Bob Shaw - Uomo al piano zero

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Uomo al piano zero: краткое содержание, описание и аннотация

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Immaginate di aver costruito un apparecchio (sul tipo di una radio-trasmittente) capace di emettere impulsi capaci a loro volta di innescare la ben nota reazione a catena in tutte le ogive nucleari attualmente esistenti in tutte le basi atomiche del mondo. Per costruire un apparecchio del genere dovreste indubbiamente aver risolto dei problemi scientifici d’una certa difficoltà... Ma se ci pensate un momento vi renderete conto che quelle difficoltà erano niente di fronte al problema che vi aspetta adesso (e che aspetta il protagonista di questo romanzo): quando e in che modo vi proponete di utilizzarlo, il vostro benefico apparecchio?

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«Senti, Audrey» disse Lucas «veniamo subito al sodo. Restituiscimi quelle carte e dimentichiamo tutto.»

«Avrei piacere che tu parlassi con Aubrey Welland» rispose lei, imperturbabile.

«Buon giorno, signor Hutchman.» Un giovanotto basso, con gli occhiali, la faccia quadrata e lo sguardo di un professore che gioca anche a rugby, uscì dalla cucina. Portava la cravatta rossa e, al bavero della giacca, aveva un minuscolo distintivo di ottone, con la falce e il martello. Annuì, sotto lo sguardo di Hutchman. «Sì, sono iscritto al Partito. Non ne avevate ancora mai visti, prima?»

«Non sono venuto qui per scherzare.» Hutchman si accorgeva, in modo addirittura deprimente, che rispondeva col tono di un maggiore in pensione. «Voi avete delle carte che mi appartengono. Le rivoglio indietro.»

Welland, per un momento, sembrò considerare la richiesta. «La compagna Knight mi ha detto che siete un matematico e che avete una competenza speciale in fisica nucleare.»

Hutchman diede un’occhiata a Audrey, che rispose freddamente al suo sguardo, e capì che non avrebbe ottenuto niente, rimanendo sulle sue. «Esatto. Sentite, ho voluto fare uno stupido scherzo infantile e adesso mi rendo conto di essere stato sciocco. Non è possibile…»

«Anch’io sono un matematico» lo interruppe Welland. «Non della vostra parte, s’intende, ma credo di saper riconoscere la vera matematica.»

«In tal caso, potreste riconoscere anche un trucco, se ci fosse?» Ad Hutch, nel frattempo, era venuta un’idea. «Non vi siete accorto del modo anomalo in cui ho trattato le funzioni di Legendre?» Sorrise, condiscendente, aspettando la risposta.

«No!» Welland perse un filo di sicurezza. Si frugò nella tasca della giacca, poi cambiò idea e ritirò la mano non prima però che Hutchman avesse visto e riconosciuto l’angolo di una busta bianca. «Controllerò.»

Hutchman alzò le spalle. «Allora, ve lo farò vedere. Dove sono le carte?»

«Le carte le tengo io» disse Welland.

«Va bene.» Hutchman tornò a sorridere. «Se proprio volete fare la figura dello stupido con i capi del Partito… Per me, si tratta solo di uno scherzo.» Si voltò per andarsene. Poi, con un balzo, fu addosso a Welland, gli aprì la giacca con la sinistra e con la destra afferrò la busta. Welland, con un ansito, strinse Hutchman al di sopra dei polsi. Hutchman tese i muscoli resi forti dal tiro dell’arco: la presa di Welland si allentò e la busta cadde sul pavimento. Welland cercò di trascinare Lucas lontano dal plico, e i due si lanciarono in un valzer grottesco, attraverso la stanza. A un certo punto Hutchman urtò contro il bordo del tavolino da caffè e, per non cadere, ci salì sopra, trascinando Welland. Questi alzò un ginocchio e Hutchman, nel tentativo di proteggersi l’inguine, gli diede una spinta. Erano molto vicini a una finestra. Ci fu un fracasso di vetri infranti e, di colpo, l’aria fredda di novembre entrò nella stanza. Il reticolo del vetro incrinato si addensò intorno alle dita e alla bocca di Hutchman mentre si sporgeva a guardare. In basso la gente accorreva, e una donna urlò. Hutchman capì il motivo.

Welland era finito su una cancellata di ferro, e anche dall’alto dei quattro piani si vedeva benissimo che era morto.

8

L’ispettore Crombie-Carson era un tipo magro e scontroso che non faceva la minima concessione alla propria umanità, né a quella degli altri. La faccia era piccola ma con i lineamenti grossi, come se le aree intermedie fossero diventate più piccole ravvicinando, in compenso, gli elementi base. Gli occhiali, montati in tartaruga, i baffi color sabbia e una grossa escrescenza trovavano posto, non si sa come, nella sua faccia.

