Colin Wilson - I vampiri dello spazio

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I vampiri dello spazio: краткое содержание, описание и аннотация

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Autore di una vasta Enciclopedia del crimine e studioso del soprannaturale e dell’occulto, Colin Wilson non poteva mancare prima o poi all’appuntame con la fantascienza. Ma se l’inizio è tradizionale, se il primo personaggio a entrare in scena è un’astronave immensa e deserta, una cattedrale volante trovata in orbita nella fascia asteroidale, ben presto la storia prende una piega sinistra, ricca di morbose e agghiaccianti sfumature. Cadaveri che si ridestano, vittime che si gettano affascinate in braccio alla morte, orride sostituzioni di persona, efferati delitti, e una caccia sempre più affannosa alla creatura (ma è soltanto una?) che uccide e distrugge senza pietà per tutta l’Inghilterra. La soluzione sarà insieme spaziale e vampiristica, combinerà felicemente le emozioni classiche della fantascienza con i sudori glaciali della fantasy.

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— Davvero? Molto… molto interessante. — Il sorriso del Primo Ministro esprimeva insieme divertimento e noia. Jamieson guardò Heseltine e chiese: — Altre novità?

Heseltine diede un’occhiata a Carlsen. — Sì, signor Ministro — disse. — Sono lieto di potervi informare che abbiamo catturato uno degli alieni.

— Ah! Dite davvero?

L’educata espressione di sbalordimento parve così genuina che Carlsen ebbe un attimo di dubbio. Il Comandante si mise una mano in tasca e ne tolse la bobina con la registrazione.

— Posso? — disse. Si protese in avanti, infilò la bobina nel registratore posato sulla scrivania, e premette il pulsante d’ascolto. La voce della creatura aliena, fredda, controllata, disse: — Il nostro pianeta è completamente ricoperto d’acqua. E…

Tutti e tre osservavano Jamieson. Il Primo Ministro ascoltava con grande attenzione, il mento appoggiato alla mano destra il cui indice passava e ripassava lungo la linea della mascella. Dopo cinque minuti, Jamieson allungò la mano e spense il registratore.

— Davvero molto… come dire… molto notevole. Come avete localizzato questo… questo vampiro?

— L’esperto svedese ci ha insegnato come fare — disse Carlsen. — Gli abbiamo promesso di non rivelare il sistema.

— Capisco. E gli altri due alieni?

— Ne abbiamo rintracciato uno a New York, L’altro è qui a Londra.

— Come intendete trovarlo?

— Come primo passo bisognerebbe far trasmettere su tutte le reti questa registrazione perché il pubblico sia messo al corrente della loro esistenza. Ho fissato un’intervista alla televisione per questa sera alle dieci — disse Carlsen.

— Cosa? — Le folte sopracciglia di Jamieson si inarcarono in un’espressione di sorpresa. — Ma questa è una contravvenzione ai nostri accordi!

— Quando abbiamo fatto quell’accordo, voi credevate che gli alieni fossero morti — disse Carlsen. — Ora la situazione è diversa.

Jamieson batté la mano sulla scrivania. — Mi dispiace, signori, ma devo categoricamente proibire un’iniziativa simile!

Carlsen disse, calmo: — Vi prego di scusarmi, ma non potete impedire niente. Siete il Primo Ministro di questo paese, non il dittatore.

Jamieson sospirò. — Comandante, mi state facendo perdere tempo. — Così dicendo premette un pulsante rosso sul registratore. — Ora la bobina è cancellata.

— Non serve a niente — disse Carlsen. — Prima di venire qui, ne abbiamo fatte diverse copie.

— Voglio anche quelle.

— Una è già alla stazione televisiva — aggiunse Carlsen.

— Allora dovete farvela ridare.

Carlsen lo guardò senza parlare. Vide un’ombra di incertezza negli occhi che tentavano di fargli abbassare lo sguardo, poi Jamieson disse in tono discorsivo: — O siete molto coraggioso o siete molto stupido. O forse l’uno e l’altro. — Mentre il Primo Ministro parlava, la sua faccia cambiò. Non fu un mutamento fisico, e la sua espressione rimase impassibile; ma gli occhi rivelarono l’esistenza di una diversa personalità. Lo sguardo si fece d’un tratto duro e remoto. Per i tre uomini fu come trovarsi in presenza di un despota con poteri illimitati. Quando Jamieson parlò, anche la voce suonò diversa. Persa l’ampollosità bonaria e cortese, era adesso spersonalizzata, con un timbro metallico. Il tono freddo, distaccato, diede i brividi a Carlsen.

— Dottor Fallada, chiamate il laboratorio e dite al vostro assistente di mandare qui il dottor Armstrong — disse Jamieson.

— Dunque sapevate già — disse Fallada.

