Ma ciò che era di fronte di lui, adesso sembrava ancora più desolato. Il cielo era buio: le stelle si erano allontanate così tanto fra loro che se ne vedevano pochissime. L’unico frammento di bellezza era che queste stelle, ricche di metalli forgiati nella generazione di soli che era venuta e scomparsa prima di loro, risplendevano di colori mai visti nel giovane universo. Che Lloyd conosceva da poco: stelle verde smeraldo, stelle purpuree, stelle turchese, come pietre preziose incastonate in un firmamento di velluto.
E adesso che era giunto alla sua destinazione, Lloyd non aveva ancora alcun controllo sul suo corpo sintetico; era un passeggero dietro occhi di vetro.
Sì, era ancora solido, aveva ancora una forma fisica. Ogni tanto riusciva a vedere ciò che sembrava essere il suo braccio, perfetto, immacolato, più simile a metallo liquido che a qualcosa di biologico, che entrava e usciva dal suo campo visivo. Si trovava sulla superficie di un pianeta, un’enorme distesa di polvere bianca che poteva essere neve, o roccia polverizzata, o qualcosa di totalmente sconosciuto alla povera scienza vecchia di miliardi di anni. Non c’era traccia di edifici; se si possedeva un corpo indistruttibile forse non si aveva bisogno di un riparo, o non lo si desiderava. Il pianeta non poteva essere la Terra — era scomparsa da tempo immemorabile — ma la gravità sembrava molto simile. Lloyd non sentiva alcun odore, ma c’erano dei suoni… suoni strani, eterei, una via di mezzo fra il sospiro di uno zefiro e la musica del vento.
Mentre si girava, vide che il suo campo visivo mutava. No, no, non era così… non si stava esattamente girando, piuttosto stava spostando la sua attenzione su un altro blocco di informazioni, con gli occhi sul retro della testa. Be’, perché no? Se si doveva fabbricare un corpo, tanto valeva migliorare le imperfezioni dell’originale.
E nel suo nuovo campo visivo c’era un’altra figura, un’altra essenza umana incapsulata. Con sua sorpresa la faccia non era stilizzata, non era un semplice ovale. Aveva invece delle fattezze intricate, delicatamente incise, e se il corpo di Lloyd sembrava essere fatto di metallo liquido, quello dell’altro era fluido marmo verde, venato e levigato e bellissimo, una statua incarnata.
Non c’era niente di femminile — o di maschile — nella forma, ma lui seppe in un attimo chi doveva essere. Doreen, naturalmente… sua moglie, la sua adorata compagna, l’unica con la quale voleva passare l’eternità.
Ma poi studiò il volto, i lineamenti elaborati, gli occhi…
Gli occhi a mandorla.
E poi…
Durante la replica dell’esperimento Lloyd era sdraiato sul letto, con la moglie al suo fianco… non potevano farsi male in nessun modo, una volta persa conoscenza.
«È stato incredibile,» disse Lloyd quando fu tutto finito. «Assolutamente incredibile.»
Voltò la testa, cercò la mano di Doreen e la fissò.
«Che cosa hai visto?» le domandò.
Lei usò l’altra mano per spegnere la radio. Lloyd notò che tremava. «Niente» rispose.
Lloyd ebbe un tuffo al cuore. «Niente? Nessuna visione?»
Lei scosse la testa.
«Oh, tesoro,» disse Lloyd. «Mi dispiace tanto.»
«Fin dove giungeva la tua visione?» chiese lei. Doveva essersi domandata per quanto tempo fosse stata priva di sensi.
Lloyd non sapeva come spiegarglielo a parole. «Non ne sono sicuro» rispose. Era stata una cavalcata emozionante… ma era doloroso pensare che Doreen non sarebbe vissuta per vederla anche lei.
Doreen cercò di sembrare coraggiosa. «Sono vecchia» disse. «Pensavo che magari potevo ancora vivere per altri venti o trent’anni, ma…» Lasciò la frase a metà.
«Sono sicuro che sarà così,» disse Lloyd, cercando di suonare convincente. «Vedrai che sarà così.»
«Ma tu hai avuto una visione…» disse lei.
Lloyd annuì. «Ma è stata… è stata in un futuro molto lontano.»
