“Fa’ girare un po’ più forte le eliche. Il giardino è fatto di terra, non di spugna. Non puoi parlare senza chiudere gli occhi?”
“Chi sta pilotando, tu o io? Quando tu succhiavi ancora i bastoncini di zucchero, io sapevo già atterrare su pezzi di terra grandi quanto un fazzoletto.”
Pausa.
“Tenetevi. Stiamo per toccare.”
L’elicottero scese di fronte alla finestra. Sembrava penzolare da due anelli di luce. Poi affondò i pneumatici in un’aiuola fiorita, e dallo scafo scesero quattro uomini. Uno si appoggiò stancamente all’apparecchio e gli altri si diressero verso la casa. Erano tutti in abiti borghesi.
Raven andò alla porta e l’aprì.
— Cosa c’è? Qualcosa di urgente? — chiese.
— Non so — disse quello che comandava il gruppo, squadrandolo dalla testa ai piedi. — Sì, siete Raven. Carson vuole parlarvi. — Fece un cenno verso l’apparecchio.
— Siamo venuti con questo perché è dotato di un raggio di sicurezza. Potete parlare da qui.
— Bene.
Nella cabina, Raven si mise a sedere e lasciò che l’altro collegasse la linea. A poco a poco lo schermo si accese, e dopo qualche istante comparve l’immagine di Carson.
— Hanno fatto presto — disse con un cenno di approvazione. — Ho mandato dieci pattuglie alla vostra ricerca, e pensavo che avrebbero impiegato settimane per trovarvi. — Carson regolò alcuni pulsanti del pannello e l’immagine sullo schermo divenne più nitida. — È successo qualcosa, nel frattempo?
— Non molto — disse Raven. — L’opposizione ha fatto due mosse contro di me. E io ne ho fatte due contro di loro. Nessuno ha vinto la battaglia. In questo momento, siamo seduti nei nostri angoli, succhiamo limoni, aspettiamo il colpo di gong, e ci lanciamo occhiate torve.
Carson corrugò la fronte. — Avete comunque finito la prima mano. La nostra posizione è invece molto meno brillante. La situazione sta precipitando.
— Cos’è successo?
— Questa mattina è saltata in aria la Baxter United. La notizia verrà diffusa il più tardi possibile.
Raven strinse involontariamente i pugni. — La Baxter è un grande stabilimento, vero?
— Grande? — Carson contorse la faccia in una smorfia. — Il turno di notte, quello che impiega il minor numero di personale, era appena terminato. Questo ha fortunatamente ridotto il numero delle vittime a circa quattromila.
— Mio Dio!
— La cosa ha tutta l’apparenza di un disastro industriale causato da qualche misterioso incidente — continuò Carson con voce secca. — Ed è una storia maledetta, perché da qualche tempo tutte le disgrazie simili sembrano avvenire per incidente. E non potremo mai affermare il contrario a meno che qualche nostro dispositivo nascosto non scatti.
— Ce n’erano in questo caso?
— Molti. A decine. Il posto è di grande valore strategico ed era ben sorvegliato. Tenevamo gli occhi aperti. Capite?
— Allora?
— Il novantacinque per cento dei nostri compagni è andato completamente distrutto. I pochi rimasti erano troppo danneggiati per funzionare o per registrare qualcosa di incriminante. Il gruppo di sentinelle, composto da telepatici e da ipnotici è scomparso in mezzo alle macerie.
— Nessun superstite? — chiese Raven.
— Non esattamente. Ci sono alcuni testimoni oculari. Ma non si può chiamarli superstiti, perché il più vicino si trovava a un chilometro dallo stabilimento. Dicono di aver sentito un forte tremito della terra e un boato tremendo: poi l’intero complesso è saltato in aria. Una locomotiva di duecento tonnellate è stata scagliata a mille metri di distanza.
— Secondo quanto mi avevate detto, la tecnica nemica era quella di compiere gravi sabotaggi senza creare forti perdite di vite umane, senza grandi spargimenti di sangue. Dopo tutto, siamo sempre legati da vincoli di parentela. — Raven fissò in silenzio lo schermo. — Se questa esplosione è opera loro, significa che hanno deciso di cambiare tattica e che ci vogliono combattere con la violenza.