Jamieson lo ignorò. Premette un pulsante, e subito comparve la ragazza gallese.

— Vraal, chiama il laboratorio del dottor Fallada sulla linea privata. Il dottore vuole parlare col suo assistente, Grey.

Fallada fece per alzarsi, poi sulla faccia gli passò un’espressione di sorpresa, e lui ricadde sulla poltrona. Carlsen provò un improvviso senso di languore, come se gli avessero iniettato un anestetico. Tentò di alzarsi, ma non gli fu possibile: il sedile si era trasformato in una calamita che lo tratteneva con forza. Chiuse gli occhi, con la sensazione che il suo corpo fosse diventato un masso inamovibile.

La ragazza premette un tasto collegato a un elenco elettronico, e compose un numero. Quando una voce femminile rispose, Vraal disse: — Il dottor Fallada desidera parlare col dottor Grey.

Carlsen notò lo stesso curioso timbro metallico nella voce della ragazza gallese.

Jamieson e la ragazza guardavano Fallada. Lo scienziato ebbe un sussulto, poi si irrigidì, i muscoli della faccia ebbero un movimento convulso. Mentre i due continuavano a fissarlo, Fallada si alzò e si avvicinò con mosse rigide allo schermo.

— Non lo fare, Hans! — disse Heseltine.

Ma Fallada non l’ascoltò. Si mise davanti al teleschermo. — Salve, Norman — disse con voce roca. — Mandatemi Armstrong al dieci di Downing Street. Potete farlo subito?

— Sì, dottor Fallada. E l’iniezione ipnotica? Devo fargliene un’altra?

— No, portatelo così com’è. Voglio che l’effetto della dose precedente gli passi.

In tono preoccupato Grey chiese: — Vi sentite bene?

Fallada sorrise. — Sì, benissimo. Sono solo un po’ stanco. Prendete la cavalletta dell’Istituto.

— D’accordo.

La ragazza allungò la mano e chiuse la comunicazione. Fallada barcollò e dovette appoggiarsi alla scrivania. Sembrava invecchiato di colpo.

Con uno sforzo doloroso, Heseltine si rivolse a Carlsen. — Cosa ci stanno facendo? — chiese con voce impastata.

— Si servono di pressione-volontà. Non preoccupatevi. Non possono continuare a lungo. È una cosa snervante.

Con la sua nuova voce atona, Jamieson disse: — Continueremo fin che sarà necessario.

Fallada ricadde sulla sua poltrona. Aveva la faccia lucida di sudore. Carlsen provò un forte rimorso per averlo esposto a quella estrema umiliazione: l’uso del proprio corpo e della propria voce al servizio della volontà di un altro. Gli disse: — Hans, non cedere al sonno. Finché lotti e ti opponi, non possono piegare la tua resistenza. L’altro ha tentato con me questa notte, ma non c’è riuscito.

Jamieson lo guardò con curiosità. — Sono molte le cose che ancora non sappiamo sul vostro conto, Carlsen. Per esempio, come fate a sapere della pressione-volontà. — Guardò Fallada ed Heseltine. — Non fatevi fuorviare da quella che è stata la sua esperienza. Lui ha avuto tempo di esercitarsi a opporre resistenza. Voi, no. Inoltre, non avete scelta. Vi faremo una proposta.

Tacque. Heseltine disse: — Sentiamola.

La voce disse: — Abbiamo bisogno della vostra collaborazione, e le alternative sono due. O voi fate quello che vi diciamo, o noi vi uccidiamo per entrare nei vostri corpi.

Carlsen disse: — In ogni caso significa prendere possesso dei nostri corpi.

— Nel caso crediate che sia spiacevole, posso rassicurarvi — disse Jamieson. Si rivolse alla ragazza: — Vraal, dai una dimostrazione all’Alto Commissario Heseltine.

Vraal andò dietro la poltrona di Heseltine, e gli piegò leggermente all’indietro la testa mettendogli una mano sulla fronte. Poi gli appoggiò l’altra mano sulla gola. Osservando la faccia di Heseltine, Carlsen si accorse del tentativo di resistenza. Ma subito il Commissario crollò. Fece un nuovo tentativo di opporsi, poi si arrese. Gli occhi di Heseltine si chiusero, il suo respiro si fece profondo.

Jamieson disse: — Basta così, Vraal. — La ragazza staccò le mani con una certa riluttanza, ma la destra rimase posata leggermente sulla spalla di Heseltine. — Basta, ho detto! — scattò Jamieson.

La mano ricadde, Heseltine aprì gli occhi lentamente e guardò Carlsen senza vederlo.

La ragazza si voltò verso Olaf. Aveva le labbra umide. Jamieson le disse: — No. Non c’è bisogno di dimostrazioni per il Comandante Carlsen. Ne ha già avute.

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