«TV accesa,» disse Doreen; la sua voce era ansiosa. «ABC.»
Uno dei quadri sulla parete divenne uno schermo televisivo. Doreen protese la testa per vedere meglio.
«…grande disappunto» disse la conduttrice, una donna sui quarant’anni. «Fino a questo momento nessuno ha effettivamente riferito di avere avuto una visione nel corso della perdita di sensi. La replica dell’esperimento del CERN sembra essere riuscita, ma nessuno qui all’ABC, né nessuno che ci abbia chiamato ha affermato di avere avuto una visione. Tutti sembrano essere rimasti semplicemente svenuti per… le prime stime sostengono che la gente è rimasta priva di conoscenza per circa un’ora. Come ha fatto per tutto il giorno, Jacob Horowitz è ancora in collegamento con noi dal CERN; il dottor Horowitz faceva parte della squadra che produsse il primo fenomeno della dislocazione temporale ventuno anni fa. Dottore, che cosa significa tutto questo?»
Jake sollevò le spalle. «Be’, ammettendo che una dislocazione ci sia stata — e, naturalmente, ancora non possiamo affermarlo con certezza — deve essersi trattato di un tempo talmente lontano nel futuro che chiunque oggi sia vivo è… insomma, non c’è un modo più diplomatico per dirlo, no? Chiunque oggi sia vivo, per allora deve essere morto. Se la dislocazione è stata, diciamo, di centocinquanta anni, immagino che non ci sia da sorprendersi, ma…»
«Togli sonoro» disse Doreen dal letto. «Ma tu hai avuto una visione» disse a suo marito. «Si riferiva a centocinquanta anni nel futuro?»
Lloyd scosse la testa. «Di più» disse. «Molto di più.»
«Quanti?»
«Milioni,» rispose lui. «Miliardi.»
Doreen fece una risatina. «Oh, andiamo, caro! Dev’essere stato un sogno… certo, tu sarai vivo nel futuro, ma allora starai sognando.»
Lloyd rifletté su quell’affermazione. Poteva avere ragione? Poteva essersi trattato solo di un sogno? Ma era stato così vivido… così realistico…
E poi aveva sessantasei anni, per l’amor di Dio. Per quanti anni fosse balzato in avanti, se aveva avuto una visione lui, dovevano averla avuta anche persone più giovani. Ma Jake Horowitz era un quarto di secolo più giovane, e certamente l’ABC aveva numerosi dipendenti dai venti ai quarant’anni.
E nessuno di loro aveva fatto cenno ad alcuna visione.
«Non lo so,» disse alla fine. «Non mi è sembrato un sogno.»
Il futuro poteva essere cambiato; lo avevano scoperto quando la realtà aveva deviato da ciò che era stato visto nella prima serie di visioni. Di certo anche quel futuro poteva essere cambiato.
In un tempo relativamente non troppo lontano sarebbe stato sviluppato un procedimento per l’immortalità, o per qualcosa di dannatamente vicino a essa, e Lloyd Simcoe sarebbe stato sottoposto a quel procedimento. Nulla di così semplice come bloccare i telomeri ma, qualunque cosa fosse, avrebbe funzionato, almeno per centinaia di anni. In seguito il suo corpo biologico sarebbe stato rimpiazzato da uno robotico, più durevole, e lui sarebbe vissuto abbastanza a lungo da vedere la Via Lattea e Andromeda che si baciavano.
Perciò tutto quello che lui doveva fare era scoprire un modo per accertarsi che anche Doreen potesse sottoporsi al trattamento per l’immortalità… quali che fossero i costi, o i criteri di scelta, lui doveva essere sicuro che sua moglie facesse parte del progetto.
Indubbiamente c’erano altre persone già vive, oltre a lui, che sarebbero diventate immortali. Lloyd non poteva essere stato il solo ad avere una visione; del resto, alla fine della sua non era più solo.
Ma, proprio come lui, gli altri se ne stavano tranquilli, cercando ancora di chiarire il senso della loro visione. Forse un giorno tutti gli umani sarebbero vissuti in eterno, ma fra gli appartenenti all’attuale generazione — quelli già vivi nel 2030 — sembrava che solo una manciata non avrebbero mai conosciuto la morte.
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