate, avevano ucciso quattro dei loro amici. Non so che spiegazione avesse fornito Bert per l’intera procedura: forse pensavano che fosse un’importante ricerca d’ingegneria, o qualcosa del genere. Me lo augurai. Era già terribile sentirmi colpevole, senza che mi considerasse tale anche il resto della popolazione.

Avrei anche voluto sapere cosa provava Bert. Per quel che risultava a me, le vittime potevano anche essere stati suoi intimi amici.

Pensavo che avrei potuto farmene un’idea quando fossimo arrivati all’entrata, ma rimasi deluso. Ci fu una notevole agitazione, al nostro arrivo, ma non riuscivo a capire cosa significassero in gran parte le espressioni di quei volti.

Non mi ero accorto che quelle espressioni, in realtà, sono convenzionali. Se non cresci in una società dove vi è una data maschera per la collera, e un’altra per esprimere il disgusto, e così via, leggere le espressioni non è un modo infallibile per raccogliere informazioni. Quelli potevano essere incolleriti, o tristi, o disgustati: non lo capivo. Gesticolarono parecchio, mentre i cadaveri venivano portati via, e scambiarono altri gesti con Bert, ma quello che posso dire circa i loro sentimenti nei nostri confronti deriva esclusivamente dal fatto che non ci linciarono. Non potevo essere neppure sicuro che la situazione sarebbe durata; forse non erano presenti né intimi amici né parenti delle vittime.

L’attività intorno all’entrata impiegò circa mezz’ora, prima di normalizzarsi di nuovo. I cadaveri erano stati portati via, gli uomini che ci avevano accompagnati se ne erano andati per i fatti loro, e i sommozzatori che erano sempre presenti intorno agli ingressi non badavano a noi più del solito. Per alcuni di loro, comunque, era parecchio; la ragazza che era scesa con noi alla centrale era ritornata insieme ai suoi amici.

Bert poté finalmente usare di nuovo la tavoletta per scrivere. Avrei avuto molto da dire — ero ancora scosso, mi sentivo colpevole e soprattutto molto stupido — ma ero bloccato dal solito, vecchio problema di comunicazione. Vi sono momenti in cui un uomo non riesce a parlare in fretta come vorrebbe, e altri in cui non può scrivere con la rapidità desiderata.

Mi aspettavo che Bert scrivesse qualcosa di ciò che era accaduto, poiché ero abbastanza sicuro dell’espressione del suo volto per sapere che anche lui era rimasto molto sconvolto. Ma il messaggio che scrisse si atteneva esclusivamente al nostro progetto.

«Se mai qualcosa può riuscire a tanto, questo dovrebbe convincere Marie. Sarebbe meglio che andassi da lei subito, per dirle che il sommergibile del suo Joey è stato trovato ridotto a un relitto, e per cercare di convincerla a uscire con il sommergibile per constatarlo di persona. Poi, forse le verrà voglia di proseguire il viaggio. Se non ti crede e insiste per restare dov’è, dovremo rimorchiare dentro il relitto. Questo dovrà convincerla. Non so cosa faremo se non si convincerà.»

«Potreste smettere di darle da mangiare.»

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