«Non mi convincete affatto» disse in tono secco, militaresco, fissando Hutchman con ostilità dichiarata. «Siete uscito di casa domenica mattina e siete venuto da Crymchurch fin qui per prendere un aperitivo con la signorina Knight?»

«È così.» Hutchman, da quando aveva notato la TV in mezzo alla folla, si sentiva a disagio. «Audrey e io ci conosciamo dai tempi dell’università.»

«E vostra moglie non ha niente da ridire, su queste vostre visite?»

«Be’, mia moglie non sapeva dov’ero.» Lucas cercò di abbozzare un sorriso, evitando di pensare a Vicky. «Le avevo detto che andavo a lavorare per un’oretta.»

«Già.» Crombie-Carson guardò Hutchman, con disprezzo. Fin dall’inizio del colloquio evitava l’atteggiamento da sono anch’io un uomo come tutti gli altri , usato da tanti funzionari di polizia nei loro rapporti con il pubblico. Svolgeva un lavoro per cui, spesso, era odiato e, a sua volta, era disposto a odiare. «Cosa avete provato, quando siete arrivato qui e avete scoperto che c’era già il signor Welland?»

«Sapevo che l’avrei trovato. Vi ho già detto che sono venuto per prendere l’aperitivo e fare quattro chiacchiere.»

«Però avete detto a vostra moglie che andavate al lavoro.»

«Ho una situazione domestica difficile. Mia moglie è gelosa, in modo irragionevole.»

«Che guaio, per voi.» Per un secondo, la bocca di Crombie-Carson si assottigliò. Sembrava che i suoi lineamenti si riavvicinassero ancora di più. «Incontro moltissimi uomini che hanno la stessa croce da portare.»

Hutchman corrugò la fronte. «Cosa tentate di dire, ispettore?»

«Non cerco mai di dire. So controllare perfettamente il mio linguaggio, e le mie parole significano sempre quello che voglio dire.»

«Mi pareva che alludeste a qualcos’altro.»

«Davvero?» Crombie-Carson sembrava molto stupito. «Forse, signor Hutchman, avete letto qualcosa nelle mie parole. Siete già stato altre volte, in questo appartamento?»

«No» rispose, d’istinto.

«Strano. Gli inquilini del piano terreno sostengono che la vostra macchina era…»

«Intendevo di giorno. Sono stato qui l’altra sera.»

L’ispettore si lasciò andare a un mezzo sorriso. «Fin verso le ventitré e trenta.»

«Fin verso le ventitré e trenta» convenne Hutchman.

«E che scusa avete trovato per vostra moglie?»

«Che ero andato fuori a bere qualcosa.»

«Già.» Crombie-Carson guardò il sergente in divisa, in piedi vicino a Audrey, e lui annuì leggermente, trasmettendo un messaggio che Hutchman non capì. «E adesso a voi, signorina Knight. Da quanto ho capito il signor Welland aveva deciso di venirvi a trovare oggi.»

«Sì.» Audrey parlava con tono stanco esalando boccate di fumo grigio, mentre fissava il soffitto.

«La domenica, a quanto sembra, avete parecchio da fare.»

«Anzi.» Audrey non mostrò di notare, nelle parole di Crombie-Carson, nessun sottinteso. «Alla domenica mi impegno a rilassarmi.»

«Bene bene. E così, dopo che il signor Welland era qui da un’ora, avete deciso che era opportuno che incontrasse il signor Hutchman.»

«Esatto.»

«Perché?»

Audrey alzò gli occhi. «Che cosa, perché?»

«Perché avete fatto incontrare un professore comunista e un esperto in missili telecomandati?»

«La professione e la politica non c’entrano, in tutto questo. Mi capita spesso di far conoscere tra loro i miei amici.»

«Realmente?»

«Ma certo!» Audrey era pallida, ma si controllava bene. «E poi, la gente che viene da ambienti diversi reagisce in modo più interessante che…»

«Me ne rendo conto.» Crombie-Carson s’infilò le mani nelle tasche dell’impermeabile grigio, si avvicinò alla finestra dal vetro rotto e, per un secondo, guardò nella strada. «E oggi, mentre i vostri due ospiti reagivano in modo così interessante tra loro, il signor Welland ha deciso di salire su questo tavolino per mettervi a posto la tendina?»

«Sì.»

«Che cosa aveva la tendina?»

«Non chiudeva bene. Gli anelli erano rimasti impigliati sul ferro.»

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