«Ti telefono appunto per il tuo viaggio a Mosca. Ho un articolo sulla radiazione a micro-onde che vorrei far avere al direttore del Soviet Science al più presto. Naturalmente potrei spedirlo, ma ha l’aria così sospetta, come tutti gli scritti di matematica e ci sono tanti di quei censori, revisori, eccetera, che ci vorranno mesi prima di uscirne fuori, e allora…»
«Vuoi che lo consegni a mano? Sarei una specie di Trans-Siberiana, insomma.» Audrey rise allegramente, e Hutchman capì al volo di aver superato l’ostacolo.
«No, non è necessario» la rassicurò, pieno di gratitudine. «Te lo metto in una busta con l’indirizzo. Basta che tu lo infili in una buca o in quello che c’è al posto delle buche, laggiù.»
«Sono ben contenta di farti questo favore, Hutchman, ma c’è una difficoltà.»
«Quale?» Hutchman si sforzò di nascondere il disappunto.
«Io non ho ancora la busta. Come faccio ad averla?»
«Per questo, nessun problema. Te la porto oggi?»
«Sto ancora facendo le valigie, ma stasera sarò libera, se ti va bene.»
Hutchman aveva il cuore che gli batteva forte. «Sì, va benissimo. E dove?»
«Dove porti le ragazze, di solito?»
«Io…» Lucas si frenò in tempo, prima di dire che non andava mai in giro con ragazze. Te lo sei voluto, Vicky , pensò. «Ti andrebbe al Camburn Arms ? Si va a cena?»
«Non vedo l’ora di esserci, Lucas. Va bene alle otto?»
«Ci vediamo alle otto, allora.» Posò il ricevitore e uscì dalla cabina, nel traffico di mezzogiorno. Si sentiva come se avesse buttato giù, a stomaco vuoto, una serie di bicchieri di gin. Si guardò attorno per qualche secondo in quella zona sconosciuta, prima di rendersi conto di essere ad Aldershot, prima tappa di un lungo giro per le contee meridionali. Ma il progetto subiva già una modifica. Ritornando alla macchina, Hutchman decise che, imbucando il primo gruppo di lettere in una sola infornata, avrebbe fornito meno appigli a un’eventuale indagine che seguendo un itinerario complesso. Gli scocciava pensare che il nuovo piano modificato e elaborato solo all’ultimo momento si rivelava migliore del precedente, a cui aveva dedicato diversi giorni. Comunque, era bene far sì che almeno un plico arrivasse rapidamente a Mosca.
Arrivato all’estremità occidentale di Aldershot, Lucas infilò la strada di Bath e in breve raggiunse Salisbury, dove imbucò un altro gruppo di buste. Soltanto ritornando a Crymchurch, si rese conto di cosa significava avere affidato alle poste di Sua Maestà la lettera antibomba. Fino a quel momento aveva ancora avuto la possibilità di tornare a una vita sana, normale. Ma ormai, il primo passo, irrevocabile, era compiuto.
Audrey Knight entrò nel bar lentamente, con i capelli neri raccolti nel collo del mantello sportivo e una borsa a tracolla che quasi toccava il pavimento. Hutchman, che era arrivato da poco, la osservò mentre attraversava il locale. Si chiese che cos’era in lei a indurre gli avventori uomini, quando passava, a tacere improvvisamente. Forse erano l’andatura ancheggiante, o il labbro inferiore sporgente e sensuale, a far venire delle idee. Lucas lasciò a metà l’analisi quando lei arrivò al tavolo, si sedette e si tolse il cappotto senza parlare.
«Lieto di rivederti» disse lui, in fretta. «Sono proprio contento che tu sia riuscita a venire.»
«Ciao, Lucas. Santo cielo, mi fai tornare indietro di non so quanti anni! Più di quanti abbia voglia di ricordare.»
«Lo credo» disse lui, chiedendosi a cosa alludeva.
«Sì. Lo sapevi che il Pack Horse è stato demolito per fare posto a una strada nuova?»
«No.» Hutchman era sempre più a disagio.
«Be’, noi ci eravamo entrati solo per bere qualcosa.» Sorrise, con aria di rimprovero.