— È proprio quello che temiamo — affermò Carson. — Ubriachi dei loro successi, alcuni Venusiani o Marziani fanatici possono aver deciso di infiammare l’opinione pubblica del loro mondo stringendo i tempi con ogni mezzo. Noi non possiamo permetterlo.
Raven fece un cenno affermativo e guardò fuori della piccola cabina. L’equipaggio dell’elicottero era distante quel tanto che bastava per non sentire. Gli uomini parlavano tra loro e fumavano guardando il cielo. Lontano, a est, qualcosa si alzò sopra l’orizzonte e scomparve nel blu lasciandosi dietro una sottile scia di vapore: un’astronave di linea che partiva per il suo viaggio.
— Perché mi avete chiamato? Dovevate dirmi qualcosa di particolare?
— No — disse Carson. — Sta a voi decidere quello che è meglio fare. Io vi ho dato l’informazione: tocca a voi scoprire che cosa può significare. — Si lasciò sfuggire un sospiro e si passò una mano sulla fronte. — L’idea di Marte e Venere è quella di provocare una catena di catastrofi che sembrino naturali, di minare la nostra potenza e di costringerci alla resa. Ma le catastrofi vere avvengono, di tanto in tanto. Senza prove evidenti, noi non possiamo distinguere un disastro casuale da uno provocato.
— Infatti.
— È forte la tentazione di indicarli come responsabili di incidenti che forse atterriscono loro quanto noi. D’altra parte, se noi avessimo la prova che sono loro i colpevoli e se sapessimo chi ha compiuto i sabotaggi li conceremmo per le feste, e la loro cittadinanza terrestre non li salverebbe. L’omicidio rimane omicidio in qualsiasi parte del cosmo.
— Volete che lasci tutto il resto e che faccia qualche indagine a questo riguardo?
La faccia di Carson si contrasse.
— Assolutamente no. Far finire l’inutile disputa… se è possibile… è molto più importante che dare la caccia a chi provoca i disastri. Vi consiglio di continuare secondo il piano che avete in mente. Però vorrei che non trascuraste la minima opportunità di raccogliere notizie sull’esplosione di questa mattina. Se scoprite qualcosa, informatemi il più in fretta possibile. Irrigidì la mascella e strinse gli occhi. — E io entrerò subito in azione.
— D’accordo. Terrò gli occhi aperti e le orecchie tese. Vi farò sapere tutto quanto mi capiterà di scoprire. — Raven guardò l’altro con curiosità. — In questo stabilimento Baxter, cosa stavano facendo?
— Volete proprio saperlo?
— È forse un segreto?
— Ecco… — Carson ebbe un attimo di incertezza, poi riprese: — Non vedo per quale motivo non dovrei dirlo. Se Heraty disapprova, dovrà rassegnarsi. Non capisco perché i nostri agenti debbano essere informati soltanto a metà. — Guardò attentamente lo schermo, come se cercasse di vedere alle spalle di Raven. — Avete nelle vicinanze qualcuno che può ascoltare i nostri discorsi?
— No.
— Bene. Non rivelate a nessuno quello che sto per dirvi. Entro due mesi la Baxter avrebbe portato a termine dodici prototipi di un nuovo motore azionato da un carburante nuovo e rivoluzionario. Verso la fine dell’anno scorso, una piccola astronave con questo motore, radiocomandata, ha fatto il viaggio di andata e ritorno fino alla Cintura degli Asteroidi. Nessun comunicato ufficiale è stato mai diramato al pubblico.
— Volete dire che siamo pronti a fare il Grande Salto? — chiese Raven sempre impassibile.
— Lo eravamo — rispose Carson, e nel pronunciare il verbo al passato la sua voce si velò di amarezza.
— Quattro astronavi trimotori erano quasi pronte a partire per il sistema di Giove. Quel viaggio sarebbe stato solo un collaudo, una semplice gita, il principio. Se avessero compiuto il viaggio senza difficoltà…
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