Eric Russell - Le sentinelle del cielo

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Eric Frank Russell ritorna con queste sue sentinelle degli spazi cosmici e dell’umanità che ormai dilaga per tutta la Galassia. È un romanzo di enigmatiche visioni sideree, di “presenze” inconoscibili, di vaghe minacce provenienti dalle profondità ignorate dello spazio. Ed è il romanzo di David Raven, naturalmente, il telepatico agente segreto della Triade Planetaria, e della bellissima Leina. La coppia ha in comune, tra molte altre cose, un segreto soprannaturale; e grazie ai poteri straordinari di cui è dotata, vigila sull’umanità. Sono David e Leina, le sentinelle del Cielo. Insieme, scrutano il cielo, vigili, in agguato, faccia alle stelle.
La fascia favolosa della Via Lattea palpita sui loro capi, mentre nell’ombra, chi sa dove, incombe l’atroce minaccia delle astronavi di Deneb. Da troppe generazioni ormai, la razza umana, colonizzando i pianeti, è rimasta esposta alle insidiose radiazioni cosmiche; e le nuove specie dei “mutanti” fanno capolino ovunque, dando origine a nuove razze umane.
Con questo romanzo, E.F. Russell ha saputo narrare l’epopea siderale di un futuro che potrebbe anche essere vero…

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Raven pose fine al corso di quei pensieri.

— Secondo me, voi non avete fiducia in niente e in nessuno, tranne forse in questi vostri insetti. — Girò lo sguardo verso la nuvola che volteggiava ancora nell’aria. Sembrava che non avesse nessuna difficoltà nello scorgere ogni piccola creatura che la formava. Poi osservò le scatole, le piccole cassette, i cofanetti e i vasi, per calcolare la potenza che potevano contenere. — E un giorno anche questi vi tradiranno, perché gli insetti rimangono sempre insetti.

— Quando parlate degli insetti con me, parlate a una autorità in materia — borbottò Kayder guardandolo fisso. — Avete letto tutti i miei pensieri. Non li posso cancellare, come fanno i telepatici. Quindi sapete che non ho niente a che fare con il disastro della Baxter. Non ho avuto assolutamente niente a che farci.

— Ve lo concedo. Nessun ipnotico avrebbe potuto cancellarvi il ricordo dalla mente e lasciarvi tanto confuso e sincero nel sentirne parlare. — Raven si grattò un orecchio. — Un’ora fa avrei scommesso che eravate colpevole. E avrei perso. Ringrazio di non aver giocato dei soldi.

— Dovete avere bisogno di parecchi quattrini, voi. Quanto avete dato a Steen?

— Niente. Neanche un soldo.

— Non pretenderete che vi creda?

— Come tutti, anche Steen non ha resistito oltre un certo limite — disse Raven. — In certi momenti un uomo si trova di fronte a cose che non può sopportare. O cede quando gli rimangono ancora delle buone probabilità, o resiste finché si spezza. Vi conviene cancellare Steen e considerarlo perso in battaglia.

— Verrà trattato come merita — disse Kayder in tono minaccioso. — Cos’avete fatto a Haller?

— Non molto. Il guaio è stato che ha una potenza eccezionale e ha cercato di opporre una certa resistenza. Morirà presto.

— Mi hanno detto che il suo cervello è… — Kayder s’interruppe e, alzando la voce, aggiunse: — Avete detto morirà ?

— Sì — confermò Raven, guardandolo con freddo divertimento. — Cosa c’è di strano? Prima o poi, tutti dobbiamo morire. Anche voi morirete un giorno. Qualche minuto fa vi divertivate apertamente all’immagine di me punto dai vostri insetti. In quel momento la morte vi dava una certa soddisfazione!

— Potrei divertirmi veramente — disse Kayder, mentre le labbra sottili si atteggiavano a una smorfia strana. Il telefono sulla scrivania suonò quasi in segno di protesta. Kayder guardò l’apparecchio come se ne avesse completamente dimenticato l’esistenza. Poi sollevò il ricevitore. — Sì?

Dal ricevitore uscì il suono di una voce metallica, e una serie di espressioni diverse comparvero sulla faccia di Kayder, che infine riappese, si appoggiò allo schienale e si asciugò la fronte.

— Haller è morto — disse.

Raven si strinse nelle spalle con un’indifferenza che sbigottì Kayder.

— Hanno detto — continuò Kayder — che ha blaterato una infinità di cose pazzesche su falene dagli occhi luminosi che volavano nel buio. Poi è morto.

— Era sposato?

— No.

— Quindi, poco male. — Sembrava che Raven stesse parlando di un incidente al quale non valeva la pena di prestare molta attenzione. — Era da prevedere. Come vi ho detto, lui era troppo accanito.

— Cosa volete dire, con questo?