Hutchman rispose al suo sorriso, mentre gli mancava il terreno di sotto i piedi. Il Pack Horse era un pub che lui frequentava all’epoca dell’università, e ricordava vagamente di averci portato delle ragazze quando aveva conosciuto Vicky, ma era sicuro di non esserci mai andato con Audrey. Eppure lei, evidentemente, c’era stata. In quel momento si rese conto che i suoi anni con Vicky avevano condizionato addirittura i suoi processi mentali. C’era voluto un anno intero di inferno-paradiso coniugale per imparare ad appoggiare sempre la borsa sul sedile anteriore quando ritornava a casa dall’ufficio. Vicky, che lo spiava dalla finestra della cucina, se lo vedeva raccogliere la borsa dal sedile posteriore, decideva che c’era stato qualcuno a bordo. E i giorni in cui aveva realmente dato un passaggio, dimenticandosi poi di parlarne, lei intesseva la rete delicata, ma sempre più fitta, delle domande, che la notte culminava in una messa a confronto estremamente spiacevole. Lucas aveva addirittura imparato a cancellare ogni altra donna dalla sua memoria.
«…che sete mi è venuta, dopo la camminata» stava dicendo Audrey. «Ho l’auto dal meccanico.»
«Scusami.» Lucas chiamò il cameriere. «Cosa vuoi bere?»
Lei ordinò un Pernod, e lo centellinò, gustandolo. «Una ragazza con le mie convinzioni socialiste non ha il diritto di ordinare una bibita così cara, ma il mio stomaco, evidentemente, è capitalista.»
«Ah, finché mi ricordo, tieni» disse Lucas prendendo la busta dalla tasca interna e porgendola a Audrey. «C’è già l’indirizzo, però dovrai metterci il francobollo. Ti spiace?»
«Affatto.» Lei ficcò la lettera nella borsa, senza neanche guardarla. Lui apprezzò la sua indifferenza, però temette che non desse sufficiente importanza alla cosa, e potesse dimenticare la busta a casa.
«Non è una questione vitale, però è abbastanza importante che l’articolo venga recapitato presto» disse.
«Non preoccuparti, Lucas.» Gli pose la mano sulla sua, rassicurandolo. «Ci penso io.»
Aveva le dita fredde e, d’istinto, lui le coprì con la mano libera. Lei sorrise, fissandolo negli occhi, e qualcosa si agitò in Hutchman. Da quel momento, anche il tempo sembrò cambiare: i minuti si allungarono fantasticamente, mentre, in compenso, le ore volavano.
Lucas e Audrey centellinarono diversi bicchierini, pranzarono nella sala attigua, tornarono a bere, poi lui riaccompagnò la donna a casa, all’ultimo piano di un edificio. Appena la macchina si fermò sul viale ghiaioso, lei si precipitò fuori e si diresse verso la porta, cercando le chiavi nella borsa. Arrivata sull’ingresso, si voltò.
«Vieni, Lucas» era impaziente. «Fa freddo, qui fuori.»
Lui scese e la seguì. La porta dell’ascensore era aperta.
Entrarono, tenendosi per mano, nella scatola d’alluminio. Mentre salivano si baciarono: la bocca di Audrey era morbida come lui desiderava. A Hutchman, quando seguì la ragazza nell’appartamento grazioso ma con pochi mobili, tremavano leggermente le gambe. Dentro, c’era un vago profumo di mele. Appena entrati nel soggiorno, Audrey lasciò scivolare a terra il cappotto. Ripresero a baciarsi. Poco dopo, i vestiti di lei andarono a tener compagnia al cappotto, sul tappeto. Ma intanto, anche se il corpo di Audrey non aveva proprio niente da invidiare a quello di Vicky, Hutchman scopriva di non provare… esattamente niente. Era come essere sotto l’azione di un anestetico, che distruggeva ogni sensazione. Mortificato e spaventato, impegnò battaglia tra il suo corpo e quello di Audrey.
«Lascia perdere, Lucas» disse alla fine Audrey, la cui voce arrivava da distanze interstellari. «Non è colpa tua.»
«Ma non capisco» disse lui, come intontito. «Non capisco cosa c’è che non va.»
«Ipoestesia sessuale» rispose lei, gentilmente. «Kraft Ebbing vi dedica un intero capitolo.»
Lui scosse la testa. «Ma è sempre andato bene con…»
«Con tua moglie?»
Читать дальше