— Non pensateci. È troppo presto. Non avete ancora l’età sufficiente per sapere certe cose. — Raven si alzò e parve torreggiare sull’altro. Con la mano destra allontanò sdegnosamente la nuvola d’insetti. — Voglio dirvi soltanto questo: nelle stesse circostanze, voi vi mettereste a sedere di fronte a me e allegramente vi tagliereste la gola da un orecchio all’altro, ridendo anche.

— Figuriamoci!

— Certo, lo fareste.

Kayder gli puntò contro un dito. — Sentite! Ci siamo conosciuti. Ci siamo illusi a vicenda di poter prendere il sopravvento l’uno sull’altro e abbiamo scoperto che non ne vale la pena. Voi non mi avete strappato niente. Assolutamente niente. Io invece ho scoperto tutto quello che volevo sapere. Più che a un supermutante, voi somigliate a un pneumatico sgonfio. Quella è la porta.

— Pensate quello che vi pare — disse Raven con un sorriso irritante. — Io desideravo solo conoscere l’identità di un traditore e forse qualcosa sul caso Baxter. I servizi di spionaggio si occuperanno di tutto il resto.

Kayder appoggiò il dorso della mano sul ripiano della scrivania e fece alcuni sibili con le labbra. I piccoli punti volteggianti scesero per appoggiarsi sulle sue dita.

— I servizi di spionaggio della Terra mi stanno pedinando da mesi. Sono così abituato alla loro compagnia, che mi sentirei perso senza di loro. Devono trovare degli ipno migliori dei nostri per poter fare qualcosa di veramente efficace. — Batté le dita sull’orlo della scatola e osservò gli insetti rotolare all’interno come granelli di polvere. — Tanto per dimostrarvi quanto poco mi preoccupi di loro, vi dirò che hanno tutte le ragioni di pedinarmi. E con questo? Io sto svolgendo un lavoro legittimo, e nessuno può provare niente contro di me.

— Non ancora — osservò Raven avviandosi verso la porta. — Comunque, ricordate le falene dagli occhi luminosi citate da Haller. Dato che parlate la lingua degli insetti, vi dovrebbero interessare. — Aprì la porta e tornò a girarsi, come se all’ultimo momento si fosse ricordato di qualcosa. — Grazie per tutte le informazioni sulla vostra base sotterranea.

Cosa? - Kayder lasciò cadere scatola, moscerini e tutto.

— Non rimproveratevi e non date la colpa all’ipno che vi cancella i ricordi ogni volta che lasciate la base. Ha fatto un ottimo lavoro. Non è rimasta alcuna traccia. Però nella mente dell’amico Santil ho potuto vedere tutti i particolari che volevo.

Lo scatto della serratura risuonò sulle sue ultime parole.

Kayder tuffò la mano sotto la scrivania, prese un microfono e fece scattare il pulsante. Le dita gli tremavano e grosse vene gli comparvero sulla fronte.

— Avvisare immediatamente tutti — urlò con voce rauca. — Fra poco ci sarà un’irruzione. Il piano numero uno di copertura deve essere messo immediatamente in atto. Preparatevi subito al piano numero due. — Girò lo sguardo furente verso la porta. Sapeva bene che la persona uscita doveva aver sentito tutte le sue parole. — David Raven lascia la mia casa in questo momento. Non dovete perderlo di vista. Bisogna eliminarlo, in qualsiasi modo. Priorità assoluta. Occuparsi di Raven!

La porta si aprì e comparve Santil.

— Sentite, mi ha colto alla sprovvista, in un modo che io…

— Idiota — interruppe Kayder, fremendo. — Voi telepatici vi vantate di essere i migliori dell’universo. Al diavolo! Io ringrazio con tutto il cuore di non esserlo. Tra tutti i fenomeni della mente, il tuo rappresenta di certo il limite inferiore.

— Era completamente vuoto, capite? — protestò Santil arrossendo. — Quando si nasce e si cresce telepatici non si può fare altro che essere condizionati da questo fatto. Ho dimenticato che quel tale poteva scrutare anche tenendo il cervello più morto di un cane morto, e distrattamente mi sono lasciato sfuggire un pensiero. Lo ha raccolto con la massima rapidità e io me ne sono accorto soltanto quando ve ne ha parlato.

— «Ho dimenticato» — lo schernì Kayder. — È in cima alla lista delle ultime frasi famose. «Ho dimenticato». — La faccia gli si fece furente, e il suo sguardo si spostò verso l’angolo in cui si trovava una cassetta ricoperta da una rete. — Se quei calabroni di foresta fossero capaci di riconoscere una persona, li manderei all’inseguimento. Lo ridurrebbero a uno scheletro prima che avesse il tempo di lanciare un grido. — Distolse lo sguardo dalla cassetta. Santil non disse niente. — Tu hai un cervello, o quello che passa per tale — continuò Kayder in tono acido. — Perciò usalo! Dimmi dove si trova.

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